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Veramente sarebbe conforme ai principi della logica giuridica la libera prova che il testatore non abbia voluto revocare il legato, pure alienandone o trasformandone l'oggetto. Ma sarebbe anche una larga via aperta a frequentissime e difficili contestazioni. E come ai principi rigorosi del diritto la legge positiva deroga talvolta propter utilitatem, così in questo caso con una regola assoluta previene le difficoltà e sopprime la ragion delle liti. Perciò la prova di altra volontà del testatore da quella di revocare il legato è anche contraria allo spirito della esaminata disposizione.

Analogamente ragiona il Laurent, colla sua inflessibilità logica, sull'articolo 1038 del codice francese, conforme all'892 (principio) dell'italiano (1).

Onde fa meraviglia che lo stesso Laurent adotti in un altro caso l'opinione comune, la quale vede nell'articolo 811 del nostro codice (918 del francese) una presunzione legale di simulazione Affermano gli autori (2) e confermano i magistrati (3): la legge presume che l'alienazione dei beni a capitale perduto o con riserva di usufrutto ad un legittimario nasconda una vera liberalità. Contro questa presunzione può il legittimario provare che il contratto fu serio e reale? Unanimi la dottrina e la giurisprudenza italiana, quasi unanime la dottrina francese rispon

(1) XIV, 220.

(2) Laurent, XII, 117; Troplong, Don. e test., I, 846; Melucci, Collaz. ed imput., II, 352 ss.; Ricci, III, 304; Borsari, III, p. I, art. 811, § 1742. V. più indietro, § 6 di questo capo, pag. 121.

(3) C. Napoli, 27 novembre 1881, Carotenuto utrinque, Foro it., 1882, I, 102; C. Napoli, 20 dicembre 1881, Piscitelli c. Gatti, Foro it., 1882, I, 210; A. Napoli, 24 marzo 1882, Carotenuto utrinque, Gazz. proc., 1882, 282; C. Torino, 18 agosto 1885, Acquaroni c. Demaestri, Giur. Tor., 1885, 730; A. Genova, 4 giugno 1886, Maglione utrinque, Foro it., 1886, 1, 1056; A. Milano, 30 agosto 1886, Verzelati utrinque, Foro it., 1886, I, 1136.

dono negativamente: questa presunzione di liberalità è assoluta, perchè sul fondamento della medesima la legge fa subire all'atto una trasformazione dal modo in cui lo qualificarono le parti, che equivale ad una vera nullità, benchè incompleta. E contro le presunzioni, sul fondamento delle quali la legge annulla certi atti, non è ammessa veruna prova (1). Ma una voce solitaria, quella del Laurent, oppone che trasformare non è annullare; non si annulla, anzi si mantiene l'atto presumendolo una liberalità, dunque non vuole applicarsi l'articolo 1353, sì la regola generale che alle presunzioni è ammessa prova contraria (2). E veramente, checchè ne dica il Melucci (3), dato ma non concesso che l'articolo 811 fosse una vera presunzione legale nel senso proprio degli articoli 1349 e 1350, avrebbe ragione il Laurent di sottrarla al disposto del 1353. Pure noi crediamo assolutamente inammissibile la prova della sincerità dell'alienazione, non perchè l'articolo 811 sia una presunzione legale assoluta, ma perchè l'articolo 811 non è una presunzione legale. È un comando reciso: il valore di quei beni sarà imputato alla porzione disponibile, e l'eccedente sarà conferito alla massa. Non c'è nulla da provare in contrario, c'è semplicemente da ubbidire.

Senza dubbio le alienazioni indicate in quell'articolo e pei loro caratteri estrinseci e per la reciproca qualità dei contraenti hanno in sè medesime il germe del sospetto. Il sospetto balena alla mente del legislatore, ma non è così grave da indurlo a stabilire senz'altro una presunzione di simulata liberalità contro quegli atti, presunzione la quale, si noti bene, avrebbe per effetto la collazione dei beni con gravissimo danno del legittimario

(1) Art. 1353.

(2) Laurent, XII, 130. (3) II, 367.

acquirente (1). E poichè da una parte il verificare in tutti i casi concreti la sincerità o la simulazione dell'atto porterebbe frequentissime liti, giudizi complicati e malagevoli, grave detrimento alla concordia delle famiglie, e d'altra parte il legittimario acquirente non dev'essere troppo avvantaggiato nel caso di simulata donazione, nè troppo danneggiato nel caso di alienazione sincera, il legislatore francese e con più corretto linguaggio l'italiano (2) seguono una via media, ritenendo imputabile il valore di quei dati beni alla quota disponibile e riducendolo per l'eccedenza (3). Onde il provare che l'alienazione fu sincera contraddirebbe anche allo spirito della legge.

Noi abbiamo fatto sull'articolo 811 lo stesso ragionamento che sull'articolo 892, muovendo dagli stessi principi nella innegabile parità di condizioni. D'entrambi gli articoli il testo non ha parola che designi una presunzione e lo spirito è animato da motivi di generale utilità. Perchè dunque al primo (1038 Cod. francese) nega il Laurent la qualifica di presunzione e la riconosce nel secondo (918)? E come mai il Seilhan, convinto che le regole imperative non siano presunzioni legali per ciò solo che abbiano a base una presunzione di fatto (4), colloca tra le vere presunzioni legali l'articolo 918 del codice francese? (5).

I due esempi ora addotti parlano un linguaggio che ognuno comprende. Se gli articoli 892 ed 811 del codice civile si riguardano come vere presunzioni legali, queste sono suscettibili di controprova. Se si riguardano come regole imperative, quantunque informate ad ipotesi logiche e fondate su criteri di pro

(1) Art. 1001.

(2) Cfr.: Melucci, II, 352.

(3) Cfr.: Melucci, 1, 66; II, 354.

Negli art. 811, 1002 e 1022 la

parola collazione è usata impropriamente nel senso di riduzione.

(4) P. III, c. II, 16 e 17.

(5) P. III, c. II, 25.

babilità, non è nemmeno concepibile la questione della controprova; i comandi della legge debbono essere eseguiti, ecco tutto.

Nè si dica che provando contro l'ipotesi alla quale è informata la disposizione vien meno il motivo della legge e quindi anche la ragione di applicarla. Perchè in tanto quella determinata ipotesi offre la base ad una norma generale in quanto ciò sia richiesto da motivi di necessità o di utilità onde si deroga ai principi del diritto puro.

Meglio può osservarsi che il fine della legge sarebbe ugualmente conseguito quando il concetto giuridico espresso in modo imperativo fosse invece formulato come una presunzione. La legge avrebbe potuto dire all'articolo 892: Se il testatore alieni la cosa legata o la trasformi in un'altra, si presume abbia voluto revocare il legato. Ed all'articolo 811: L'alienazione dei beni fatta ad un legittimario a capitale perduto o con riserva di usufrutto si presume una donazione simulata sotto la forma di contratto oneroso.

Ma anzitutto la legge avrebbe dovuto in molti casi, come in questi due, fare un espresso divieto di prova contraria. Con una riserva per l'articolo 811, e cioè che la presunzione di simulazione cade rispetto a quelli fra i legittimari che abbiano dato il loro assenso all'alienazione. Altrimenti di fronte al disposto dell'articolo 1353, la prova contraria sarebbe stata ammissibile secondo i principi generali. Non solo: ma in certi casi, ed appunto in quello dell'articolo 811, la legge avrebbe dovuto fare anche delle riserve ulteriori: dire che la presunta donazione simulata sotto la forma di contratto oneroso non è tuttavia soggetta a collazione, ma si sottrae alla regola dell'articolo 1001. Oppure stabilire una seconda presunzione, quella di dispensa dall'obbligo di conferire (1).

(1) Il Laurent vede questa presunzione già stabilita: « L'articolo 918 presume la dispensa dalla collazione..... Vi hanno dunque in questo disposto due presunzioni legali che derogano al diritto comune ». (XII, 118). Contro: Melucci, II, 354.

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Ora, il sistema dogmatico è più semplice. Ed è anche naturale quando un concetto, ipotetico nella sua origine, sia stato accettato dal comune senso giuridico e sfugga omai ad ogni discussione. L'atto del minore, per esempio, è nullo in virtù di una sanzione positiva, di una incapacità civile, e non c'è bisogno di ricorrere alla presunzione assoluta d'incapacità naturale, come a niuno verrà in mente di provare che l'atto sia valido perchè compiuto da un minore intelligentissimo e naturalmente capace.

Lo stesso ragionamento valga per le altre disposizioni esaminate in questo capo.

CAPO II.

La presunzione legale nel diritto positivo.

§ 1.

A termini dell'articolo 1350, « la presunzione legale è quella che una legge speciale attribuisce a certi atti o a certi fatti ». Da questa definizione si deducono quattro conseguenze, le quali formeranno oggetto di separato esame:

1. Non vi ha presunzione legale senza un testo di legge che la stabilisca;

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2. Il testo di legge che la stabilisce è disposizione speciale;

3.

A ciò questa disposizione sia applicabile, conviene si abbia quell'atto o quel fatto determinato, al quale la legge si riferisce;

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