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più di agire, perchè il numero dei fatti che cadono sotto la percezione immediata di ciascun individuo non è che una goccia d'acqua nel vaso, in confronto a quelli dei quali egli non può essere informato che dietro il referto altrui » (1).

Ecco dunque, per tornare al nostro argomento, come il sistema probatorio riposi tutto su questa presunzione: ciò che l'uomo dice è vero. Tutto il sistema probatorio, e così, seguendo la distinzione proposta dal Bentham (2) ed accettata per la migliore (3), le prove semplici: la testimonianza e la perizia, dichiarazioni di terzi estranei alla causa; la confessione ed il giuramento, dichiarazioni delle parti in causa; l'accesso giudiziale onde si origina una testimonianza che il giudice procedente all'ispezione fa a sè stesso od al collegio cui appartiene; le prove precostituite: gli atti pubblici, dichiarazioni delle parti ed insieme di terzi (notaio e testimoni); le scritture private e le tacche di contrassegno, dichiarazioni (queste ultime in forma di scrittura rudimentale) delle sole parti e di entrambe; i registri dei commercianti e le carte domestiche, dichiarazioni di una sola delle parti. E combattere queste prove vuol dire combattere la probabilità che è loro base comune. Se si dimostra la falsità o l'errore del testimone, del perito, del documento, si fa cadere la presunzione che il detto dell'uomo sia conforme alla cognizione interna, o l'altra che la cognizione interna sia conforme alla realtà delle cose. Ma come si dimostra la falsità o l'errore del testimonio, del perito, del documento? Con prove della stessa natura di quelle che si combattono, con altre testimonianze, con altre perizie, con altri documenti. Dunque possiamo dire che la discussione delle prove si risolve in un conflitto di presunzioni.

(1) Bentham, lib. I, c. VII.

(2) Lib. I, c. I.

(3) Bonnier, 27, 31; Mattirolo, II, 233.

Tutto ciò è molto chiaro ed altrettanto facile a spiegarsi. I mezzi imperfetti di cui l'uomo può disporre per avere la cognizione delle cose non permettono che si esiga nei giudizi la scoperta della verità assoluta, della verità in senso rigorosamente obbiettivo (1). Così intesa, la verità non è di questo mondo; l'uomo deve star pago di conseguire la certezza morale, che risponde alla persuasione della verità, ossia alla verità relativa, in senso subbiettivo, o, ciò che è ancora lo stesso, alla massima probabilità umana. Ecco perchè tutte le prove si riducono, in ultima analisi, ad altrettante presunzioni; ciò che tuttavia nulla toglie al merito ed alla necessità di una distinzione recisa fra prova diretta e prova congetturale, secondo il criterio di cui abbiamo già fatta parola.

§ 3.

Il diritto probatorio civile è quella parte del diritto giudiziario che determina con quali mezzi e per quali forme si dimostra nel processo civile la verità dei fatti che stanno a base d'ogni pretesa giuridica. E così bisogna suddistinguere nel diritto probatorio due parti: l'una concerne i mezzi di prova, quanto alla loro essenza, alle loro modalità, alle condizioni di ammissibilità, al valore, agli effetti, ed è regolata dal codice civile; l'altra riguarda le forme, cioè i modi con cui si somministrano le prove nel giudizio, ed è governata dal codice di procedura civile.

(1) « Per la necessità del nostro spirito di associarsi alle esistenze fenomenali colla propria adesione e col sentimento trionfa la dottrina di Kant: che ogni verità, in quanto la crediamo tale è subbiettiva. La verità obbiettiva non esiste che in Dio; la stessa percezione dei sensi esterni non produce che una verità subbiettiva, messa in dubbio dagli scettici non senza ragione stando agli apodittici rigori della speculativa ». Pisanelli, Scialoia e Mancini, III, c. XI, sez. I, 1.

Ora questo sistema di distribuzione adottato dal legislatore francese e seguito dall'italiano a noi piace, quantunque il Bonnier sostenga in contrario che « il posto naturale delle prove era nel codice di procedura ».

Certo, per la distinzione formulata dal Bentham di leggi sostantive e di leggi aggettive, le prove entrano nella seconda categoria. Ma questa distinzione elementare e dottrinalmente inoppugnabile non toglie che anche nella materia delle prove la legge scritta sceveri con un criterio positivo e praticamente vantaggioso le norme essenziali dalle forme procedurali. Chè, se le prove di fronte ai diritti sono la parte aggettiva di fronte alla sostantiva, nella materia stessa delle prove abbiamo una parte aggettiva che è data dalle forme procedurali rispetto alla sostantiva, che è data dalle norme essenziali. Queste dunque attenendosi direttamente ed immediatamente al « fondo del diritto », essendo non « in materia di filiazione », come crede il Bonnier, ma in tutte le materie « complemento indispensabile delle regole del fondo », hanno posto naturale nel codice civile. Quello di procedura organizza la parte meccanica, determina il rito.

Ora a qualsiasi meccanismo sfuggono completamente le presunzioni legali e semplici. I fatti a cui sono attribuite le une o da cui si traggono le altre vogliono essere direttamente provati in conformità alle regole del codice civile ed alle forme di quello di procedura, ma quando siano dimostrati, la presunzione che ne deriva per forza di legge o per virtù di raziocinio è un argomento ideale, che, come fu detto benissimo, « non si organizza sotto l'impero della forma » (1). Ecco perchè la materia delle presunzioni è regolata dal codice civile. Essa appartiene unicamente al diritto probatorio sostanziale, e sfugge al formale, cioè alla procedura in senso stretto.

(1) Pisanelli, Scialoia e Mancini, III, c. XI, sez. IV, 20.

CAPO II.

Classificazioni e sotto-classificazioni.

§ 1.

Distinte le prove (dirette) dalle presunzioni, conviene cercare se per queste ultime si abbia qualche criterio di classificazione, che sarà intrinseco od estrinseco, secondo che si attenga o meno alla sostanza della prova congetturale. Ora, un criterio intrinseco di classificazione non può essere desunto se non dal rapporto indiretto e mediato che corre tra il fatto noto ed il fatto ignoto (presunto). Il quale rapporto, verificandosi, come insegna la esperienza, nella generalità dei casi, si suppone esistere anche nel caso concreto. È dunque un rapporto pro

babile.

E secondo che questa probabilità sia od appaia maggiore o minore, si distinsero le presunzioni gravissime o fortissime o violenti, quelle semplicemente forti o gravi o probabili o verosimili, le deboli o lievi o transitorie, e da ultimo le lievissime o temerarie (1). Distinzione empirica, av vegnachè non sia possibile fissare a priori e concretare queste varie categorie secondo un principio netto e sicuro, ed il giudizio sul grado di probabilità del rapporto fra noto ed ignoto varii col variar della mente che lo forma. Distinzione perfettamente inutile, quantunque non da tutti abbandonata (2), perchè, come vedremo, di

(1) Menochius, lib. L, q. II.

(2) Il Fulvio, per esempio, distingue le presunzioni dell'uomo, in queste categorie (Pres., 37): « a. — leggiere o transitorie, che sono semplici sospetti senza alcun fondamento ragionevole; esse costituiscono

certe presunzioni è fissata dalla legge l'efficacia probatoria, così che al magistrato non è permesso di valutarle altrimenti (1), e tutte le altre sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale ne apprezza il valore secondo il convincimento dell'animo suo (2).

Guardiamoci poi dal comprendere fra le presunzioni quelle verità di evidenza intuitiva, le quali altro non sono che la espressione di leggi costanti della natura. Così: chi è in un luogo non può contemporaneamente essere in un altro; un corpo più pesante dell'aria, abbandonato a sè stesso, deve cadere; una donna la quale sia incinta, è stata fecondata. Queste proposizioni designano, è ben vero, un rapporto tra due fatti, ma un rapporto naturalmente necessario anzi che razionalmente probabile: la possibilità del contrario è esclusa, perchè non si aminette il miracolo (3). Esula dunque il concetto della presunzione, a meno che non si voglia questo concetto allargare oltre i suoi naturali confini, ammettendo cogli antichi dottori la classe delle presunzioni necessarie (4), che noi dalle ragioni anzi dette siamo consigliati à respingere.

una mezza prova » Ma come mezza prova se sono senza alcun fondamento ragionevole?! « b. - presunzioni probabili, che hanno per fondamento qualche ragione legittima, non però concludente, ed unite ad altra prova fanno una prova completa ». Presunzioni probabili? Ma tutte le presunzioni sono un calcolo di probabilità. Sarebbe come dire prove probanti. «c. forti o anche violente se hanno qualche causa antecedente ». La causa antecedente è in sostanza il fatto noto, dunque tutte le presunzioni hanno qualche causa antecedente perchè tutte sono induzioni dal noto all'ignoto.

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(1) V. parte II, cap. II, § 6, e cap. III, § 1.

(2) V. parte III, avvert. prelim., e cap. II, § 1.

(3) Cfr.: Bonnier, 708.

(4) « Quaero quae dicatur praesumptio juris et de jure, quam necessariam appellare etiam possumus? Prius dicendum est necessariam dici praesumptionem cum aliquibus positis necessario inde efficimus quod intendimus. Et hanc violentam vel verius violentissimam nostri appellant: Rhetores vero alio nomine signum. . . vocant,

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