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rettitudine: intendere il bene, e volere il bene: quindi l'Intelligenza e il Volere furono personificati, affinchè cospirassero a sì alto fine.

Il tipo astratto dell'Intelligenza, appo l'antico sacerdozio, fu Minerva, per lo che si disse esser nata dalla mente del supremo pensante. Il tipo astratto del Volere fu Amore, per lo che si disse aver dominio sul cuore dell'essere senziente. Ed ecco l'Intelligenza e il Volere divenute due persone, due deità.

Così la prisca poesia, nata dalla iniziazione, riempì di vaghi fantasmi la primitiva letteratura. Voleva ella rappresentar un uomo nell'atto di concepire nobil pensiero per alta impresa? Dipingea fuori di lui Minerva che gli vibrava un raggio in fronte. Figurarlo volea nell'atto di concepir vivo affetto per leggiadra donna? Dipingea fuori di lui Amore che gli scagliava un dardo al petto. Ed ecco la Mente e 'l Cuore uscir fuori di lui, e divenir Minerva ed Amore; eccolo triplicato, e pure è uno.

Su questi prestigi, di macchinazion gentilesca, il Persiano Manete stabilì i fantasmi del suo linguaggio figurato, coi quali affascinò i credenti nel dogma divino del Verbo incarnato; e gran parte ne desunse dalle carte platoniche ch'erano allora in voga appo i Cristiani medesimi. Lo smascherar la menzogna è un onorar la verità; ed io intendo dar gloria alla dottrina evangelica con lo svelare le fallacie dell'Amor Platonico della scuola manichea. A che aver riguardo ad astute scimierie che, imitando le sacre realità, seppero illudere il mondo? Il solo sapere che quel bertuccione concertò tai figure dopo che le realità erano, da tre secoli e più, riconosciute e abbracciate da innumerevoli seguaci della nostra legge, dimostra la solidità della rivelazione e la nullità della contraffazione, e debbe accrescere il nostro disprezzo per questa, e la nostra venerazione per quella.

Che Manete si spacciasse per Dio è fatto storico, e l'udimmo da gravi scrittori affermare. Asseverandosi ora Spirito Santo, ora Gesù Cristo, ei veniva ad includere la terza divina persona, poichè la Triade è indivisibile nella sua essenza. Pretendendo adunque esser egli nel punto stesso il Padre, il Figliuolo e lo

Spirito Santo, mentre era uno, dovea poi spiegare a que’suoi Perfetti come s'intendesse un tal mistero. Ed egli spiegava che per la personificazione delle tre potenze dell'Anima era egli così in tre distinto. Che poi i suoi seguaci continuassero nella stessa insania, riguardo a sè medesimi, è anche fatto storico; talchè sì empia mentecattaggine seguì di secolo in secolo in quella scuola. In Barcellona, sede vetusta del Manicheismo europeo, comparve nel 1506 un tale " qui se vantoit d'être Dieu en trois personnes; qu'il seroit mort à Rome (cioè in Babilonia), et qu'il seroit resuscité le troisième jour*."

Egli è probabile, dirò anzi certo, che, quando il Manicheismo subì molte lodevoli alterazioni nel medio evo, questa dottrina, con molte altre, cessò d'essere erronea; poichè si restringeva ad insegnare che l'Eterno Iddio, uno nell'essenza e trino nelle persone, col dire "Faciamus hominem ad imaginem et similitudinem nostram," avesse nell'uomo infusa l'Anima, la quale è perciò una nell'essenza e trina nelle facoltà. E in questo senso non è sicuramente ereticale una tal idea; anzi molti teologi ortodossi dal considerare l'Anima umana così distinta, e dal sapere ch'essa è la similitudine del suo fattore, ne traggono novella pruova a confermare sempre più il dogma della Trinità delle persone in Dio. Dante, il quale considera la SS. Triade nella donna della sua mente, detta da lui Beatrice, aggiunge, per similitudine dico. E che quella donna della sua mente sia la sua mente medesima, lo fa capire in molti e molti modi: eccone uno :

Però ch'io mi riguardo entro la MENTE,
E trovo ched ELLA è la donna miat.

Quantunque però un tal punto cessasse di essere erroneo, non cessò di essere illusorio; poichè i proseliti, per l'arte da loro appresa, nel fingere di parlare di Dio parlavano dell'uomo.

* Llorente, Hist. de l'Inquisition, vol. i. p. 338. Questo medesimo annunzio fè Cola di Rienzo a Carlo Sesto. Vedi p. 170.

+ Nella Canz. "L'alta speranza che mi reca Amore."

Così, mentre s'intendevano fra loro, onde operar di concerto, legavano le mani all'irresistibile oppositore.

Ma potevan essi, senza destar sospetto, discorrer sempre di religione? Ad evitar tal pericolo sostituivano al linguaggio sacro un gergo amatorio, in cui l'Anima intelligente del proselito diveniva Madonna, e il Cuore volente di lui diveniva Amore. L'iniziato, che diceasi rinato a vita nuova, avea prima tre anni, poi cinque, poi sette, poi nove, ecc., secondo i gradi. In quest'ultimo grado l'Anima intelligente e il Cuore volente di lui eran considerati fuori di lui, ed ei li vedea fra loro amoreggiare, quasi fossero Amore e Psiche; e per mostrare che l'Intelligenza e'l Volere si accordavano fra loro, eccoti questa operazione, tutta psicologica, divenire uno sposalizio; eccoti l'Intelligenza e il Volere, o l'Anima e'l Cuore, divenir lo Sposo e la Sposa, quasi fosser quelli della Cantica di Salomone.

Dante adombrò questo geloso mistero nella sua Vita Nuova, pel quale il fedel d'Amore facea due parti di sè, l'ANIMA e il CUORE, che chiamavansi ancora Ragione ed Appetito; e secondo che i suoi pensieri, detti da lui spiritelli, eran divisi in due, cioè in spiritelli che teneano il luogo dell'ANIMA, e spiritelli che teneano il luogo del CUORE, egli fa procedere il dialogo fra le due parti. Scrive su ciò un sonetto in gergo, e lo indica così a coloro che l'intendevano : "" Fo, in questo sonetto, due parti di me, secondo che i miei pensieri erano in due divisi: l'una parte (di me) chiamo CUORE, cioè l'Appetito ; l'altra (parte di me) chiamo ANIMA, cioè la Ragione; e dico come l'uno dice all'altra. E che degno sia di chiamare l'Appetito CUORE, e la Ragione ANIMA, assai è manifesto a coloro a cui mi piace che ciò sia aperto." (p. 59.)

Questo Appetito personificato ei lo denomina anche spirito vitale o della Vita, ed abita in una camera interna ch'è nel suo CUORE; questa Ragione personificata ei l'appella pure spirito animale o dell'ANIMA, e dimora in un' altra camera ch'è nella sua mente; e quando questi due spiriti (del CUORE e dell'ANIMA) escon fuori di lui per fare all'amore, un terzo spirito, ch'è in una parte, o divisione, si trova impedito nelle sue operazioni;

ciò diverrà chiaro altrove. Dante, rinato a vita nuova, vide la donna della sua mente, nata anch'essa a vita nuova; talchè, in tal vita, egli avea nove anni, e nove pur ella. Quindi si fa a narrare ciò che accadde in que' tre spiriti, ch'erano dentro lui in quelle due camere e quella parte, quando siffatta donna apparve agli occhi suoi, ch' eran fuori di lui. Udiamolo: "In quel punto, dico veramente, che lo spirito della vita (o vitale), il quale dimora nella segretissima camera del CUORE, cominciò a tremar sì fortemente che appariva nelli menomi polsi orribilmente, e tremando disse queste parole (nel veder la donna della mente): Ecce Deus, fortior me, veniens dominabitur mihi. In quel punto, lo spirito animale (o dell'ANIMA), lo qual dimora nella camera nella quale tutti gli spiriti sensitivi portano le loro percezioni, s'incominciò a maravigliar molto; e parlando spezialmente agli spiriti del viso (ch'eran fuori, come udremo), disse queste parole: Apparuit jam Beatitudo nostra. In quel punto, lo spirito naturale, il qual dimora in quella parte ove si ministra il nutrimento nostro, sì cominciò a piangere, e piangendo disse queste parole: Heu, miser! quia impeditus ero deinceps. D'allora innanzi dico che Amore signoreggiò l'Anima mia, la quale fu sì tosto a lui disposata*." Ed ecco Amore sposato all'Anima sua, detta da lui Madonna Beatrice. Altrove dimostrerò sino all'ultima evidenza che que❜tre curiosi spiriti, che parlano latino in quelle due interne camere e quella parte, sono, in ordine inverso, Memoria, Intelletto e Volontà.

Nello stesso opuscolo accenna il momento in cui il CUORE gli cominciò a tremare per sbalzar fuori di lui, e divenir persona, cioè AMORE, onde sposarsi all'ANIMA sua, che persona già era; e spiega che l'uomo CUORE e la donna ANIMA si guardavano scambievolmente con gli occhi di lui, i quali erano usciti dagl'instrumenti loro, cioè dalle sue proprie occhiaie, talchè eran passati in quelle due personificazioni di sè stesso che si vagheggiavano a vicenda. Sarà bene udire le sue stesse parole, notabilissime per apparente stravaganza.

Narra dunque che trovavasi presente ad una mensa nuziale,

Vita Nuova, al principio.

a cui era Beatrice, e ch'egli stesso erasi proposto assistere a quella mensa; indi segue così: "E nel fine del mio proponimento, mi parve sentire un mirabile tremore cominciare nel mio petto dalla sinistra parte, e distendersi subito per tutte le parti del mio corpo. Allora io dico che poggiai la mia persona simulatamente ad una pittura." La pittura a cui si appoggiò fu di dividersi in tre personificazioni: come Memoria, ch'era in una parte, guardava fuori di sè il suo Volere e la sua Intelligenza, ch'eran nelle due camere, coi nomi di Amore e Beatrice, vagheggiantisi fra loro. Ei continua così: "E temendo non altri si fosse accorto del mio tremare, levai gli occhi, e mirando le donne (ch'erano alla mensa nuziale), vidi tra loro la gentilissima Beatrice. Allora furono sì distrutti li miei spiriti per la forza che Amor prese (cioè, il suo Cuore divenuto Amore, che vagheggiava l'Anima, detta Beatrice), veggendosi in tanta propinquità alla gentilissima donna, che non ne rimase in vita più che gli spiriti del viso (della vista); ed ancora questi rimasero fuori de' loro strumenti, perocchè AMORE voleva stare nel loro nobilissimo luogo per vedere la mirabile donna (Beatrice); e avvegnachè io fossi altro che prima, molto mi dolea di questi spiritelli che si lamentavano forte e diceano: Se questi non ci sfolgorassero così fuori del nostro luogo, noi potremmo stare a vedere la maraviglia di questa donna, siccome stanno gli altri nostri pari. Io dico che molte di queste donne, accorgendosi della mia trasfigurazione, s'incominciarono a maravigliare." (p. 21.) E non contento di dirlo in un modo, lo esprime anche in un altro : "Uno spiritello d'Amore, distruggendo tutti gli altri spiriti visivi, pingea fuori (di me) gli deboletti spiriti del viso, e dicea loro: Andate ad onorare la donna vostra; ed egli (Amore) si rimanea nel luogo loro; e chi avesse voluto conoscere Amore far lo potea, mirando il tremore degli occhi miei*." (p. 15.)

* Il tremor degli occhi, a cui potea conoscersi Amore, è un certo lampeggiar d'occhi che guardano su e giù, segno caratteristico del grado ch' esprime, il quale è il diciottesimo: e questo nasce dalla unione di due nove; onde Beatrice nove e Dante nove s'innamorarono a vicenda. Vedi innanzi ciò ch' espresse Lapo Gianni, quando levò gli occhi, e gli abbassò.

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