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quale appunto viene bramata dalla Corte di Cassazione, e quale dev'essere. Ma con questo discorso è chiaro che il Legislatore commetterebbe un' inutile superfluità, dopo ch'egli avesse dichiarato in generale, che ogni rinuncia (salvo il caso dell'esclusione statutaria) debba dichiararsi sussistente o insussistente, e quindi operativa o non operativa di un irrevocabile jus quesito; e rispettivamente esclusiva di un ulteriore beneficio a norma delle Leggi vigenti, ed obligatorie di qualunque successibile nel tempo della fatta rinuncia. Conchiudiamo adunque, che il progettato Decreto non debba occuparsi in particolare a dichiarare alcuna cosa nè su le rinuncie de futuro ex causa de futuro, nè su quelle relative al caso impensato, di cui parla la Corte di Cassazione; ma che debba lasciare il tutto al libero giudizio dei Tribunali, indicando soltanto il sistema di Leggi, giusta le quali, avuto riguardo ai rispettivi períodi di tempo, devesi definire ogni questione. Che se mai la Corte di Cassazione avesse in mira di stabilire implicitamente una nuova differenza, si farebbe osservare che ciò è contro la massima da lei esternata : che non conviene emettere una nuova disposizione, ma solamente restringersi ad alcune semplici dichiarazioni e schiarimenti, onde facilitare l'intelligenza e l'esplicazione della Legge 6 Termidoro, senza pregiudicare ai diritti anteriormente quesiti, e fare ingiustamente retroagire la Legge. Lo che in altri termini significa, che il Legislatore non deve innovar nulla, e che per conseguenza egli deve riportarsi alla certa disposizione delle Leggi anteriori.

Può certamente avvenire il caso speciale, in cui si tratti di decidere l'una o l'altra delle questioni particolari accennate dalla Corte di Cassazione. Allora sarà cura del Governo, in caso di giudizj contradittorj, il determinare ciò ch'è di ragione, a norma del Regolamento organico. Ma quì sarebbe fuori di luogo l'occuparsi di tali questioni singolari e puramente ipotetiche, non solamente perchè mancano gli elementi convenienti, ma sopra tutto perchè l'oggetto proprio di questo Decreto essendo una interpretazione generale di massima della Legge 6 Termidoro, il Legislatore è costretto di attenersi a quelle vedute generali che solamente ne rendano più esplicita l'intenzione, onde decidere ogni sorta di questioni che dipendono dal senso, o, dirò meglio, dallo spirito é dalla intenzione di lei.

Ciò tutto premesso, passiamo all'esame del Progetto di Decreto proposto dalla Corte di Cassazione.

ESAME

DEL PROGETTO DI DECRETO PROPOSTO

DALLA CORTE DI CASSAZIONE.

§ 640. Co 'l primo articolo la Corte di Cassazione propone che il

Legislatore dichiari che l'art. 7. della Legge 6 Termidoro sia applica bile in tutto il Regno, qual Legge transitoria, alle rinuncie fatte dalle donne maritate fino all'attivazione del Codice Napoleone anche per le successioni aperte e che si apriranno sotto l'impero del Codice medesimo.

OSSERVAZIONI.

Questo articolo per una parte mi pare superfluo e sconveniente, e per l'altra contrario alla Ragione civile ed alla intenzione della suddetta Legge.

Ho detto che per una parte è superfluo, poichè porta l'apparenza e potrebbe far supporre che la Legge 6 Termidoro non sia obligatoria per tutto il Regno nel quale fu publicata, e rinovatane la publicazione all'epoca dell'aggregazione dei nuovi Dipartimenti successivamente uniti al Regno d'Italia.

Ho detto ch'è sconveniente, perchè si fa in certo modo supporre di volere al presente introdurre un nuovo Diritto per gli atti passati: lo che involgerebbe il gravissimo rimprovero di una viziosa retroazione.

Ho detto finalmente, che in un'altra parte è contrario alla Ragione civile, perchè assolutamente si vogliono regolare gli effetti delle successioni aperte dopo il Codice Napoleone con le disposizioni della suddetta Legge 6 Termidoro, quasi non fosse vero che gli effetti delle successioni che si aprono sotto l'impero d'una data Legge debbano regolarsi secondo il disposto della Legge medesima, salvo soltanto ogni diritto anteriormente ed irrevocabilmente quesito. Non può quindi ammettersi l'espressione assoluta della Corte di Cassazione, concepita con le parole: anche per le successioni aperte e che si apriranno sotto l'impero del Codice medesimo. La restrizione poi alle donne maritate è illegale per le ragioni già premesse.

Per tutti questi riflessi io sono d'avviso che questo primo articolo della Corte di Cassazione debba essere soppresso.

§ 641. Nella prima parte del secondo articolo si stabilisce la massima, che le rinuncie fatte dalle donne sotto l'impero degli Statuti siano nulle, quando siano famulative di Statuti esclusivi della succes

sione.

OSSERVAZIONI.

Sono d'accordo con la Corte di Cassazione quanto alla massima di questa prima parte; ma ho difficoltà ad ammettere la redazione. Primieramente dicesi: le rinuncie fatte dalle donne maritate quando siano meramente famulative, e dipendenti dalla loro esclusione portata dalle Leggi o dagli Statuti veglianti all'epoca delle stesse rinuncie.

Con questa redazione si lascia luogo a subalterne questioni su la forza della locuzione di famulative e dipendenti, ed altresì rimane incerta l'idéa di esclusione che qui non si riferisce a nulla. Questa redazione sembra peccare del vizio, già rilevato dal celebre Montesquieu, di enunziare le idée in una maniera indiretta.

Parmi invece, che per fissare meglio le idée conveniva esprimere un oggetto certo, noto e positivo, qual è la disposizione espressa dello Statuto o della Legge vigente, onde non lasciare alcun dubio su l'officio famulativo o dipendente della rinuncia medesima. Sembrami di più, che non si dovesse dimenticare di accennare l'oggetto cardinale della Legge 6 Termidoro interpretata, onde somministrare il criterio fondamentale, al lume del quale determinare il carattere dell' esclusione, e valutarne l'effetto.

§ 642. La Corte di Cassazione prosegue in questo articolo parlando delle dette rinuncie: Non possono, benchè comprese nel contratto di matrimonio, di costituzione o pagamento di dote, riguardarsi come contratti a senso del su riferito art. 7., onde escluderle dalle successioni aperte dopo le nuove Leggi che le resero successibili.

OSSERVAZIONI.

In questa redazione prima di tutto osservo da una parte una ridondanza sconveniente allo stile delle Leggi. Più semplice, e non soggetta a dispute ed a cavilli, è la dichiarazione, che tali rinuncie, così dette famulative, si considerano come non avvenute: perocchè, posta tale idéa, vi sta pure inclusa la loro insussistenza come contratti; do

vechè per lo contrario con le frasi usate dalla Corte di Cassazione si lascia luogo a cavillare se tali rinuncie possano essere sussistenti altrimenti, e quindi operative contro le donne, le quali dalla Legge si vollero parificate ai maschi, come la stessa Corte espressamente riconobbe nel suo Rapporto.

A prevenire pertanto ogni questione subalterna su l'intelligenza del Decreto interpretativo, ed a fine di prestare al medesimo tutto quel lume ch'egli deve somministrare all' intelligenza delle parti interessate e dei Tribunali, io credo conveniente di sostituire la seguente redazione. Le rinuncie ad una successione fatta in qualunque modo dalle donne prima della Legge 6 Termidoro, anno V., per tutti quei casi ne' quali dagli Statuti o dalle consuetudini locali esse venivano escluse dal succedere al pari dei maschi, sono riputate come non avvenute ad effetto di privarle di tutti quei diritti, i quali senza le dette rinuncie avrebbero potuto godere al pari dei maschi dopo la Legge medesima.=

È da notarsi che la espressione per tutti quei casi ne' quali esse venivano escluse ec. è stata posta a disegno; ed è sommamente importante, perchè con essa s'indicano tutti quegli Statuti, pe' i quali venivano escluse sia in tutto, sia in parte, sia sempre, sia in qualche caso.

Con l'indicazione poi relativa alla sorte dei maschi s'indica il termine di paragone avuto in mira dalla Legge 6 Termidoro, la quale operando in passato come si vide, altro non ebbe in mira che di togliere un óbice di diseguaglianza co' i maschi, senza innovare alcuna cosa quanto alle Leggi allora veglianti. Con le ultime parole poi s'indica l'effetto finale avuto in mira dalla predetta Legge 6 Termidoro, come l'ultimo termine intenzionale della Legge, e che propriamente può formare oggetto d'ogni disputa giudiziaria.

§ 643. La seconda parte del suddetto articolo 2. sta espressa nei seguenti termini: Qualora però simili rinuncie ai diritti di successione siano state formalmente stipulate, e dedotte in contratto mediante un correspettivo, od anche per titolo di donazione o misto, e con termini abili a comprendere anche i diritti derivanti ex causa de futuro, possono ritenersi efficaci ed operative, a senso sempre dell'artic. T. della Legge 6 Termidoro, anno V.

OSSERVAZIONI.

Non so se io m'inganni; ma parmi che in questa seconda parte si distrugga tutto l'effetto della prima, o almeno se ne rovescino i principj

fondamentali. Si noti bene: quì si parla delle rinuncie anteriori alla Legge 6 Termidoro, e precisamente di quelle che la Corte di Cassazione figurò essere fatte sotto l'impero degli Statuti esclusivi. Il senso comune presentava due semplicissimi casi, e questi sono: il caso in cui le donne, facendo le dette rinuncie, avevano facoltà pari ai maschi successibili; e quello in cui non avevano queste tali facoltà. Quanto al primo caso, la Legge 6 Termidoro si rimette all' impero delle Leggi allora vigenti, poichè il suo oggetto altro non fu che di togliere gli óbici statutarj legali che impedivano questa parità. Su ciò pertanto non rimane discussione veruna: resta dunque l'altro caso, in cui le donne erano a dispari condizione. Ed in questo caso appunto la Corte di Cassazione stabilisce, che le rinuncie dedotte in contratto mediante un correspettivo, od anche per titolo di donazione ec., possano ritenersi efficaci ed operative, a senso sempre dell'articolo 7. della Legge 6 Termidoro. Ma come mai può questo accadere? Se nelle viscere stesse dell'ipotesi si pone l'ostacolo dello Statuto, che rende la condizione delle donne diversa da quella dei maschi; come si può figurare che la Legge stessa, che annulla le rinuncie per quest'ostacolo, le voglia poi approvare in forza del medesimo ostacolo, quando le rinuncie medesime sono presentate in una forma diversa? Il principio dominante della Legge qual è? Eccolo. La rinuncia è un atto di volontà; per essere operativo dev'essere libero nel fare o non fare; ed in ciò consiste l'autorità propria ed operativa dell'individuo che praticò l'atto volontario. Ma dal momento che esiste una Legge, la quale toglie l'effetto o positivo o negativo della volontà, allora la volontà diventa l'equipollente della Legge; e trasformata in mera obedienza, o in uno sforzo impotente, non vale più della Legge medesima.

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Sotto qualunque forma pertanto si annunci questa volontà, essa porta sempre seco il carattere di assoluta soggezione, nè può mai essere operativa per propria autorità. Dunque è evidente che se si annunzia o col carattere di donazione, o sotto altra forma, essa essendo essenzialmente priva del potere di disporre per propria autorità, si deve sempre dichiarare come inutile, o puramente famulativa.

Si parla di correspettivo. Questo vocabolo sotto la disposizione di uno Statuto esclusivo è senza senso: converrebbe supporre un límite preciso al diritto della donna rinunciante; e questo límite dovrebbe stare scritto nella Legge. Ma come si può figurare questo límite legale, e fissato per autorità propria del Legislatore, in tutti quegli Statuti nei quali le donne essendo rese diseguali ai maschi, si stabilisce o che debbano

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