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del suo ultimo domicilio o dell'ultima sua residenza senza che se ne abbiano notizie si presume assente » (1).

Essa potrebbe avere buone ragioni per abbandonare il suo domicilio o la sua residenza, ed eventualmente per rimanere nascosta agli occhi di tutti. L'assenza è dunque soltanto presunta. Donde gli effetti giuridici indicati nel successivo art. 21, i quali poi vengono a complicarsi maggiormente decorrendo gli anni senza che la persona compaia o dia notizie di sè (2). Il difetto poi di notizie deve essere assoluto. E così non può ritenersi in istato di presunto assente chi notifica atti in proprio nome per difendersi e propone istanze riconvenzionali, malgrado che come si è nascosto per sottrarsi al giudizio penale, si sia reso contumace anche nel giudizio civile, non essendosi presentato nè costituito, con depositare il mandato, il procuratore nominato da lui (3).

Si noti per altro che nel sistema del codice italiano la morte dell'assente non è mai presunta nè giudizialmente dichiarata come avviene per il codice austriaco. Il quale stabilisce le seguenti presunzioni di morte: « Nel dubbio se taluno assente o mancante sia ancora in vita o no, si presumerà la sua morte soltanto nelle seguenti circostanze:

1° quando dalla sua nascita in poi sia trascorso un periodo di ottant'anni e da dieci anni s'ignori il luogo della sua dimora;

2o quando, senza riguardo al tempo decorso dalla sua nascita,

rimane ignoto per trent'anni compiuti;

3° quando egli essendo stato gravemente ferito in guerra o essendosi trovato a bordo di un bastimento nel tempo di suo

(1) Art. 20.

A. Casale, 24 aprile 1882, Morel c. De Benedetti, Bassi e Terzano, Giur. Cas., 1882, 210.

(2) Art. 22, 26, 36.

(3) A. Napoli, 12 marzo 1884, Banco di Napoli, De Mattia e Finanze, Gazz. proc., XIX, 81.

naufragio oppure in qualche altro imminente pericolo di morte, e contando da quell'epoca manchi per tre anni. In tutti questi casi può domandarsi e . . . . . decretarsi la dichiarazione di morte » (1).

Un'ultima avvertenza su questo tema. Come durante il matrimonio la patria potestà « è esercitata dal padre, e, se egli non possa esercitarla, dalla madre » (2), così « se il presunto assente lascia figli in età minore, la loro madre assumerà l'esercizio della patria potestà » (3).

Dunque a ciò la madre possa esercitare la patria potestà, e così stare in giudizio pei figli minori (4), non basta la lontananza del marito di lei, ma richiedesi la vera e legale assenza presunta. In difetto di questa, e continuando il padre a rimanere lontano dalla sua residenza ed trascurare la famiglia, si provvede a norma dell'articolo 233, ma non può ritenersi investita senz'altro la madre d'ogni potere (5).

2. La presunzione legale di paternità del marito e quella di legittimo concepimento riconoscono la esistenza di un fatto (figliazione legittima) da cui deriva tutto il complesso dei rapporti civili tra il marito della madre (padre presunto) ed il figlio.

« Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio »> (6).

« Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato non prima di cento ottanta giorni dalla celebrazione del matri

(1) Cod. austr., § 24.

(2) Art. 220, cap. 2°.

(3) Art. 46.

(4) Art. 224.

(5) A. Casale, 11 dicembre 1885, Pareto c. Ferrari, Legge, 1886, II, 132.

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(6) Art. 159. Diritto romano: 1. 5, D., De in jus voc., II, IV.

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monio nè dopo trecento dallo scioglimento o annullamento di esso» (1).

Sul fondamento di queste due presunzioni si nega l'azione in giudizio al marito ed ai suoi eredi per impugnare la legittimità del figlio nato in un certo periodo di tempo. Ma alla prima di esse la legge ha riservata prova in contrario (2), non alla seconda. Questa dunque è assoluta, l'altra è relativa (3). II marito ed i suoi eredi sono ammessi in certi casi a disconoscere la paternità del figlio concepito durante il matrimonio. Ma è inibita loro ogni prova la quale tenda a negare che sia stato concepito durante il matrimonio il figlio nato non prima di cento ottanta giorni dalla celebrazione, nè dopo trecento dallo scioglimento o dall'annullamento del matrimonio stesso.

La presunzione di paternità stabilita dall'articolo 159 ammette in contrario solamente la prova di certi fatti tassativamente determinati dalla legge.

1° Il marito può ricusare di riconoscere il figlio concepito durante il matrimonio col provare, che nel tempo decorso dal trecentesimo al cento ottantesimo giorno prima della nascita del figlio egli era nella fisica impossibilità di coabitare colla moglie o per causa di allontanamento, cioè di separazione tale che non consenta l'unione dei coniugi (4) o per effetto di altro accidente (5), come una ferita, una mutilazione od anche una malattia interna (6).

(1) Art. 160.

Diritto romano: 1. 12, D., De statu homin., I, V; 1. 3, § 12, D., De suis et legit. hered., XXXVIII, XVI; — 1. 3, § 11, D., hoc tit.; 1. 4, C., De post. her. inst., VI, XXIX.

(2) Art. 162 a 165.

(3) Art. 1353.

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V. parte II, cap. IV, § 2.

(4) C. Torino, 18 aprile 1882, Frugoni c. Barussi, Foro it., 1882, I, 853. (5) Art. 162. Diritto romano: 1. 6, D., De his qui suifvel al. jur. sunt., I, VI; 1. 1, § 14, D., De agnosc. et alend. lib. XXV, III.

(6) Giuseppe Buniva, Del diritto delle persone secondo il codice civile del regno d'Italia. Torino, 1871; II, pag. 12; - contro: Laurent, XIX, 368, ed autori ivi citati.

2° Il marito può anche ricusare di riconoscere il figlio concepito durante il matrimonio se nel tempo decorso dal trecentesimo al centottantesimo giorno prima della nascita viveva legalmente separato dalla moglie. Tale diritto non gli spetta quando vi sia stata riunione anche soltanto temporanea fra i coniugi »> (1).

La legge ha inteso « di esonerare il marito che vivesse legalmente separato dalla moglie nel momento del concepimento del figlio nato di poi, dal carico della prova di non esserne egli il padre. Provvida disposizione apparirà in vero codesta, ove si consideri che il padre nella data ipotesi ben potrà invocare a suo pro la presunzione di non paternità nascente dal fatto della separazione legale dalla moglie all'epoca del concepimento del figliuolo di lei, sicchè ingiusto ed arrischiato partito sarebbe per fermo il porre a suo carico la prova negativa dell'impugnata paternità » (2).

3' Il marito può ricusare di riconoscere il figlio allegando la sua impotenza manifesta (3).

4 Il marito può ricusare di riconoscere il figlio per causa di adulterio, ma solamente quando gli sia stata celata la nascita (4). In tal caso « nel fatto della moglie che si rassegna

(1) Art. 163. Diritto romano: cfr.: 1. 29, § 1, De prob. et praes., XXII, III. V. parte II, cap. IV, § 3, pag. 190-191.

(2) Relaz. (Vacca) al Re, 11.

(3) Art. 164. Diritto romano: citata 1. 6, D., De his qui sui, ecc. (4) Art. 165. Diritto romano: il marito non poteva ricusare di riconoscere il figlio per causa di adulterio, « non utique crimen adulterii, quod mulieri obiicitur, infanti praeiudicat: cum possit et illa adultera esse, et impubes defunctum patrem habuisse », l. 11, § 9, D., Ad leg. Jul. de adult., XLVIII, V. Ma se la moglie divorziata non denunziava la gravidanza a quello che era stato suo marito o ricusava di ricevere i custodes da lui mandati, egli era ammesso a provare i fatti escludenti la paternità. L. 1, §§ 6, 13, 14, D., De agnosc. et al. lib., XXV, III.

all'umiliazione di un parto segreto e al dolore amarissimo di condannare anche prima del nascere la propria prole, la legge ravvisa la manifestazione dell'intima coscienza di una donna non solo colpevole ma persuasa dalle circostanze da lei conosciute che il marito non è l'autore del concepimento: onde segue che la notizia del parto pervenuta al marito senza la volontà della moglie, nulla detrae al carattere legale del celamento, perciocchè la legge considera il fatto della moglie, non la scienza del marito: il fatto della moglie ritiene lo stesso significato, esprime lo stesso giudizio, benchè il marito abbia altrimenti acquistato quella notizia che la donna intendeva negargli. Non è tuttavia impossibile che, anche avendo fondata ragione di credere legittimo il concepimento, una donna timida si risolva a celare intanto la nascita per cansare i primi impeti di un marito geloso o giustamente insospettito o sdegnato: onde segue che se le circostanze del caso escludono la possibilità del timore, se la donna si trovi nel possesso di fatto della propria libertà, se si dimostri baldanzosa, provocante ed audace, la presunzione dedotta dal fatto di celare la nascita, lungi dallo scemare di valore acquista il massimo grado di forza: perciocchè escluso il timore, il fatto della moglie che si risolve di celare il parto siccome illegittimo non si saprebbe spiegare altrimenti che come l'effetto dell'evidenza, della notorietà, di un resto di pudore, come l'effetto irresistibile di una coscienza imperiosa » (1).

Tuttavia l'adulterio ed il celamento della nascita non sono condizioni, verificate le quali il padre possa senz'altro disconoscere il figlio, ma sono condizioni per l'ammissibilità delle prove tendenti ad escludere la paternità (2).

Il marito è ammesso a provare con ogni genere di prova,

(1) Pescatore, in una decis. (18 dicembre 1862, Zolesi utrinque), riport. nella Logica del dir., p. II, c. XII, § 1.

(2) Discuss. parlam., 133.

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