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Sembrano a prima vista due casi di presunta dispensa dalla collazione. Ma, perchè vi sia dispensa, bisogna che vi sia obbligo. Ora il discendente successibile (quello che, secondo l'articolo 1001, è tenuto alla collazione), non essendo donatario diretto, non può avere obbligo di conferire se non come donatario indiretto a mezzo di persona presunta interposta, cioè del proprio discendente o coniuge (donatario apparente). Dunque il donatario vero è il discendente successibile, e la interposizione, a cui ha fatto ricorso il donante, fa presumere la sua. volontà di dispensare il donatario dalla collazione. Si conclude pertanto che quando un discendente successibile abbia ricevuto dal defunto una donazione per mezzo di persona interposta, è dispensato implicitamente, in virtù di una presunzione legale, dall'obbligo di conferire. - Ma tutto questo ragionamento è addirittura falso. Come mai il defunto, per dispensare il suo discendente successibile dall'obbligo di conferire, ricorrerebbe allo spediente di fare la donazione per interposta persona? Non può donare subito a lui, dispensandolo? Il senso degli articoli 1004 e 1006 è puramente questo: l'erede (discendente successibile) non è tenuto a conferire i beni donati al proprio discendente od al proprio coniuge dal defunto autore, perchè egli (erede) non è il donatario (nè diretto, nè indiretto). La legge, anzichè presumere una interposizione di persone ed una dispensa dall'obbligo di conferire, dichiara che non v'è obbligo di conferire, perchè il vero donatario è il donatario apparente, non l'ascendente od il coniuge di lui. La ragione delle frasi sont réputés, sono riputate o considerate, è affatto occasionale ed estrinseca, dipendente, come chiarisce il Laurent, dalla forma che assunse innanzi al Consiglio di Stato la discussione degli articoli 847 ed 849 del progetto di codice francese (1). E sa

(1) Laurent, X, 559.

rebbe stato meglio, aggiungiamo noi, che il legislatore italiano avesse redatto gli articoli 1004 e 1006 in quei termini più chiari e proprii in cui erano appunto redatti gli articoli 847 ed 849 del progetto di codice francese, dicendo senz'altro che le donazioni fatte al discendente od al coniuge dell'erede non sono soggette a collazione (1). Se pure non fosse anche meglio lasciare indietro del tutto questi articoli, i quali sono un'applicazione pura e semplice della regola generale onde il discendente successibile deve conferire ciò che egli ha ricevuto per donazione dal defunto, e non ciò che hanno ricevuto gli altri (2).

Così è dimostrato che la legge, per istabilire presunzioni, si vale della parola presumere come di voci equipollenti. Ma conviene aggiungere che presunzioni legali sono anche stabilite o in forma nettamente affermativa, come negli articoli 1739, 159, o con locuzione speciale esprimente, per esempio, l'effetto per la causa, come nell'articolo 1279.

Nessun dubbio infatti che l'articolo 1739: « Il mandato è gratuito se non vi è patto in contrario » stabilisca nè più nè meno che una presunzione legale. Tanto è vero che la legge stessa, volendo derogare per le materie commerciali alla disposizione del citato articolo, così si esprime: « Il mandato commerciale non si presume gratuito» (3), ciò che mostra come si presuma gratuito il mandato civile.

Altro non men chiaro esempio l'articolo 159: « Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio », ma può ricusare di riconoscerlo, provando certi fatti, i quali importano di necessità ch'egli non sia il padre (4). È quanto dire: Il ma

(1) Come nell'art. 100, cap.

(2) Art. 1001.

(3) Cod. comm., art. 349 cap. (4) Art. 162 a 165.

rito si presume padre del figlio concepito durante il matrimonio, salvo prova contraria, la quale non può consistere che nella dimostrazione di certi fatti determinati tassativamente dalla legge.

Abbiamo citato anche l'articolo 1279, il quale stabilisce una presunzione di liberazione, se assoluta o relativa non è qui a discutere, in base alla probabilità che il creditore allora soltanto si induca a restituire al debitore il titolo originale del credito quando ne abbia ricevuto il pagamento o voglia liberalmente condonarlo. Questa restituzione costituisce la prova della liberazione, dice la legge esprimendo l'effetto per la causa, come dicesse fa presumere la liberazione. Poichè è effetto della presunzione legale di dispensare da qualunque prova (1) appunto perchè ope legis essa stessa costituisce la prova. Tanto è vero che nell'articolo 1280 și legge: « La restituzione del pegno non basta per far presumere la rimessione del debito », il che vuol dire che a farla presumere si richiede la restituzione del titolo, secondo il precedente articolo 1279.

Ma non è altrimenti una presunzione, come si vorrebbe, il disposto dell'articolo 707. A respingere la falsa teoria che immagina una presunzione di buon diritto (2) attribuita al fatto. del possesso e disputa sul valore assoluto o relativo della medesima, basta considerare la lettera della legge. Se il legislatore avesse voluto stabilire una presunzione, avrebbe detto naturalmente che il possesso dei mobili fa presumere il buon diritto o che il possessore si presume, si considera, si reputa avente diritto od anche avrebbe potuto dire che il possesso costituisce la prova del buon diritto (3). Ma non si sarebbe

(1) Art: 1352.

(2) Zachariae, I, § 186; Del Vitto, II, art. 707, nota (a) § 5; Mattirolo, III, 346, b, in nota.

(3) Cfr.: art. 1279.

Ramponi

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mai sognato di escogitare una formola come questa: « Riguardo ai beni mobili per loro natura ed ai titoli al portatore il possesso produce a favore dei terzi di buona fede l'effetto stesso del titolo », se non avesse voluto dire che il possesso (non del terzo di buona fede, ma del possessore a quo) vale in favore del terzo di buona fede quanto un giusto titolo, vaut titre (1). L'effetto prodotto normalmente dal titolo è il diritto, nè il di ritto può normalmente essere prodotto da altra causa che dal titolo. Invece per le cose indicate nell'articolo 707 il possesso produce eccezionalmente, utilitatis anzi necessitatis causa, per la speditezza e la buona fede con cui vuol'essere governata la trasmissione della ricchezza mobile l'effetto stesso del titolo, effetto limitato al terzo di buona fede. Questi dunque deve avere il suo giusto titolo che provi il passaggio della cosa dalle mani del possessore a quo nelle sue mani, nelle mani di lui terzo ragionevolmente persuaso (ecco la sua buona fede) che il possessore a quo all'esercizio di fatto del diritto unisse il titolo, cioè il diritto stesso nella sua intrinseca verità. Questa la sola teoria scientifica (2) sul possesso qual titolo di diritti relativamente ai mobili. La teoria della presunzione oltre che non ha fondamento positivo perchè crea una presunzione legale come abbiamo rilevato, ed era nostro dovere, prima di tutto, oltre che non ha fondamento logico per una quantità di buone ragioni dette benissimo dal Tartufari (3) ed inutili a ripetersi (4), con

(1) Cod. civ. franc., art. 2279.

(2) Riassunta dall'ampia esposizione che ne fa Assuero Tartufari: Del possesso qual titolo di diritti. Torino, 1878-79; vol. I, nn. 47 a 49, 69, 94.

(3) Ivi, 85, 87 a 90.

(4) È prezzo dell'opera mostrare, se ne sia il caso, la irragionevolezza di un vera presunzione legale; ma quando si è veduto che la immaginata presunzione non esiste, dimostrare che, ove esistesse, non sarebbe logica, è tempo perduto.

fonde, come le altre teorie della prescrizione istantanea (1) e del possesso qual modo originale di acquisto (2), il possessore a quo col terzo, l'autore coll'avente causa, e riferisce a quest'ultimo la voce possesso dell'articolo 707 che dev'essere riferita al primo (3).

§ 6.

Il giudice è chiamato ad applicare la legge quale è fatta dal legislatore.

Ecco un principio non suscettibile di eccezione, applicabile ad ogni materia del diritto. Ed eccone due conseguenze importantissime quanto alla materia che noi trattiamo:

1° Il giudice non può creare presunzioni legali (4).

2o Il giudice non può disconoscere le presunzioni stabilite dalla legge. « Dal momento che egli riconosce come legalmente stabilita l'esistenza dei fatti o degli atti ai quali la legge annette una presunzione di diritto, non può contraddire la conseguenza che la legge ha avuto cura di trarre essa medesima, e rifiutarsi di applicarla sotto pretesto che, a causa di circostanze particolari essa urta contro la ragione e l'equità. Altrimenti egli violerebbe la legge » (5).

(1) Marcadé, V, c. V, sez. IV, § 5; Dalloz, voce Préscription, 264 ss.; Mattirolo, III, 350.

(2) Troplong, Della prescrizione. Palermo, 1858; nn. 1040 ss.; Laurent, XXXII, 542; Mattirolo, I, 212.

(3) Tartufari, op. cit., 84.

(4) V. § 2o di questo capo.

(5) Larombiére, III, art. 1350, 1.

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