1 Lui si rapiscan le donzelle, e tutto E i gran piatti agli Dei turan l'udito, Vestalesque urnas, et Tuscum fictile mutat. 60 O curve in terris animæ, et cœlestium inanes! Quid juvat hoc, templis nostros immittere mores, Et bona dís ex hac scelerata ducere pulpa? Hæc sibi corrupto casiam dissolvit olivo; 65 Peccat et hæc, peccat: vitio tamen utitur. At vos Dicite pontifices, IN SANCTO QUID FACIT AURUM? Nempe hoc, quod Veneri donate a virgine puрœ. 70 Quin damus id superis, de magna quod dare lance Non possit magni Messalæ lippa propago? Compositum jus, fasque animi, sanctosque recessus Mentis, et incoctum generoso pectus honesto. Hæc cedo, ut admoveam templis, et farre litabo. 75 Di Saturno, e cangiò l'urne di Vesta, E l' etrusche stoviglie. Oh de' mortali Alme curve nel fango, e del ciel vote! A chè nostri cacciar vizj ne' templi, E stimar grato a Dio ciò che gradisce A nostra polpa scellerata? È questa Che le casie stemprossi in guasta oliva, Questa il calabro pel cosse in vermiglio, Questa ne spinse a dispiccar la perla Dalla conchiglia; e monde dalla polve Del fervente metal strinse le vene. Pur s'ella pecca, e certo pecca) almeno Del peccato si giova. Ma ne' templi L'oro a che serve ? a che per dio? Ne'l dite Voi, Sacerdoti. Ciò che appunto a Venere La mimma, che donò la verginetta. Che non piuttosto per noi s' offre ai Numi Ciò che offrir non potrà da sua gran mensa Del gran Messala la perversa prole? Pietà, giustizia, in cor scolpite; i santi Della mente segreti, e caldo petto D'onestà generosa. A me ciò dona, Che al tempio il rechi, e literò col farro. SATYRA III. NEMPE hæc assidue? Jam clarum mane fene stras Intrat, et angustas extendit lumine rimas. Stertimus, indomitum quod despumare falernum Sufficiat, quinta dum linea tangitur umbra. 5 En quid agis? Siccas insana canicula messes Jamdudum coquit, et patula pecus omne sub ulmo est. Unus ait comitum. Verumne? itane? ocyus adsit Huc aliquis: nemon'? Turgescit vitrea bilis: Finditur. Arcadice pecuaria rudere credas. Jam liber, et bicolor positis membrana capillis, 10 Inque manus chartee, nodosaque venit arundo. Tunc queritur crassus calamo quod pendeat humor, SATIRA III. Vu Pedagogo, ed un Giovine. SEMPRE COSÌ? Già chiaro s'introduce Per le finestre il sole, e li spiragli Russiam quanto a schiumar l'ambra, che smagli, Finchè il gnomon la quinta linea tagli. Cuoce Sirio furente, (a che più stai? ) L'arse messi da un pezzo, e tutta è sotto Ai lati olmi la greggia. G. Oh che di' mai? E fia vero? Ehi di là: quì alcun di botto: Nessun ? - La bile allor lampeggia; i piedi Batte il monello, nel gridar sì rotto, Che le bestie ragliar d'Arcadia credi. e canna, e bicolore Già libro, e carta, e canna, Liscia membrana nella man gli vedi. Goccia un po' grosso, ed or che per infusa |