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anima, la relatività di questa; proporsi ad es. di seguire il dovere come idealità che si attua quale valore assoluto, indipendente da ogni condizione particolare della propria personalità; voler essere responsabili assolutamente, come se si possedesse il libero arbitrio; riporre la felicità propria unicamente nella virtù, come se non esistessero in noi tendenze personali che differiscono essenzialmente dalla virtù ideale, e che resistono a qualunque tentativo di eliminazione; accogliere insomma le idealità sociali (da cui questi valori sono rappresentati e imposti) come aventi una imperatività etica assolutamente razionale e in sè sufficiente anche per noi, in singoli momenti della nostra esistenza, benchè nel fondo della nostra anima altre tendenze si affermino mirando esse a conquistare il dominio pratico dell'assoluto, sono forme effettive di vita morale che con l'addestramento pedagogico possono consolidarsi, dando allo spirito, ne' limiti consentiti dal relativo dinamismo della personalità, la conquista ideale di sè stesso. Un'interpretazione critica, scientifica, di questo processo d'incremento etico ne giustifica, come vedemmo, le basi, riuscendo in tal modo conciliate fra loro, sinceramente, nel rispetto del problema morale, le esigenze della ragione teorica e quelle della ragione pratica.

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L'uomo non è, e abbiamo fondamento per credere che non sarà mai, nè assolutamente virtuoso, nè assolutamente responsabile, nè assolutamente felice; ma sognare l'assoluta virtù, l'assoluta responsabilità, l'assoluta felicità che dalla virtù derivi, e a questa specie di assoluto, che l'umanità ha creato e che la società ci apprende e c'impone, dedicare tutto sè stesso, dissimulando nella orgogliosa e tenace volontà del perfezionamento incessante della propria anima, l'irraggiungibilità di questo assoluto etico,

è mezzo reale e legittimo di elevazione; è necessità morale.

Noi tendiamo per la nostra stessa natura a trascendere con l'immaginazione la realtà, componendo con gli elementi poveri e scarsi di questa, figure ideali sublimi.

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Adopinamur de signis maxima parvis;

Ac nos in fraudem inducimus, frustamur et ipsi.

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La immagine del saggio stoico che con la ragione domina assolutamente sè e il fuori di sè, è fra queste grandiose figure, lietamente illudenti, che presumiamo, con altre analoghe, di poter personificare. Ed è questa una presunzione utile, la quale se non adegua il fine, raccoglie però di questo e attua alcuni elementi reali, perchè è reale e viva e non del tutto infeconda l'aspirazione, la fede, la volontà che essa esprime. L'unità e l'altezza del fine comunica unità di direzione e intellettuale elevatezza alle energie del volere morale. L'applicazione pratica dell'ideale assoluto riuscirà monca o effimera; il sofisma suggerito dalla passione darà parvenza di perfezione e di ragionevolezza a sentimenti e ad atti irrazionali e imperfetti; ma la concezione amorosa di un fine che si compie in sè stesso come suprema idealizzazione del mondo, della vita e di sè, ridurrà gli errori, i sofismi, le colpe. Le cose reali sono, notava il Taine, i riduttori delle cose giudicate irreali; ma alla nostra volta notiamo che pur queste ultime, come materia di fede, tendono a ridurre la realtà, accostandola, se è la realtà d'un'anima morale, a sè stesse.

L'ideale irraggiungibile della felicità del virtuoso, che sia pago unicamente e divinamente della virtù

sua, tende a perfezionare la sensibilità richiamando lo spirito più alla qualità che all'intensità del godimento; l'ideale irraggiungibile della perfezione assoluta, per cui la legge morale, e per essa le idealità sociali, sono unici moventi d'azione, tende a perfezionare la volontà del bene, a disciplinare i moti inevitabilmente passionali dell'anima, ad avviare a più alta mèta le inclinazioni morali. E si giunge così, per queste finzioni, pedagogicamente, a quella che potremmo dire la massimazione psicologica e logica dei valori etici, cioè a un'intensificazione quanto è possibile forte e positiva del valore reale della personalità, alla giustificazione massima, razionale, dell'orgoglio morale.

Non è intelligibile il diritto di scegliere indifferentemente fra il bene e il male, e d'invertire i valori che le idealità sociali ci presentano; come non è intelligibile il diritto di scegliere indifferentemente tra la verità e l'errore, tra il sapere e l'ignorare. È assurdo, per l' uomo normale, voler valere meno di quanto comporta la potenzialità sua. Noi riteniamo. di conformarci alla concezione scientifica dell' uomo e del fatto morale accogliendo come vere, con qualche riserva di forma, che potrà apparire da ciò che nel corso del nostro lavoro siamo venuti dicendo, le seguenti parole, ispirate da fede idealistica, e giustificate da altre premesse, del Boutroux:

« L'âme peut, par un surcroît d'énergie, perfectionner ses habitudes, son caractère et sa nature la plus intime. Mais elle se duperait elle-même si, pour accroître ainsi la liberté d'action, elle prenait uniquement son point d'appui dans la nature humaine proprement dite ou dans la nature des êtres inférieurs, si elle n'avait d'autre levier que l'amour de soi ou l'adaptation aux forces inintelligentes.

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L'homme qui ne poursuit que son intérêt est esclave de sa nature propre. L'homme dont la volonté n'est que l'expression des influences extérieures est esclave des choses. C'est en remontant à la source de la liberté que l'homme peut accroître la sienne. Or cette source est la perfection, fin pratique qui réclame un agent libre. C'est donc en prenant en définitive son point d'appui au-dessus de soi, dans l'idée même de la fin pour laquelle il est né, que l'homme pourra dominer et sa propre nature et le. monde qu'il habite (1) ».

Nè questo fine della natura umana è, nota lo stesso Boutroux, una pura e semplice idea, ma esso trova un principio di realizzazione nelle società organizzate, nelle quali le leggi, i costumi, la coscienza pubblica mettono in onore la virtù, e biasimano e colpiscono l'avvilimento morale. « C'est donc en vivant pour la société et en se suspendant à elle que l'homme peut, dans la pratique, déployer et accroître la liberté. La société est le soutien visible de la liberté humaine » (pag. 163).

Il vincolo sociale in quanto è vincolo etico, non è servitù. Non ha senso il dire servitù l'obbligazione morale, come non ha senso il dire servitù il sentimento del vero; il vincolo, la solidarietà nel bene, è redenzione, e la pedagogia morale o l'opera concorde dei sinceri amatori del bene, mira a questo fine, cioè ad attuare nel mondo il più inestimabile dei valori, qual'è veramente quello che consiste in un' interiore ricchezza, la quale, intesa nel suo giusto, valore, preservi dagli inutili dispendi dell'anima, mentre sia mezzo inesauribile di proficui acquisti. In questa volontà del successo nel bene devesi

(1) De la contingence des lois de la nature, Paris, Alcan, 1898, p. 162.

concordare nonostante i dissensi teoretici circa l'oggetto definitivo della volontà stessa. Il valore del bene morale è praticamente identico qualunque ne sia l'interpretazione teoretica; e in questa identità pratica possono e debbono convergere i comuni affetti, in quanto essa è simbolo d'un'unità reale che i divergenti apprezzamenti speculativi non devono (mancando a ciò ogni ragione sufficiente) disperdere

o menomare.

Non v'è uomo al mondo che non abbia una qualche volta sentita la verità della massima che la vita è dolore. Ma un solo modo esiste di santificare il dolore, ed è di riconoscerne il valore morale, l'efficacia purificativa, soccorrendo ad esso con la solidarietà dell'amore e col sacrificio, che non può subordinarsi a ragioni di teoretico consenso o dissenso.

Nelle sue esigenze prime, fondamentali, la morale non è teoria ma azione; e il culto pratico delle finzioni sue, delle idealità assolute che si dicono valori etici, e che comunque in me traducibili diventano un valore mio, è a lei sacro più che a qualsivoglia religione il culto dei propri idoli.

FINE.

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