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dagli stessi fatti, variando le circostanze, si possono trarre conseguenze diverse (1).

Ma non abbiamo mai capito che cosa intenda la Cassazione di Torino quando dice che « il codice vigente stabilisce negli articoli 546 e 547 un sistema di presunzioni a cui attribuisce valore di presunzioni legali, non di presunzioni hominis» (2). Forse il codice, che è una legge, può stabilire delle presunzioni, le quali non abbiano valore di presunzioni legali?

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Ultima notiamo fra le presunzioni legali e le semplici una differenza della quale si vuole ragionare, perchè teoricamente e praticamente rilevantissima. La prova per presunzioni legali è di diritto singolare, quella per presunzioni semplici di diritto comune. A bene intendere l'importanza di questo principio bisogna anzitutto determinarne esattamente il significato.

La logica adempie nel diritto una funzione importantissima: astraendo da tutte le condizioni ed i caratteri particolari dei fenomeni e dei rapporti giuridici, separando in questi gli elementi essenziali dagli accidentali, la logica arriva per forza di astrazione a stabilire dei principi, i quali sotto forme generali, comprendono il maggior numero di possibili applicazioni (3). Ma le applicazioni sono subordinate ad un concetto che dobbiamo ai grandi giureconsulti di Roma (4) e che in Italia in questi ultimi tempi è stato largamente e luminosamente svolto da Matteo Pescatore: Il diritto nell'intimo suo essere risulta dalla combinazione

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(1) V. parte III, avvertenze preliminari, e cap. II, § 1.

(2) C. Torino, 27 marzo 1883, Gallia c. Guasco, Annali, 1883, 201. (3) Cfr. Cogliolo, Filosofia del dir., pag. 68, 132, 136, 148, 240. (4) 1. 14, 16, D., De legibus, I, III; 1. 15, 39, 141, D., De reg. jur. L., XVII.

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di due elementi sostanziali, l'elemento della giustizia e quello della utilità, l'uno dei quali (ius comune) comprende i principi assoluti e necessari della ragione giuridica naturale (il vero), l'altro (ius singulare) i principi relativi e contingenti di convenienza o civile o sociale o politica od economica od anche morale (1). Da questo concetto deriva una regola fondamentale circa l'interpretazione delle leggi. Poichè nelle materie di gius comune, regolate dalla logica del diritto, la questione è sempre di principio, il principio generale serve a risolvere tutti i casi compresi nella sfera di sua applicazione, e mediante il processo regolare dell'analogia anche quei casi che il legislatore non abbia formalmente espressi. Ma siffatta interpretazione, che fu chiamata estensiva e fu detta per antonomasia la regola della giurisprudenza (regula iuris, iuris ratio), non ha luogo nelle materie di gius anormale (2). Nelle quali la questione è sempre di apprezzamento; ora, il solo legislatore, non mai il giudice, è competente ad apprezzare i motivi di utilità che consiglino una deroga ai principi di ragione giuridica pura (3). Ecco perchè molto rileva il determinare se una prova sia di diritto comune o di diritto anormale.

Ora che le presunzioni della legge appartengano al gius singolare non si può mettere in dubbio. Perchè esse, come già dimostrammo (4), hanno un valore stabilito a priori, e sostituendo alla certezza morale la certezza legale, derogano al principio di ragione giuridica pura secondo cui il fatto non è provato se non quando il giudice ne sia intimamente convinto (5).

(1) Pescatore, La logica del diritto, p. I, c. V e VI.

(2) « Quod contra rationem juris receptum est, non est producendum ad consequentias ». 1. 14, D., De legibus, I, III.

(3) Pescatore, loc. cit.; Mattirolo, II, 276.

(4) Parte I, cap. III, § 2.

(5) In senso pienamente conforme: Pescatore, p. I, c. XX, I; Mattirolo, II, 227.

Tanto più di diritto singolare le presunzioni legali assolute, le quali derogano anche all'altro principio che vuole si ammetta ad ogni prova la prova contraria, perchè dal conflitto delle idee deve scaturire la verità. Vogliono dunque le presunzioni legali essere strettamente interpretate.

Invece la prova per presunzioni semplici è, a nostro avviso, di diritto comune. Perchè la ragione giuridica naturale stabilisce un principio che è pure stabilito come regola dal diritto positivo, il quale vi fa propter utilitatem alcune eccezioni appartenenti al gius anormale. Ed il principio è questo: Chi deve provare in giudizio i fatti che stanno a base di un preteso diritto può provarli con tutti i mezzi che valgano ad ingenerare nel magistrato l'intimo convincimento e così la certezza morale sulla verità dei fatti medesimi. Ma a tanto possono valere anche mezzi indiretti di prova, cioè presunzioni, quante volte esse si mostrino di tale gravità da indurre nell'animo del giudice il pieno convincimento. Cosicchè la prova per semplici presunzioni, non meno che la testimoniale, sono di diritto comune, e le restrizioni alla loro ammissibilità, sancite dalla legge positiva per riguardi di convenienza civile (1), appartengono al diritto singolare. Non monta che queste restrizioni assumano nel codice la forma di regola generale (2), avvegnachè siano e rimangano eccezioni di fronte ai principi della logica giuridica.

Se non che questa nostra dottrina trova degli oppositori in coloro i quali parrebbe dovessero appoggiarla. Ed ecco come. Tutti quegli autori, la maggior parte, che pensano essere la prova testimoniale di diritto singolare in conformità all'aspetto di ecce

(1) Art. 1311, 1354.

(2) Cfr. art. 1341, 1347, 1348.

zione che l'uso della prova stessa assume nel codice (1) debbono necessariamente ritenere, e forse per ciò credono inutile il farne parola (2), che anche la prova per presunzioni, ristretta dal codice entro gli stessi limiti che quella per testimoni, appartenga al gius anormale. E così parrebbe che gli altri scrittori, i quali sostengono essere la prova testimoniale di diritto comune (3), dovessero appoggiare la teoria che collo stesso ragionamento giunge alla stessa conseguenza nei riguardi della prova per presunzioni. E forse tacitamente l'appoggiano quelli di tali scrittori che nulla dicono su questo punto (4). Ma il Pescatore ed il Mattirolo sono d'altro avviso. Per essi « appartengono al ius singulare le regole in che certe materie si contentano propter utilitatem o per necessità di perspicui indizi » (5). E questa opinione, recisamente contraria alla nostra, ci ha sorpreso, perchè ci sembra contraddire ad un principio inconcusso di logica giuridica che gli stessi due autori menzionati pongono in rilievo trattando la teoria delle prove. Infatti, dice il Pescatore: « La ragione giuridica naturale in materia di prove esige la certezza, ma non distingue tra mezzi e mezzi » (6). Il Mattirolo, seguendo la dottrina del maestro, annovera tra i principi di ragione giuridica pura il seguente: « Qualunque mezzo che valga a dimostrare la verità del fatto allegato è una prova

(1) Vedi specialmente: Marcadé, III, art. 1341; Laurent, XIX, 401; Demolombe, XIV, lib. III, tit. III, c. VI, sez. III, § 2, num. 8 e 11; Larombière, III, art. 1341; Pacifici Mazzoni, II, 250.

(2) Il Laurent tuttavia scrive: « Le presunzioni dell'uomo non sono ammesse dalla legge che a titolo di eccezione; ... è una prova eccezionale... » (XIX, 607).

(3) Toullier, V, lib, III, tit. III, sez. II; Bonnier, 111; Pescatore, p. I, c. VI in fine; Mattirolo, II, 261.

(4) Come il Toullier ed il Bonnier.

(5) Pescatore, p. I, c. XX, I; Mattirolo, II, 227, 228.

(6) c. VI.

e come tale debbe liberamente ammettersi nel giudizio » (1). Entrambi concludono che la prova testimoniale è di diritto comune, quantunque il divieto della medesima si presenti nel codice sotto forma di regola generale. Bene, noi pure abbiamo seguita la stessa teoria, e siamo venuti ad una seconda conclusione che è di diritto comune anche la prova per presunzioni semplici. Al contrario il Pescatore insegna: « Poichè a costituire il sistema probatorio concorre l'elemento giuridico, non è a dubitare che esso vi concorra con entrambi i suoi principi di giustizia e di convenienza civile. Infatti la giustizia vuole che la sentenza si pronunci in favore di colui che abbia per sè la certezza morale e legale, o almeno l'una o l'altra di esse; e invero tale si è la regola predominante nell'ordine dei giudizi civili. Pur tuttavia avviene per eccezione in certi casi che..... si tenga in conto di certezza una somma probabilità... Generalmente in tutti i casi in cui perspicua indicia bastano per legge a costituire la prova, allora nella verità del fatto si sostituisce una semplice probabilità alla certezza regolarmente voluta» (2). Il Mattirolo, dopo avere enunciato fra i principi di ragione naturale che stanno a base del sistema probatorio questo per primo: « Il fatto non è veramente e sufficientemente provato se non quando il giudice abbia, mercè le prove fornite dalle parti in giudizio, acquistato la certezza morale della verità del medesimo », soggiunge che ad esso « si deroga... allora quando si ammettono, in materia difficilioris probationis, semplici argomenti di probabilità (perspicua indicia), che pure non valgono ad indurre nell'animo del giudice una vera certezza morale » (3). Ma che cosa è, in grazia, questa certezzA

(1) II, 227 b.
(2) p. I, c. XIII.
(3) II, 227, 228.

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