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non è ripetuta dall'inciso n. 4 per la costituzione dell'ipoteca, alla quale per ciò resta estranea anche la prova contraria. In questa è ritenuta dalla legge la frode come insita nel fatto di dare ad un creditore, coll'ipoteca, una posizione più vantag giosa, dopo che con la cessazione dei pagamenti dovea la condizione di tutti i creditori restare fissata inalteratamente con la devoluzione di tutta la di lui sostanza al loro soddisfacimento. All'incontro negli atti onerosi di pagamento, di alienazione o di altra prestazione si ha un corrispettivo che fa venir meno il vantaggio di un solo creditore a pregiudizio degli altri » (1). Ora qui si confonde, come rileva opportunamente il Bolaffio (2), la prova della conoscenza della cessazione dei pagamenti da parte del creditore con la prova contraria alla presunzione della frode. Il Bolaffio nota che « la sola vera differenza fra il primo caso contemplato al n. 1 e i tre successivi dell'articolo 709 è questa; che nel primo caso, di atti, pagamenti ed alienazioni a titolo oneroso, è sufficente al creditore, per distruggere la presunzione di frode che sta contro di lui, dimostrare che egli non conosceva lo stato di cessazione dei pagamenti dell'altro contraente, appunto perchè si tratta di atti commutativi; mentre nei casi accennati nei tre numeri successivi questa ignoranza non basta, ma occorre offrire una prova diretta e prossima, esclusiva dell'elemento fraudolento, e cioè della intenzione da parte del debitore di distruggere l'eguaglianza dei creditori a vantaggio di un creditore, e da parte di questo di avere scientemente prestata la propria cooperazione, unicamente a raggiungere tale scopo obliquo ». E sarebbe anche più esatto il dire che la sola vera differenza fra il caso contemplato dal numero 1o ed i casi contemplati dai numeri 2o, 3o e 4o è questa:

(1) A. Venezia, 16 luglio 1886, fallim. Zumino c. Mian, Foro it., 1886, I, 634.

(2) Nota alla sent., Foro it., ivi.

Ramponi

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che nel primo caso gli atti, i pagamenti e le alienazioni a titolo. oneroso si presumono fatti in frode dei creditori solo quando il terzo conoscesse lo stato di cessazione dei pagamenti, ed allora sono annullati in mancanza della prova contraria alla presunzione di frode; mentre (per argomento ex adverso dal n. 1o) gli atti indicati nei numeri 2o, 3o e 4o si presumono fatti in frode dei creditori anche quando il terzo ignorasse lo stato di cessazione dei pagamenti, ed anche allora sono annullati in mancanza della prova contraria alla presunzione di frode. Insomma la conoscenza dello stato di cessazione dei pagamenti è un estremo della presunzione stabilita nel numero 1° (1), la quale senza quell'estremo non esiste, mentre non è un estremo delle presunzioni stabilite nei numeri seguenti, le quali esistono indipendentemente da quel requisito. Ma sì la presunzione del n. 1° sì quelle dei numeri 2o, 3o e 4o sono ugualmente relative, come dichiara il principio dell'articolo.

Dunque le ipoteche costituite sui beni del debitore posteriormente alla data della cessazione dei pagamenti sono annullate rispetto alla massa dei creditori in mancanza della prova contraria alla presunzione di frode che le colpisce. Presunzione che colpisce le ipoteche convenzionali, non le ipoteche legali (2) nè le giudiziali (3).

(1) Cfr. il capoverso dell'art.: La stessa presunzione ha luogo per gli atti, ecc.... anche in difetto degli estremi sopra enunciati »>. (2) A. Casale, 28 aprile 1884, Ghisalberti c. Bertucci, Giur. Cas., 1884, 232.

(3) A. Torino, 20 febbraio 1885, fallim. Flecchia c. Banca biellese, Annali, 1885, 232; A. Roma, 17 aprile 1886, Fiorentini c. fallim. Flamini, Temi Rom., 1886, 339.

§ 3.

Presunzioni che hanno per obbiettivo

di riconoscere la esistenza d'un rapporto giuridico o d'un fatto

da cui seguono determinati effetti giuridici.

1.

I.

Rapporto giuridico del massimo rilievo è la proprietà, il diritto reale per eccellenza. Ora vi sono casi nei quali la legge deduce da talune circostanze la proprietà comune od esclusiva (1). Si hanno così presunzioni il cui obbiettivo è di riconoscere la esistenza di questo rapporto giuridico. Ne citiamo alcune.

<< Qualsiasi costruzione, piantagione od opera sopra o disotto il suolo si presume fatta dal proprietario a sue spese ed appartenergli finchè non consti del contrario, senza pregiudizio però dei diritti legittimamente acquistati dai terzi » (2).

È il proprietario del suolo che ha diritto di costruire, di piantare, di far opere sopra o disotto il suolo e che vi ha interesse. È dunque nell'ordine naturale delle cose che la costruzione sia fatta da lui, e, come a suo profitto, così a sue spese, e gli appartenga. Finchè per altro non consti del contrario (3), potendo le costruzioni, piantagioni od opere essere state fatte

(1) Cfr.: art. 1350, 2°. (2) Art. 448. A. Genova, 8 febbraio 1879, Bosello, Parodi c. fallimento Abbondanza, Annali, 1879, 137. Diritto romano: cfr.: §§ 29,

31, J., rer. divis., II, I; 1. 3, § 7, D., Uti possid., XLIII, XVII.

(3) C. Torino, 10 giugno 1882, Caruzzo c. Moro e Congregaz. di carità di Bergamo, Cass. Tor., 1882, II, 203.

da un terzo con suoi materiali (1), ovvero dal proprietario (2) o da un terzo (3) con materiali altrui.

Ma non bisogna attribuire alla prova contraria una portata maggiore di quella che può avere di fronte alla ragione ed alla. legge. Si è creduto che in ogni caso la proprietà della costruzione, piantagione od opera fatta sul suolo altrui appartenga al terzo che dimostri di averla fatta a sue spese. Ma la cassazione di Napoli combatte questo errore: « Per l'articolo 446 tutto ciò che si unisce alla cosa appartiene al proprietario di essa, e quindi anche le costruzioni appartengono al proprietario del suolo per diritto di accessione, poco monta se eseguite dal proprietario medesimo o da un terzo. In questo secondo caso si costituisce verso il proprietario un rapporto di obbligazione, in forza del quale egli è tenuto a pagare un'indennità al costruttore, o anche, qualora le costruzioni siano state eseguite da un possessore di mala fede, a tollerare che le costruzioni siano tolte (art. 450). Soltanto nel caso contemplato nell'articolo 452, e quando concorrano le speciali circostanze ivi enunciate, l'edificio appartiene per intero al costruttore, coll'obbligo di pagare al proprietario del suolo il doppio del valore della porzione di terreno occupata oltre il risarcimento dei danni. I giudici di merito hanno invece ritenuto contro il tenore dell'articolo 450 che in ogni caso la proprietà di un edificio costruito sul suolo altrui appartenga al terzo, sol perchè sia dimostrato di essere stato da lui costruito, dando un'erronea intelligenza alle disposizioni contenute nell'articolo 448 » (4).

Le ultime parole di questo articolo proteggono i diritti legittimamente acquistati dai terzi. Onde fu deciso dalla corte

(1) Art. 450. (2) Art. 449. (3) Art. 451.

(4) C. Napoli, 5 marzo 1885, Esposito c. Cosenza, Foro it., 1885, I, 397.

d'appello di Napoli che non è lecito insorgere contro il creditore iscritto su di una casa edificata sul suolo del debitore, per dimostrare che la costruzione ebbe luogo a spese di un altro, ai creditori del quale se ne debba perciò il prezzo. E la cassazione confermando questo responso ne riassumeva le ragioni così: « La corte osserva: che nella graduazione a danno dei coniugi Izzo e Roma, concorrendo creditori dell'uno e dell'altro, i signori Medici e Spirito domandarono fosse loro attribuito, in base dell'articolo 448 codice civile, il prezzo di una casa detta Palazzo, come quella che comunque nel catasto apparisse in testa di Izzo pure era stata edificata su suolo proprio della loro debitrice signora Roma. Ora è su cotesta domanda che ha giudicato la sentenza denunziata accogliendola. Ed è stato giusto giudizio. Nel cennato articolo trovasi scritto: Qualsiasi costruzione sopra il suolo si presume fatta dal proprietario a sue spese, ed appartenergli; posto dunque che il suolo era della signora Roma, a fil di logica si è fatto luogo a simigliante presunzione. Vero è che l'articolo stesso soggiunge: finchè non consli del contrario; ma non è violando o fraintendendo cotesto inciso che la corte d'appello di Napoli ha posta dall'un dei lati la prova che Izzo pretendeva fare, di avere costruita la casa a sue spese, e ha detto a costui non competesse se non una salvezza di ragioni contro la signora Roma. Ella ha giudicato in tal modo fondandosi invece nell'altra parte dell'inciso stesso, ove si prosegue dicendo: senza pregiudizio però dei diritti legillimamente acquistati dai terzi; stantechè terzi eran di certo i creditori ipotecari della signora Roma massime rispetto ad Izzo ed alle sue pretese, e senza dubbio poi avevano essi, in base delle rispondenti iscrizioni, acquistato su la casa sopra cennata diritti, che non potevano venir meno per una postuma prova che Izzo ed i suoi creditori volevano tentare » (1).

(1) C. Napoli, 14 maggio 1886, Jacuzio c. Spirito, Gazz. proc., 1886, 175.

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