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CAPO III.

Valore probatorio delle presunzioni legali.

Circa la efficacia probante delle presunzioni stabilite dalla legge due principi fondamentali vogliono essere rilevati, e cioè:

1° La presunzione legale ha il valore di piena prova. 2° La presunzione legale ammette di regola la prova contraria.

$ 1.

Le presunzioni, legali o semplici, sono prove (1). Non si può dubitarne se si consideri la loro collocazione nel codice, quantunque il nostro abbia soppresso l'inutile articolo 1316 del francese, dove i mezzi di prova sono enumerati. E come gli atti scritti, le testimonianze e via via, così le presunzioni sono prove non solo dei rapporti obbligatori e del loro scioglimento (2) ma di qualsiasi fatto donde alcuno voglia trarre un diritto (3).

Se non che rispetto al valore probatorio è non piccola differenza tra le presunzioni della legge e quelle dell'uomo. In verità mentre le ultime hanno un valore tutto relativo alle particolari circostanze della causa, talchè la loro forza probante (della quale è rimesso alla coscienza del giudice l'apprezzamento) varia da caso a caso secondo la natura dei fatti e la qualità delle persone, le presunzioni legali per contrario hanno un valore certo,

(1) V. parte I, cap. I, §§ 1, 3; cap. III, § 1, in fine; cap. IV; cfr. anche: Menochius, lib. I, q. XXXVI ss.

(2) Art. 1312.

(3) V. parte I, cap. I, § 1; cap. IV.

assoluto, prestabilito dalla legge medesima, il valore di piena prova, cioè di prova sufficente a far ritenere per vero il fatto allegato, sempre che non sia distrutta da prova contraria (1). È il principio stabilito dall'articolo 1352: « La presunzione legale dispensa da qualunque prova quello a cui favore essa ha luogo ». E così chi la invoca deve provare soltanto che essa ha luogo, cioè provare i fatti sui quali è fondata (2). Alla parte avversa spetta di diritto la prova contraria all'esistenza di questi fatti, e cioè all'esistenza della presunzione medesima.

Il principio stabilito dall'articolo 1352 è generale, ossia applicabile senza eccezione a tutte le presunzioni legali e nei riguardi dell'attore come del convenuto (3). Infatti la legge non distingue nè v'ha ragione di distinguere. Applicabile il principio a tutte le presunzioni legali, poichè tutte hanno la stessa natura, tutte sono illazioni dal noto all'ignoto per via di probabilità e per ragione di pubblico interesse, illazioni onde la legge stessa dichiara che il fatto litigioso è provato. Applicabile il principio nei riguardi dell'attore come del convenuto perchè è regola generale che chi allega un fatto da cui debba risultare un diritto serva questo di base all'azione od all'eccezione, deve dare la prova di quel fatto (4). Ora la prova può darsi con una presunzione legale, dunque questa giova all'attore come al convenuto. Così che l'effetto delle presunzioni legali si può riassumere in questa formula: esse fanno prova. Mentre l'altra formola da molti prediletta che le presunzioni della legge addossano l'onere della prova all'avversario non è generale perchè non può adattarsi alle presunzioni assolute contro le quali è negata ogni prova (5).

(1) Arg. art. 1353.

(2) V. parte II, cap. II, § 4.

(3) Cfr.: Menochius, lib. I, q. XXXIII.

(4) V. parte I, cap. IV.

(5) V. il capo seguente.

§ 2.

La presunzione della legge ammette di regola la prova contraria (1). È un principio di diritto razionale e di diritto positivo. Di diritto razionale perchè è conseguenza di un altro principio più generale secondo cui qualunque prova ammette la prova contraria perchè la certezza che segue dalla dimostrazione di un fatto è sempre relativa, ed in tanto sta in quanto la dimostrazione dell'opposto non venga ad eliminarla. Si aggiunga che la presunzione ha per fondamento un calcolo di probabilità, laonde sarebbe contro ragione il divieto della prova tendente a mostrare che la probabilità astratta vien meno nel caso concreto. La probabilità che così sia la cosa deve cedere di fronte alla certezza relativa od alla maggiore probabilità che sia altrimenti, il vero vince il verosimile. Questo principio è anche di diritto positivo (2): « Non è ammessa veruna prova contro la presunzione legale quando sul fondamento di essa si annullano certi atti o si nega l'azione in giudizio, salvo che la legge abbia riservato la prova in contrario » (3). Ne segue, ragionando e contrario che tutte le presunzioni legali non appartenenti a queste due categorie (e qualcuna anche che vi appartiene, secondo le ultime parole dell'articolo) sono suscettibili di prova contraria. Questa dunque è ammessa di regola, vietata per eccezione (4).

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(1)« Semper contra praesumptionem admittitur contrario probatio, nisi lex expressim eam reijiciat ». Menochius, lib. I, q. LX, 2; cfr.: Pothier, Pand., L, XVI; e le ll. 6, D., De his qui sui vel. al. jur. sunt, I, Vl; 24, D., De prob. et praes., XXII, III.

(2) Cfr.: art. 229 cap. del cod. proc. civ.

(3) Art. 1353.

(4) C. Firenze, 10 giugno 1874, Viviani c. comune di Firenze, Legge, 1874, I, 841; T. Trani, 27 febbraio 1878, Aglieta c. Salomone, R. giur. Trani, 1878, 548.

Prova contraria, s'intende, alla verità del fatto che sarebbe presunto, non alla ragionevolezza della presunzione. In altri termini: si prova che nel caso concreto la conseguenza dal fatto noto all'ignoto non può dedursi, che non esiste tra i due fatti la supposta relazione, ma non si può provare che la conseguenza è falsa, che la relazione è illogica perchè sarebbe combattere la legge, correggere il legislatore (1). Per esempio, contro la presunzione di pagamento degli interessi quando sia rilasciata quitanza pel capitale senza riserva dei medesimi (2) è ammessa la prova che il pagamento non ebbe luogo, non già la prova che la presunzione sia erronea, che la legge deduca una conseguenza falsa o troppo arrischiata dal tenore della quitanza, che sia illogico il rapporto dalla legge supposto tra il rilascio di siffatta quitanza e il pagamento degli interessi.

La prova contraria alle presunzioni legali si fa con tutti i mezzi riconosciuti dalla legge nella estensione accordata alla loro ammissibilità dalle disposizioni generali sulle prove. Poichè, salvo casi eccezionali, il codice non fa restrizione alcuna nè la logica del diritto trova ragione di farne. Anzi quanto alle prove dirette si può dire che a ben forte ragione esse debbono ammettersi, nella estensione che loro accorda la legge, contro le presunzioni, le quali non sono che prove congetturali. Nella estensione che la legge accorda all'ammissibilità delle prove, abbiamo detto, cioè juxta subiectam materiam. Perchè se ad una prova siano segnati dei limiti, nei casi in cui è vietata da un generale disposto non potrà esperirsi nemmeno per combattere una presunzione. Così essendo rilasciata quitanza

(1) V. parte II, cap. II, § 6.

(2) Art. 1831.

pel capitale senza riserva degli interessi, i quali eccederebbero l'ammontare di lire cinquecento, la presunzione del loro pagamento (1) non potrà essere combattuta dalla prova testimoniale (2).

Se lo sperimento della prova contro le presunzioni legali è regolato dalle norme generali del diritto probatorio, ne segue che presunzioni semplici, nei limiti di loro ammissibilità, possano validamente combattere presunzioni legali. « Praesumptio hominis validior tollit praesumptionem legis debiliorem » insegnò il padre della nostra dottrina (3). Ma taluno vorrebbe l'opposto. << Non vi è che una prova contraria propriamente detta che possa far tacere la presunzione stabilita dalla legge a meno che la legge non abbia essa stessa stabilite alle presunzioni che possano operare questo effetto..... Così anche nel caso in cui la legge permette al magistrato di giudicare su semplici presunzioni, queste non bastano per distruggere una presunzione stabilita dalla legge » (4). È la teoria sostenuta in Francia dal cancelliere d' Aguesseau (5) e dal procuratore generale

(1) Art. 1834; v. parte II, cap. V, § 5, in fine.

(2) Art. 1341.

(3) Menochius, lib. I, q. XXX, 6; ed altrove: « Praesumptio hominis interdum praevalet praesumptioni legis, et eam cessare facit » (lib. I, q. XXXIII, 10).

(4) Toullier, V, lib. III, tit. III, sez. III, § 1.

(5) D'Aguesseau, (M. Le Chancelier), Œuvres. Tome second, contenant les plaidoyers prononcés au Parlement en qualité d'avocat général dans les années 1691, 1692, 1693. Paris, MDCCLXI. Vingttroisième plaidoyer, pag. 541. Il D'Aguesseau sostiene veramente che le presunzioni della legge non possono essere combattute da presunzioni dell'uomo. Ed hanno torto il Marcadé (III, art. 1352) ed il Bonnier (737) di credere che egli si riferisca solo alla presunzione di paternità. Le parole del D' Aguesseau accennano ad un principio generale, che è poi applicato ad una speciale presunzione. Il cancelliere osserva che la presunzione pater est quem nuptiae demonstrant soffre talvolta la prova contraria, ed allora egli si domanda: « Ma

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