stri poemi; l'una è la troppa repetizione di una rima, salvo che qualche cosa nuova ed intentata dell' arte ciò non si assuma; come il giorno della nascente milizia, il quale si sdegna lasciare passare la sua giornata senza alcuna prerogativa; e questo pare che noi abbiamo fatto ivi: << Amor, tu vedi ben, che questa Donna. » La seconda è la inutile equivocazione, la qual sempre pare che toglia qualche cosa alla sentenzia; e la terza è l'asperità delle rime, salvo che le non siano con le molli mescolate; perciocche per la mescolanza delle rime aspere e delle molli la Tragedia riceve splendore. E questo dell' arte, quanto all'abitudine si ricerca, abbastanza sarà. CAPITOLO XIV. Del numero de' versi e delle sillabe nella Stanzia. Avendo quello che è dell' arte della Canzone assai sufficentemente trattato, ora tratteremo del terzo, cioè del numero dei versi e delle sillabe. E prima alcune cose ci bisognano vedere secondo tutta la Stanzia, ed altre sono da dividere, le quali poi secondo le parti loro vederemo. A noi adunque prima s' appartiene fare separazione1 di quelle cose, che ci occorrono da cantare; perciò che alcune Stanzie amano la lunghezza, ed altre no; conciossiachè tutte le cose, che cantiamo, o circa il destro o circa il sinistro si canta; cioè che alcuna volta accade suadendo, alcuna volta dissuadendo cantare, ed alcuna volta allegrandosi, alcuna volta con ironia, alcuna volta in laude, ed altra in vituperio dire. E però le parole, che sono circa le cose sinistre, vadano sempre con fretta verso la fine, le altre poi con lunghezza condecente vadano passo passo verso l'estremo.. 1 Discretionem facere qui non si- ma trattare distintamente. gnifica veramente far separazione, DANTE. 2. 17 238 SUMMA CAPITUM LIBRI PRIMI. I. Quid sit vulgaris locutio, et quo differat a gramatica. Pag. 146 II. Quod solus homo habet commercium sermonis. 148 III. Quod necessarium fuit homini commercium sermonis.. 150 IV. Cui homini primum datus est sermo, quid primo dixit, et sub quo idiomate . . . . » 152 V. Ubi, et cui primum homo locutus sit. » 156 VI. Sub quo idiomate primum locutus est homo, et unde fuit auctor hujus operis . . . » 158 VII. De divisione sermonis in plures linguas . » 160 VIII. Subdivisio idiomatis per orbem, et præcipue in Europa. » 164 IX. De triplici varietate sermonis, et qualiter per tempora idem idioma mutatur, et de inventione grammaticæ. . . . » 166 X. De varietate idiomatis in Italia a dextris et a sinistris montis Appennini .. 172 XIV. De idiomate Romandiolorum, et de quibusdam Transpadanis et præcipue de Veneto. . . . » 186 XV. Facit magnam discussionem de idiomate Bononiensi. . » 188 XVI. De excellentia vulgaris eloquentiæ, et quod communis est omnibus Italicis » 192 INDICE DE' CAPITOLI DEL LIBRO PRIMO. 259 I. Che cosa sia il parlare volgare, e com'è differente Pag. 147 .. » 149 II. Che l'uomo solo ha il commercio del parlare » 153 V. Dove, ed a cui prima l'uomo abbia parlato. >> 157 tore di quest' opera. » 159 VII. Della divisione del parlare in più lingue. » 161 IX. Delle tre varietà del parlare, e come col tempo il medesimo parlare si muta, e della invenzione della grammatica. » 167 X. Della varietà del parlare in Italia dalla destra e sinistra parte dell' Appennino . . . » 173 XI. Si dimostra, che alcuni in Italia hanno brutto ed XII. Dello idioma Siciliano e Pugliese XIII. Dello idioma dei Toscani e dei Genovesi XIV. Dello idioma di Romagna, e di alcuni Transpadani, e specialmente del Veneto.. XV. Fa gran discussione del parlare Bolognese XVII. Quare hoc idioma Illustre vocetur Pag. 196 XVIII. Quare hoc idioma vocetur Cardinale, Aulicum et Curiale » 198 XIX. Quod idiomata italica ad unum reducuntur, et illud ap pellatur Latinum. LIBRI SECUNDI. » 200 1. Quibus conveniat uti polito et ornato vulgari, et quibus » 202 II. In qua materia conveniat ornata Eloquentia Vulgaris. » 206 III. Distinguit quibus modis vulgariter versificatores poe tantur. .. » 212 IV. De varietate stili eorum, qui poetice scribunt. V. De compositione versuum et varietate eorum per sylla bas » 220 VI. De varia constructione, qua utendum est in Cantionibus. .. » 224 VII. Quæ sint ponenda vocabula, et quæ in metro vulgari cadere non possunt. . » 230 VIII. Quid sit Cantio, et quod pluribus modis variatur. » 232 » 236 X. Quid sit cantus Stantiæ, et quod Stantia variatur plu- » 240 XI. De habitudine Stantiæ, de numero pedum et syllabarum, et de distinctione carminum ponendorum in dictamine. » 242 XII. Ex quibus carminibus fiant Stantiæ, et de numero syllabarum in carminibus .. XIII. De relatione rithimorum, et quo ordine ponendi sunt in » 246 XIV. De numero carminum et syllabarum in Stantia. Pag. 197 XVII. Perchè si chiami questo parlare Illustre. Cortigiano. >> 199 XIX. Che i volgari italici in uno si riducono, e quello si chiama Italiano. » 201 DEL LIBRO SECONDO. I. Quali sono quelli che denno usare il volgare Illu- » 203 II. In qual materia stia bene usare il Volgare Illustre. » 207 III. In qual modo di rime si debba usare il Volgare al IV. Della varietà dello stile secondo la qualità della poesia. » 217 » 221 V. Della qualità e varietà dei versi delle Canzoni . 225 » 231 VIII. Che cosa sia Canzone, e che in più maniere può variarsi » 233 Stanzia si denno porre. e del numero delle sillabe nei versi. XIII. Della relazione delle rime, e con qual ordine nella XII. Della qualità dei versi, che nella Stanzia si pongono, IX. Quali siano le principali parti della Canzone, e che » 237 >> 241 » 243 » 247 » 253 XIV. Del numero de' versi e delle sillabe nella Stanzia . » 257 |