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Vieni, o FERNANDO, il regio serto cingi
In mezzo al suon de'plausi festeggianti,*
Coll'aurea man d'Astrea la lance stringi;
Già dell'umanitade i dritti santi

La Dea de'giusti Re terrore e guida
Dal ciel discesa al braccio tuo confida.
Al sacro e formidabil ministero,

A cui del ciel la Figlia oggi t'invita
Stendi la mano; il simulacro vero
È d'un Nume il Monarca; e non l'imita
Nell'abbagliante fasto ond'egli è ornato,
Ma nel poter di fare altrui beato.
Intanto infra le pompe, onde d'intorno

Flora festeggia, in mezzo allo splendore,
Per cui la notte emula e vince il giorno,
In mezzo ai viva misti alle sonoré
Voci de'bronzi, e a quelle più sincere
Ch'escon dagli occhj in tenero piacere,
Odi qual nuova angelica armonía,

Che tanto vince ogni armonía mortale,
Suoni per l'aere? écco che a Te s'invia
Figlio di Flora già Coro immortale

Che in bianco ammanto, e il crin di lauro adorno Sen vien da campi del perpetuo giorno.

Pign. T.III.

2

A riveder la patria alma pendice
Volan dal bosco degli Elisii mirti,
Real FERNANDO, in questo di felice
A Te d'intorno i fortunati spirti,
E le glorie sperate e già nascenti
Salutan del tuo regno in lieti accenti.
Per lor, quand'era in tenebroso velo,
Della gotica notte il mondo avvolto,
Dal barbaro squallor di nuovo al cielo
L'Arti più belle il venerando volto
Erser dell'Arno in sulle sponde amene,
E fer di Flora una novella Atene.
Mira le tre divine Arti sorelle

Che precedon lo stuol de❜lor più fidi,
A te innanzi atteggiar le membra snelle
In maestosa danza; a lor sorridi;
De'Principi il sorriso, e una gradita
Occhiata spira all'arti anima e vita.
Tai nel Mediceo un dì lieto soggiorno
Danze intrecciavan nobili e festose
Del gran Lorenzo all'alta cuna intorno,
Spargendo a piene mani e gigli e rose;
Sorrideva il fanciullo ad esse in faccia,
E a lor stendea le pargolette braccia.

Ve'dietro ad esse e quei (5) che nuova vita
Diede ai colori, e quegli (6) che l'oscura
Gotica antica ruggine sbandita,
Ricompose all'augusta Architettura
Il grave aspetto, e volse la sublime
Curva mole sacrata all'alte cime.
Sieguongli mille in folto e nobil coro,

Quai sorgon dietro ad Espero le stelle;
Vedi animarsi i marmi ai cenni loro,
E le tele spirar forme più belle;
Sorge fra lor, qual fra gli arbusti il pino,
Michel più che mortale Angel divino,
Dall'altra parte la canora gente

دو

Ecco di Pindo, che nella ruina

Del Lazio seppe trar dal sen languente
Dell'ammutita omai Musa latina
Nuova prole gentil che a lei somiglia,
Di vaga madre più vezzosa figlia,
Con grave aspetto ed accigliata fronte

Guida la schiera quei (7) che il vol sublime
Or volse al Cielo, ed ora ad Acheronte,
Fabro inmortal di vigorose rime;
Per Te placato appena, ancor l'ingrata
Patria severo e taciturno guata.

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Accanto gli è colui (8) che con gentile
Placido suon seppe addolcir la grande
Sublime asprezza di quel forte stile;
Tenero spirto, che dolenti spande
Note su lei che viva e morta brama,
E colla fredda lingua ancor la chiama.
In mezzo delle due festose schiere
Ecco un'altra s'avanza, Urania è duce,
Regolatrice delle erranti sfere;
Ve'come splende di purpurea luce!
Azzurro ha il manto, azzurre le divine
Pupille, e d'auree stelle ha cinto il crine.
Madre augusta del ver, figlia del cielo
Sa dissipar la dotta nebbia oscura
Che le cause ravvolge, e aprire il velo
Onde gli arcani suoi coprì Natura :
Vedi chi primo guida ella per mano,
E riconosci il gran Linceo toscano. (9)
Del vetro industre eccolo il braccio armato,
Con cui, per l'alte sfere ergendo l'ali,
Un nuovo cielo agli occhi lor negato
Discoperse agli attoniti mortali;
Stupi Natura, di rossor dipinta

Mirollo, e si compiacque d'esser vinta.

Da i vivi lumi quale esce fulgore!
Divin fulgor che saettando sciolse
La venerabil nebbia onde l'errore
Consacrato da i secoli s'avvolse,
E le dotte squarciò mentite larve,
Fra di cui maestoso il nulla apparve.
O del vero saper limpida fonte

Mastro di quei che sanno! il mondo tutto
Si prostri, e inchini al nome tuo la fronte.
Oh de'sudori tuoi che amaro frutto
Raccogliesti dal secolo rubello,
Martir del vero, Socrate novello!
Come espiar le ingiurie ombra infelice?
Ti vendica la Fama: odi la tromba
Suonar di te? la fronda vincitrice
Spunta più verde ognor sulla tua tomba;
Tardo tributo! Ingannatrice lode!
Vana mercè, suon dolce a chi non ode!
Spargi, Signor, di generoso pianto
Sul di lui fato breve stilla, e mira
Quanto spesso ravvolta in sacro manto
La frode venenosi aliti spira

Sul merto che più splende, ed in oscura
Trama il bieco livor con lei congiura!

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