Grandia magnanimus peragit puer. Utar ego, utar, Nec rhombos ideo libertis ponere lautus, Nec tenuem solers turdorum nosse salivam. Messe tenus propria vive, et granaria (fas est) Emole; quid metuas? Occa, en seges altera in herba est. Ast vocat officium: trabe rupta, Brutia saxa Prendit amicus inops: remque omnem, surdaque vota Condidit Ionio: jacet ipse in littore, et una 40 Fænisecæ crasso vitiarunt unguine pultes. Sciupa un tesor splendido sciocco. Io n'uso Spendi quanto è il ricolto, e tutto il macina; Che temi? il puoi: lavora; e l'altro erbeggia. Ma chiede aita l'amico che naufrago Salvossi ai Bruzj, e i sordi voti e tutto Seppelli nell' Ionio. Ei giace a riva Co' gran Dii della poppa, e il mergo scontra Del pin rotto gli avanzi. - Or dunque intacca Il capital; sii largo, ond' ei non giri . Pinto in azzuro. Ma, se il fo, la cena. Funebre irato obblia l'erede, e fetide. Oltre il rogo ciò temi? Or tu mio rede, Qualunque ti sarai, due motti a parte. L'Imperador, nol sai? mandato ha il lauro Per grande rotta de' Germani. Il freddo Cener dell' are è scosso; ed armi al tempie. Cesonia appresta e regj ammanti e rance Giubbe a' prigioni e cocchi ed alti Belgi. Per si bel fatto cento coppie ai numi Egregie gestas, induco: quis vetat? Aude. Ünum etiam, terræ est jam filius: et mihi ritu est Quidquid id est. Ubi sit, fuge quærere, quod mihi quondam Legarat Tadius, neu dicta repone paterna: Fænoris accedat merces, hinc exime sumptus. 65 Quid reliquum est? Reliquum? Nunc nunc impensius unge, Unge, puer, caules. Mihi festa luce coquatur 70 Offro, e al Genio del Duce. Osa impedirlo! Guai se fiati. Alla plebe olio e pan-carne Darò. II vieti? ti spiega. Abbiam quel campo Vicin, vuoi dirmi, ancor sassoso. Orsù. Nè cugina io non ho, nè pronipote, Se mi secchi, e all' Ariccia, e scrivo erede Mio padre, a stento troverollo. Ascendi Ancor due gradi, e oscuro è il ceppo. Or Manio Può star, che scenda dal maggior mio nonno. Tu, più prossimo, a che nel corso or chiedermi Manca alcun chè. - Per me l'ho speso: il resto Qualunque è tuo. Di Tadio non cercarmi Il legato, nè farmi il padre adosso, Col dir sparmia la sorte, e spendi il frutto. : Ma che resta? - Che resta? Ehi, ragazzo, ungi, Ungi più l'erbe. A me, le feste, urtica, E teschio appeso per l'orecchie al fumo? E d'oca entragni al mio nipote, ond' egli Con palpitante e vagabonda coda Pisci in conno patrizio? Io scheltro, ed esso. Tremante per grassezza epa di prete? |