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seche, fuor delle quali gli atti medesimi per loro stessi cioè per la loro qualità sarebbero pienamente validi.

La enumerazione dell'articolo 1350 è semplicemente dichiarativa, come risulta dalla lettera dell'articolo (tali sono etc.), e dal fatto che molte presunzioni legali non vi sono comprese. Citiamo ad esempio: la presunzione di paternità derivante dal matrimonio (1), quella di vitalità per chi è nato vivo (2), di assenza per chi ha cessato di comparire nel luogo dell'ultimo suo domicilio senza che se ne abbiano notizie (3), la presunzione che il contratto abbia una causa (4), che il termine sia stipulato in favore del debitore (5), che il mandato civile sia gratuito (6), che l'obbligazione commerciale sia in solido (7), e via via.

L'articolo 1350 del codice francese, seguito dai vecchi codici parmense (8), estense (9), sardo (10), e delle due Sicilie (11), aggiunge alla esemplificazione mantenuta nel corrispondente articolo 1350 del codice italiano un quarto numero: « la forza che la legge då alla confessione o al giuramento della parte » (12).

(1) Art. 159.

(2) Art. 724 cap.

(3) Art. 20.

(4) Art. 1121.

(5) Art. 1175.

(6) Art. 1739.

(7) Cod. comm., art. 40. pr.

(8) Art. 2314.

(9) Art. 2392.

(10) Art. 1463.

(11) Art. 1304.

(12) Cfr.: 1. 56, D., De re judic., XLII, I :« Post rem judicatam (vel) jureiurando decisam, vel confessionem in jure factam, nihil quaeritur post orationem D. Marci: quia in jure confessi pro judicatis habentur ».

Ora è senza dubbio lodevole la soppressione di queste parole men che esatte, buone ad ingenerare l'equivoco, contradditorie ad altre disposizioni del codice le quali pongono la confessione ed il giuramento tra le prove. E prove dirette sono queste, anzi, come notano gli stessi autori francesi, le più dirette che si possano immaginare perchè è la parte interessata che riconosce essa medesima la verità del fatto litigioso (1). Tuttavia il Mattirolo giudica soltanto apparente la contraddizione fra gli articoli 1350 n. 4° e 1316 del codice francese (2), nell'un dei quali si danno la confessione ed il giuramento ad esempio di presunzioni legali, nell'altro si annoverano fra le prove. E dice che << siffatta apparente contraddizione, vivamente censurata dagli scrittori francesi, si spiega ponendo mente al doppio elemento onde si compone la confessione (e il giuramento, che è una confessione giurata con effetti particolari). In verità la confessione, considerata unicamente sotto l'aspetto logico, è una prova propriamente detta, è la testimonianza della parte in quanto invece la si consideri nel suo elemento convenzionale, essa è una presunzione, perocchè la legge presuma che il convenuto abbia rinunciato alle eccezioni che per avventura gli competessero, di guisa che sia a ritenersi per convenzionalmente vero quanto fu confessato » (3). Ingegnosa e sottile spiegazione, la quale per altro nulla toglie al merito del legislatore italiano, che svincolando dal novero delle presunzioni legali la confessione ed il giuramento le ha presentate in modo non dubbio come prove dirette, quali sono in realtà secondo la loro natura, e come prove indipendenti, accanto agli atti scritti, alle testimonianze ed alle stesse presunzioni.

(1) Bonnier, 736; Demolombe, XIV, 235; Marcade, 111, art. 1350; Mourlon, 11, 1615; Laurent, XIX, 611..

(2) L'articolo 1316 fu soppresso dal legislatore italiano. (3) Mattirolo, 11, 550, nota 1.

Noi abbiamo tentata nella prima parte del nostro lavoro (1) una classificazione completa delle presunzioni legali secondo il criterio del loro obbiettivo giuridico. L'esame delle presunzioni singole stabilite nei codici e nelle leggi, opera che richiederebbe la dottrina di un nuovo Menochio, esula dal campo della teoria generale. Basterà presentare riunite sotto le rispettive categorie un certo numero di queste presunzioni a ciò paia manifesto come si adattino alla classificazione generale che abbiamo proposta.

§ 2.

Presunzioni che hanno per obbiettivo

di impedire la formazione d'un rapporto giuridico.

Sono di questa categoria due presunzioni delle quali abbiamo fatto cenno altra volta. Nel sistema del codice esse appartengono al primo gruppo indicato dall'articolo 1350 (2), ed alla prima delle categorie delineate nell'articolo 1353 (3). Sono presunzioni sul fondamento delle quali la legge annulla certi atti come fatti in frode delle sue disposizioni o di terzi interessati, negando nel primo caso, riservando nel secondo la prova contraria. Alludiamo al combinato disposto degli articoli 773 e 1053 del codice civile, ed all'articolo 709 del commerciale. La presunzione di frode ond'è nullo l'atto, ha per obbiettivo di impedire che si formino rapporti giuridici contrari alla legge o lesivi dell'altrui diritto.

1. La disposizione testamentaria o la donazione a vantaggio delle persone incapaci di ricevere per testamento e per donazione nei casi e nei modi stabiliti dagli articoli 767 a 772 è

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nulla ancorchè sia fatta sotto nome d'interposta persona. « Sono riputate persone interposte il padre, la madre, i discendenti e il coniuge della persona incapace » (1).

Non è esclusa tuttavia la possibile esistenza di altre interposizioni che si dimostrano con ogni mezzo idoneo a svelare la frode contro la legge, anche con semplici congetture (2). Ma come le presunzioni legali sono di diritto singolare, non si vuole estendere il capoverso dell'articolo 773 ad altre materie che non siano quella delle successioni (3). Onde fu giudicato non potersi considerare persone interposte i figli minorenni di un consigliere comunale, ai quali sia stato deliberato l'acquisto dei beni del comune (4). '

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2. Tutti gli atti, i pagamenti e le alienazioni fatte in frode dei creditori, in qualunque tempo abbiano avuto luogo, devono essere annullati secondo le disposizioni dell'art. 1235 del codice civile ».

« Si presumono fatti in frode dei creditori, e in mancanza della prova contraria sono annullati rispetto alla massa dei creditori, qualora siano avvenuti posteriormente alla data della cessazione dei pagamenti; ›

1° tutti gli atti, i pagamenti e le alienazioni a titolo oneroso, quando il terzo conoscesse lo stato di cessazione dei pagamenti in cui si trovava il commerciante, benchè non ancora dichiarato fallito;

(1) Diritto romano, cfr.: 1. 7, § 6; 5, § 2, D., De don. inter vir. et uxor., XXIV, I; 1. 4, C., eod. tit. V, XVI.

(2) C. Roma, 8 marzo 1877, Ferrara c. Borgnana e Romagnoli, Legge, XVII, I, 383.

(3) V. parte II, cap; II, § 3.

(4) Cons. di Stato, 25 novembre 1882, Com. di Compiglia Cervo, Foro it., 1883, 111, 88.

2° gli atti e i contratti commutativi in cui i valori dati o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassino notevolmente ciò che a lui è stato dato o promesso;

3° i pagamenti di debiti scaduti ed esigibili che non siano stati eseguiti con danaro o con effetti di commercio;

4° i pegni, le anticresi e le ipoteche costituite sui beni del debitore.

La stessa presunzione ha luogo per gli atti, i pagamenti e le alienazioni a qualunque titolo avvenuti nei 10 giorni anteriori alla dichiarazione di fallimento, anche in difetto degli estremi sopra enunciati» (1).

Basta la costruzione logica e grammaticale dell'articolo 709 a mostrare che gli atti ivi enumerati sono colpiti da una presunzione relativa di frode, relativa per ciascuna categoria degli atti stessi indistintamente (2). Quindi errò la corte d'appello di Venezia ritenendo che l'ipoteca costituita dopo la cessazione dei pagamenti sia senz'altro da annullarsi per una presunzione invincibile di frode. Errò e si contraddisse, perchè dopo avere notato che « non deve essere stata l'ipoteca costituita sui beni del debitore posteriormente alla data della cessazione dei pagamenti, in quanto che la legge altrimenti la presume data in frode dei creditori, ed in mancanza di prova contraria l'annulla rispetto a loro », proseguì: « nel soggetto caso fin d'ora può riconoscersi che siffatta nullità colpisce l'ipoteca..... perocchè fu appunto costituita dopo la cessazione dei pagamenti... La conoscenza dello stato di cessazione dei pagamenti richiesta dall'inciso n. 1 dell'articolo 709 per gli atti a titolo oneroso

(1) Cod. comm., art. 708, 709.

(2) A. Ancona, 21 ottobre 1885, Boni c. Albertini e Rieti, R. giur. bol., 1885, 329; A. Genova, 28 dicembre 1885, Nana c. Frugone, Dir. comm., IV, 240; A. Venezia, 16 settembre 1886, Gerometta c. fallim. Beltrame, Temi ven., 1886, 477.

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