Obrázky na stránke
PDF
ePub

professione la quale ha per oggetto di trattare gli affari altrui dietro compenso lascia supporre per reciproco tacito consentimento delle parti il diritto ad una retribuzione (1).

E quanto al contratto per prestazione d'opere di arti liberali è notevole il giudicato della corte suprema regolatrice: «Se la prestazione di opere di arti liberali mal s'adagia nell'angusta specificazione delle locazioni di opere fatta dal codice civile italiano (articolo 1627) sulle orme del francese (articolo 1779), molto meno essa corrisponde al tipo del mandato che è di sua natura gratuito e revocabile. Il diritto ad un compenso proporzionato, riconosciuto già come regola ordinaria anche pei professori di arti liberali, e la esclusione della precarietà dell'incarico, valgono non ad abbassare ma a garantire il più nobile lavoro dell'ingegno, il quale non isdegna per quei rapporti il vincolo di comunanza con le arti più umili in una società civile che ha proclamato sacro il lavoro in tutte le sue forme » (2).

8. L'articolo 3 del codice di commercio determina gli atti che hanno, secondo la legge, il carattere intrinseco, obbiettivo, di atti commerciali. Ed il successivo articolo 4 stabilisce questa presunzione:

« Si reputano inoltre atti di commercio gli altri contratti e le altre obbligazioni dei commercianti, se non sono di natura essenzialmente civile o se il contrario non risulti dall'atto stesso » (3).

È la presunzione legale, come dice il Manara, « che tutti gli

(1) A. Casale, 16 aprile 1884, Calliano-Vitale c. Spantigati, Giur. Cas., 1884, 198.

(2) C. Roma, 17 dicembre 1878, Serra c. Durazzo Pallavicini e Pedrelli, Foro it., 1879, I, 14.

(3) V. parte II, cap. II, § 5.

atti giuridici di un commerciante che possono avere riferimento o attinenza al suo esercizio commerciale, a questo effettivamente abbiano riferimento o attinenza, se l'atto stesso non dimostra il contrario » (1).

Ma non sappiamo davvero perchè lo stesso Manara si affanni a dimostrare che questa presunzione è assoluta. Egli vuole ad ogni costo che sia tale nel senso che « la presunzione del riferimento al commercio, ossia della commercialità degli atti giuridici dei commercianti non sorge (si reputano... se non... o se il contrario non...) se non quando il riferimento sia possibile e non sia in fatto escluso dall'atto stesso, ma una volta sorta non ammette alcuna prova in contrario. Quando esistano le volute condizioni (che non abbiano natura essenzialmente civile e che il contrario non risulti dall'atto stesso) tutti gli atti giuridici dei commercianti diversi dagli atti di commercio obbiettivi, si reputano, prescrive imperativamente la legge, atti di commercio; e all'interprete ed al magistrato non è dato di tor forza in qualsiasi modo ad un'esplicita, imperativa dichiazione del legislatore. Si tratta dunque di una vera presunzione juri et de jure..... » (2). Ora questa conclusione si abbatte con un ragionamento semplicissimo. Le presunzioni juris et de jure sono quelle sul fondamento delle quali la legge annulla certi atti o nega l'azione in giudizio (3), e la presunzione di cui ragioniamo non è nè delle prime nè delle seconde. Ma se il Manara avesse pensato che le presunzioni alle quali la legge riserva certe prove in contrario non ne ammettono altre (4) avrebbe capito che per esprimere il suo concetto non importava

(1) Ulisse Manara, Gli atti di commercio secondo l'articolo 4 del vigente codice commerciale italiano. Torino, 1887; n. 35.

(2) Manara, op. cit., 35, 97 a 100.

(3) Art. 1353 del cod. civ. cbn. coll'art. 1 cap. del cod. comm. (4) V. Parte II, cap. III, § 2, pag. 173 in fine.

fare quel ragionamento. L'articolo 4 in sostanza vuol dire: Si reputano (si presumono) inoltre atti commerciali tutti gli altri contratti e le altre obbligazioni dei commercianti, salva la prova contraria, che si fa o dimostrando la natura essenzialmente civile dell'atto o dimostrando che dall'atto stesso risulta il contrario di quella presunzione. La quale dunque non si può combattere con altre prove.

È come quando la legge dice: « Tutti i fossi tra due fondi si presumono comuni se non vi è titolo o segno in contrario » (1). Si potrebbe ripetere il ragionamento del Manara: questa è una presunzione assoluta perchè sorge unicamente quando la comunione del fosso non sia in fatto esclusa da un titolo o da un segno, ma una volta che sia sorta non ammette prova in contrario. Ed il ragionamento vizioso condurrebbe a qualificare come assoluta un'altra presunzione che non è di quelle indicate dall'articolo 1353. Invece è molto chiaro che la presunzione di comunione dei fossi tra due fondi è relativa, juris tantum, ma oppugnabile non con qualunque mezzo di prova, sibbene con due soli mezzi: titolo o segno.

9.

Altre presunzioni legali di questa categoria sono date dagli articoli 1723 1° (2) del codice civile, 40, 272 pr., 370, 384 cap., 588 pr. del codice di commercio.

(1) Art. 565.

(2) Dir. rom.: 1. 28, D., Comm. divid., X, 111.

Ramponi

16

16

§ 5.

Presunzioni che hanno per obbiettivo
di riconoscere

lo scioglimento di un rapporto giuridico.

[ocr errors]

1. Quattro presunzioni di questa categoria sono stabilite dagli articoli 1196 e 1197 (1):

Il creditore che riceve separatamente da uno dei condebitori una somma uguale alla sua parte, dichiarando nella quitanza che la riceve per la sua parte, senza riservarsi l'obbligazione in solido o i suoi diritti in generale, si presume abbia liberato il debitore dall'obbligazione in solido (2).

Si presume che il creditore abbia liberato dall'obbligazione in solido quello dei condebitori contro il quale ha fatto domanda per la sua parte, se questi vi ha aderito o se è stata pronunziata una sentenza di condanna (3).

Il creditore che riceve separatamente e senza riserva da uno dei condebitori la sua porzione dei frutti maturati o degli interessi del debito, rinunzia all'azione in solido pei frutti od interessi scaduti (4), ed anche per quelli che hanno da scadere e per il capitale se il pagamento separato siasi continuato per dieci anni consecutivi (5).

[ocr errors]

2. « La volontaria restituzione del titolo originale del credito sotto forma privata, fatta dal creditore al debitore,

(1) Dir. rom.: cfr. 1. 8, § 1, D., De legatis (1o) XXX; 1. 18, C., De pactis, 11, 111.

(2) Art. 1196 pr. e cap. 1o.

(3) Art. 1196, cap. 2o.

(4) Art. 1197, prima parte.

(5) Art. 1197, seconda parte.

Consulta: Giorgi, I, 212.

costituisce la prova della liberazione tanto in favore dello stesso debitore, quanto in favore dei condebitori in solido » (1).

La presunzione, assoluta in diritto costituito mentre dovrebbe essere relativa in diritto costituendo (2), risale alle leggi di Roma.« Si debitori meo reddiderim cautionem, videtur inter nos convenisse ne peterem » (3). Anche in diritto romano la restituzione doveva essere volontaria (4) ed erano liberati pure i condebitori in solido (5).

La restituzione del pegno in diritto romano come in diritto moderno (6) non basta per far presumere la rimessione del debito.

3. « La quitanza per il capitale rilasciata senza riserva degli interessi fa presumere il loro pagamento e ne produce la liberazione, salva la prova contraria » (7).

Questa, in virtù dei principi generali (8), si fa con tutti i mezzi nei limiti di loro comune ammissibilità. È dunque erronea l'opinione del Borsari, il quale nega al creditore il diritto di provare con semplici congetture che il pagamento degli interessi non ebbe luogo (9), mentre la prova congetturale deve senza dubbio

(1) Art. 1279.

C. Torino, 4 maggio 1883, Bianchi c. Ghigliotti, Giur. Tor., 1883, 731.

(2) Come abbiamo dimostrato nel cap. preced., § 2.

(3) L. 2, § 1, D., De pactis, II, XIV.

(4) L. 15, C., De solut. et liber., VIII, XLIII.

(5) Arg. 1. 25 pr. cbn. colla 1. 21, § 5, D., De pactis, II, XIV.

(6) L. 3, D., De pactis, II, XIV;

cod. civ., art. 1280.

C. Palermo, 12 luglio 1878, Blasco c. Li Destri,

(7) Art. 1834. Circ. giur., 1879, 29. IV, XXXII.

Diritto romano: cfr. 1. 26 pr. C., De usuris,

(8) V. parte II, cap. III, § 2.

(9) Borsari, IV, p. II, art. 1834, § 3993, nota 1.

« PredošláPokračovať »