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Della tua lira al suon dal ciel rapito

Scende il Tosco a maggior, che non altronde Del Tamigi sentir le lucid' onde

Sue proprie note, e'l lor più vago invito ;

Teco torna a veder di passo in passo
La valle, il fonte, e 'l sasso;

E si rinverde l'erba; e 'l noto colle
Di nuovo pianto è molle ;

D'ogni antico pensier tutto fa fede:
E dall' alta sua sede

Gridar si sente con dovuto orgoglio,
Altra che BARBARINA omai non voglio.

Felice Donna! a cui con rari pregi Coglier l' amato alloro tanto piacque Presso Valchiusa e sue santissime acque ; Che sprezzi i vani e menzogneri fregi, Or che le corde vai toccando sempre

In dolci e forti tempre,

Non paventar: ride del volgo i scherni

L'augel de' vanni eterni

Di rugiada del ciel sparsi e nudriti ;

a Petrarca.

Febo con alti inviti

Per strada non battuta e pellegrinu
Più d'una palma a te largo destina.

Non fa per te di star ignota e schiva,
Ma per l' Aonie cime al gran viaggio
De' tuoi carmi vibrar più forte il raggio;
Siccome Grecia, allor che più fioriva,
Spesso di nobil donne a cetre d'oro

Mirò lo bel lavoro.

Per correr maggior acqua amiche vele
Da nocchiero fedele

T'offre Bione;a egli è, sai ben, lo nume

D' ogni più puro fiume,

E pel mar del saper con chiari gridi

Lieto ti guida ai più riposti lidi.

Ti mostra i Greci, e 'l lor parlare ornato,

Forte, gentile, spiritoso, e grave,

Da tromba, avena, o cetra più soave,

Che 'l Romano sentì pensoso e grato.

a Nome Arcadico del Gravina.

Vedi chi spinse balenando all' etra

Da Tebana faretra

I suoi strali sonanti all' alme elette;

b

E quei che in leggiadrette

Rime, scherzando tra mirteti e rose, Alle Ninfe vezzose

Sciolse bocca ridente in suon benigno Di Cipro ebbrifestoso allegro Cigno.

с

Ve' chi lume dal ciel portò su scena

Primiero, del coturno il Prometéo ;

d

Ve' chi'n Tebe e Colon tanto potéo,

Aprendo larga e maestosa vena,

D' Atene lo splendor divino e grande ;

e

E quei che di ghirlande

Cinto, con grazie allettatrici al fianco,

Saggio soave e franco,

Pianse pietoso d' Argo e di Micene
L'abbandonata spene,f

a Pindaro. b Anacreonte. c Eschilo.

d Sofocle. e Euripide.

f Ifigenia

a

A' cui fausti natai rise Nettuno

Di stragi Perse rosseggiante e bruno.

Senti sul Tebro poi l' amabil aura

b

Del Cantor di Venosa almo e possente,

Che tra valli Sabine dolcemente

Con molli fiati il gentil cuor ristaura;

0 Ipur che acqueti sdegni innamorati

Protervi sì, ma grati;

O con alteri e trionfali modi

Più nobil canto snodi,

Allor che d'armi travagliato seco

Augusto al sacro speco

Depose, in grembo alle sorelle amiche,
Le superbe di Roma alte fatiche.

Ma s' avanza da ciel lo stuol divino,

Che

per nuova di Pindo alpestre balza L'insegna luminosa all' Arno innalza Impressa del valor Greco e Latino.

a Euripide nacque il giorno della battaglia di Salamina. b Orazio.

Ve' chi' na superni giri, o per sue bolge,

Da sovrano si volge;

b

Il bel Toscan; l' Omero Ferrarese ;

E l'ardito & Pavese

Di Tebani color raggioso il manto,

Or del Tamigi il vanto,

E, se pur lice ai miei stranieri inchiostri, Convien che ognor tra noi maggior si mostri.

Deh mira d' Eloquenza il frutto e'l fiore, E i rivi d'armonìa vaghi e beanti Che, larghi dal natio lor fonte erranti,

Danno scorrendo ai versi e vita e odore!

Febo dal caos tolse e in luce pose

De' gran regni le cose,

E le piaghe sand del mondo afflitto

Or da Marte trafitto;

Tinte d' ambrosia pel fragor dell' armi

Volàr parole e carmi,

E dall' almo poter vinti o placati

Piegarsi poi la Morte, il Tempo, e i Fati.

a Dante. b Petrarca. c Ariosto. d Guidi.

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