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Che odi tutt'or dalle soggette genti,
Fra le pubbliche gioje e i lieti augurj,
Questo non isdegnare umil tributo

Che di carmi festivi oggi t'offriamo.

Cigni noi siam nati dell' Arbia in riva,
Nè già del nostro e tuo gran Padre AUGUSTO
Ultima cura. E' sua mercè se, mentre

Fischia d'intorno Aquilonar tempesta,
Scherza pe' nostri fortunati lidi

Zeffiro lieto, e non ardisce nembo
Turbar dei nostri dì l'Elisia luce.
Versa per LUI sopra i fecondi campi
La ricca Copia a piena mano il corno;
Per LUI più fido ed ospital ricetto
Trova dell' arti la ingegnosa schiera ;
Per LUI pur' or scesa dal Ciel quà venne
L'alma Sofia, figlia immortal di Giove,
Dell' uom Sanese ad educar la prole,
E quà medita pur suo trono e regno.
EI ne fece questi ozi: EI ne concesse
Lungi da inopia vil dei dolci canti
Dissipatrice, in queste sacre mura
Trar l'ore liete ai bei piaceri in seno;
E ai dolci accordi di canore voci
Or dell' umil Talìa temprar gli scherzi;
Or colla trista coturnata Suora

Pianger l'alte sventure, e i casi atroci.

Dunque, o Compagni, in così fausto giorno, Grati del dolce e mansueto freno,

Sciogliamo i canti, e si disperda al vento
Tristo pensier. Tu, REGAL COPPIA, intanto,
Scelta a tesser del mondo i gran destini,
Soffri che, mentre la Progenie augusta
Di FRANCESCO e TERESA (amati Nomi!)
Nei dì lontani a tramandar ti affretti,
E cresci ai prischi altri novelli Eroi;
Soffri che noi spargiam di qualche dono
Il talamo beato. A pescar gemme
Noi non andrem per l' Indica maremma;
Nè della terra squarceremo il seno,
Per furare i tesor ch'ivi Natura
Guarda in secreto, Inni festivi e carmi
Noi ti darem. Non li sdegnare. I carmi
Volan sicuri tra la cieca notte

Dei secoli avvenir; portano i nomi
Dei Re famosi alle future genti;
Salvano i chiari eroi dall'empio dente
Del Vecchio struggitor. Troja superba
Perì: ma pur, di cento etadi a fronte,
Vive il carme del Greco, in cui si eterna
D' Ulisse il senno, e di Pelide il braccio.

Q. HORATII FLACCI

Lib. I. Ode III.

Sic re Diva potens Cypriz

Sic fratres Helenae, lucida sidera, Ventorumque regat pater,

Obstrictis aliis, praeter Japyga, Navis, quae tibi creditum

Debes Virgilium, finibus Atticis

Reddas incolumem, precor,

Et serves animae dimidium meae.

Illi robur, & aes triplex

Circa pectus erat, qui fragilem truci Commisit pelago ratem

Primus, nec timuit praecipitem Africum Decertantem Aquilonibus,

Nec tristes Hyadas, nec rabiem Noti, Quo non arbiter Adriae

Major, tollere, seu ponere vult freta.
Quem mortis timuit gradum,

Qui siccis oculis monstra natantia,

Qui vidit mare turgidum, &
Infames scopulos Acroceraunia?

TRADUZIONI D'ORAZIO

I.

Dell' Ode III. del Lib. I.

N

ave, che del commesso alla tua fede

Mio buon Virgilio debitrice or vai,
Deh il caro pegno agli Ateniesi liti
Salvo rimanda, e la metà conserva
Dell' alma mia: così la Dẹa che in Cipro
Puote ogni cosa, e la lucente Coppia
Dei fratelli di Eléna, ed Eolo Padre
Ti regga il corso; a ognun de' figli suoi,
Salvo il Pugliese, imprigionando il piede.
Ben di triplice bronzo e d'elce dura
Cinto ebbe il cuor quei che fidò primiero
Fragile barca ai pelagi spietati;
Nè temè l' Iadi triste, o il rovinoso
E coi fieri Aquiloni Affrico in giostra,
Nè la rabbia di Noto, il più potente
Tiranno in Adria, o d'inalzar gli piaccia
Al cielo i flutti, o d' appianarli in calma.
Qual via di morte paventar poteo
Quei che primo mirò con ciglio asciutto
La gonfiata marèa, gl' infami scogli
D' Acrocerauno, ed i nuotanti mostri?

Nequicquam Deus abscidit

Prudens Oceano dissociabili

Terras: si tamen impiae

Non tangenda rates transiliunt vada. Audax omnia perpeti

Gens humana ruit per vetitum nefas. Audax Iapeti genus

Ignem fraude mala gentibus intulit. Post ignem aetherea domo

Subductum, macies, & nova febrium

Terris incubuit cohors:

Semotique prius tarda necessitas

Leti corripuit, gradum.

Expertus vacuum Daedalus aëra

Pennis non homini datis :

Perrupit Acheronta Herculeus labor. Nil mortalibus arduum est.

Caelum ipsum petimus stultitia: neque

Per nostrum patimur scelus

Iracunda Jovem ponere fulmina.

Lib. I. Ode IX.

Vides ut alta stet nive candidum

Soracle: nec jam sustineant onus

Silvae laborantes: geluque

Flumina constiterint acuto?

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