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anche con presunzioni semplici (1), e nel giudizio stesso in cui propone il suo richiamo, così i fatti dell'adulterio e del celamento come tutti gli altri tendenti ad escludere la paternità. Ma la sola confessione della madre non basta ad escludere la paternità del marito, perchè « se alla dichiarazione di chi rinnega la sua maternità si desse ascolto, spesso si vedrebbe coronata l'impudenza e la disonestà, e nella maggior parte dei casi si vedrebbero compromessi i diritti santissimi dei figli » (2).

Si può avere conflitto di presunzioni nel caso che una donna passata a seconde nozze dia alla luce un figlio non dopo i trecento giorni dallo scioglimento o dall'annullamento del primo matrimonio nè avanti i cento ottanta dalla celebrazione del secondo. Di questo caso diremo in altro luogo (3).

Una vedova partorisce qualche giorno dopo la morte del marito, e partorisce di nuovo quando non sono ancora trascorsi trecento giorni dallo scioglimento del matrimonio (4). A rigore il secondo figlio dovrebbe presumersi del marito defunto. Tuttavia noi crediamo veramente col Demolombe (5) che questo caso eccezionale se è nella lettera della legge non sia nello spirito, e che il secondo figlio debba ritenersi un figlio naturale o del nuovo marito se concepito durante un secondo matrimonio della madre.

A questa conclusione noi veniamo con un argomento fortissimo

(1) Pescatore, loc. cit.; Buniva, op. cit.: II, pag. 15.

(2) Discuss. parlam., 133.

(3) Capo seguente, §§ 1, 2.

(4) È lo stesso caso quello dell'annullamento.

(5) III, 92.

che manca al Demolombe. Per il codice italiano come per il francese << non può contrarre nuovo matrimonio la donna se non decorsi dieci mesi dallo scioglimento o dall'annullamento del matrimonio precedente . . . », e qui finisce l'articolo 228 del codice francese.

Ma l'articolo 57 dell'italiano aggiunge: « Cessa questo divieto dal giorno che la donna abbia partorito ». Il che vuol dire che da quel giorno manca la ragione del divieto, cioè il timore di una confusione di parto. Dunque, secondo lo spirito della legge, il figlio che nasce dopo quel giorno non è del marito defunto, ma è un figlio naturale o del nuovo marito.

Il seguente caso ha dato luogo in Francia a grave controversia ed a sentenze discordi. Nasce un figlio nei trecento giorni dopo la morte del marito di sua madre, ed è riconosciuto dalla madre e da un Tizio come loro figlio naturale, e poi anche legittimato per susseguente matrimonio. Questo figlio deve attribuirsi al primo od al secondo marito? La corte di Parigi ragionò così. Poichè il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio e si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato non dopo trecento giorni dallo scioglimento di esso, il padre nel caso nostro è il primo marito, salvo che gli eredi di lui ne impugnino la paternità per una delle cause ammesse dalla legge. La presunzione di paternità non può essere distrutta che dal disconoscimento; il riconoscimento, la legittimazione non possono togliere al figlio uno stato che gli deriva dalla legge (1).

Questo responso della corte di Parigi è, a nostro avviso, perfettamente logico. Tuttavia la cassazione francese, poi la corte

(1) Parigi, 16 luglio 1839; v. Dallos, XXXV, voce paternité, n. 94; Laurent, III, 389.

di Orléans pronunciarono altrimenti. Il figlio riconosciuto e legittimato era morto in possesso dello stato di figlio legittimo del secondo marito. Questo stato non può essergli tolto, giudicarono le due corti, dalla presunzione che attribuisce il figlio al primo marito. È una presunzione stabilita per proteggere il figlio nato nei trecento giorni dallo scioglimento del matrimonio, non si può dunque invocare contro il figlio che è in possesso di un altro stato, perchè sarebbe rivolgere contro di lui una presunzione stabilita in suo favore (1).

Il Demolombe viene alla stessa conclusione (2). Il Laurent distingue. Se il figlio è in causa egli può scegliere delle due figliazioni quella che vuole. Può dire: io sono e voglio restare figlio del secondo marito di mia madre; non mi si opponga che sono figlio del primo marito in virtù di una presunzione legale. Questa è stabilita nel mio interesse, io avrei il diritto d'invocarla, nessuno ha il diritto d'impormela. Se il figlio è morto in possesso dello stato di figlio legittimo del secondo marito, senza aver mai reclamato lo stato di figlio legittimo del primo marito, la sua scelta è fatta, niuno ha il diritto d'imporgli una figliazione che egli non ha voluta (3).

Noi crediamo non si possa accettare altra teoria che quella della corte di Parigi. Il figlio che nasce nei trecento giorni dallo scioglimento del matrimonio si presume concepito durante il matrimonio ed ha per padre il defunto marito della madre. Gli eredi del marito possono impugnare la legittimità del figlio, ma solamente gli eredi del marito e per le sole cause ammesse dalla legge. E come le presunzioni dell'articolo 160 sono assolute, gli eredi del primo marito impugnando la legittimità dimostreranno

(1) Corte di cassazione, 23 novembre 1842; corte di Orléans, 10 agosto 1843; Dalloz e Laurent, loc. cit. nella nota precedente. (2) III, 96.

(3) Laurent, III, 389.

che il figlio non è stato concepito per opera del marito, ma nessuno potrà mai dimostrare che non sia stato concepito durante il matrimonio. Quel figlio dunque o è del primo marito o è adulterino. Non monta che le presunzioni dell'articolo 160 siano stabilite nell'interesse della prole. Se il figlio è del primo marito a nulla giova il riconoscerlo per figlio naturale ed il legittimarlo con susseguente matrimonio, se è adulterino non si può nè riconoscere (1) nè legittimare (2).

In senso conforme ai principi che svolgemmo sui limiti di efficacia della legge nel tempo (3) giudicò la cassazione di Torino: << La legittimità o illegittimità della figliazione va giudicata secondo la legge sotto il cui impero ebbe luogo la nascita, non secondo altra legge anteriore o posteriore. La condizione di figlio legittimo dipende dal verificarsi di certe circostanze, di certi estremi di fatto relativi alla nascita, che da ogni legge sono tassativamente determinati, e ai quali la legge associa la presunzione di legittima procreazione. È dunque di palmare evidenza che la legittimità, come conseguenza diretta di codesti fatti, non altrimenti può essere giudicata che alla stregua di quella legge sotto il cui impero i fatti si sono avverati. Abolita una legge, essa non conserva il suo dominio che sui rapporti giuridici creati da fatti avvenuti mentre essa era ancora legge imperante, e che costituiscono, per le persone, cui essi riguardano, diritti acquisiti. Ma di diritti acquisiti non può parlarsi nè a favore nè contro persone non ancora esistenti, ed in base a fatti non ancora avverati. Ora prima della nascita potrà bensì esservi idealmente un nascituro che per finzione di legge, per

(1) Art. 180, 1o, (cod. franc. 335).
(2) Art. 195, (cod. franc., art. 331).
(3) Parte I, cap. VII, § 1.

determinati fini, e sempre nel suo solo interesse è considerato persona (1), ma ancora non esiste un figlio, ancora non si sono avverati quei fatti dai quali dipende la sua condizione di figlio legittimo o illegittimo » (2).

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3. Altre presunzioni legali di questa categoria sono stabilite dagli articoli 674 pr. (3), 687 (4), 691 (5), 692 (6), 702 (7), 724 cap. (8), 924 (9), 1127 (10), 1586 (11), 1638 (12) del codice civile, e dagli articoli 13 cap. 1°, 46, 55 cap. 2°, 65, 75, 112 cap., 393, 399 cap., 633 cap. 2° del codice di commercio.

(1) 1. 7, D., De statu hom., I, V.

(2) C. Torino, 22 ottobre 1881, Marasini c. Ida-Rosa e De Vitalis, Legge, 1882, I, 190. - Confor.: Gabba, Teoria della retroattività delle

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leggi. Pisa, 1868-74; II, c. VI, § 8 a.

(3) C. Torino, 4 marzo 1881, Guillet c. Com. Charnois, Giur. Tor., 1881, 388.

(4) C. Palermo, 17 agosto 1886, Bruno Modica c. De Naro Papa, Legge, 1887, I, 36. Dir. rom.: cfr. § 4, J., De interd., IV, XV;

1. 126, § 2; 128 pr., D., De reg. jur., L, XVII; 1. 5, C., De acq. et ret. poss., VII, XXXII cbn. colla 1. 18 pr., D., De vi et vi arm., XLIII, XVI.

(5) Dir. rom.: cfr. 1. 8, D., De acquir. vel amitt. possess., XLI, II; 1. 153, D., De reg. jur., L, XVII.

(6) C. Torino, 27 marzo 1884, Quattrini c. Terzoni, Giur. Tor., 1884, 440.

(7) A. Trani, 20 febbraio 1880, Di Padova c. Fini, Legge, 1880, I, 507. Dir. rom.: cfr. 1. un., D., De usuc. transform., VII, XXXI. (8) A. Genova, 17 maggio 1886, Aicardi c. Aragosto, Foro it., 1886, I, 1194.

(9) V. parte I, cap. III, § 1, pag. 23 a 29.

(10) T. Bologna, 31 luglio 1885, Turchi c. Losi e Gavani, R. giur. bol., 1885, 278. Dir. rom.: 1. 51, D., De prob. et praes., XXII, III; cfr. pure 1. 17, § 5, D., De pact., II, XIV; 1. 13, C., De contr. et comm. stipul., VIII, XXXVIII.

(11) C. Palermo, 12 luglio 1878, Bolasco c. Li Destri, Circ. giur., 1879, 29.

(12) Dir. rom.: cfr. 1. 30, § 3, 1. 51, § 1, D., Locati conducti, XIX, 11.

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