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manifestis probationibus creditor sibi adhuc deberi ostenderit, recte debitor convenitur'. --Lo stile (licet-videtur; manifestis probationibus ostendere etc.) prova abbastanza l'alterazione.'

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Ancora più evidenti sono le alterazioni nel fr. 25 pr. h. t. Paul. 3 quaest., che tratta dell'onere della prova nella condictio indebiti e che già da tempo è stato riconosciuto come fattura in gran parte de' compilatori: cf. da ultimo il Longo dell'onere della prova nella condictio indebiti [Arch. giur., vol., 38, fasc. 3-6], specialmente § 2, n. 19 e i citati ibidem. Chiunque per vero legga senza pregiudizî il passo dovrà convenire con l'acuto Fabro [Coniect. 18, 20], che "nihil est tota illa lege, sive verba sive sensum consideres, totque distinctiones, et subdistinctiones quibus referta est, quod non sapiat Tribonianum a principio usque ad finem,. Ecco la parte che ora ci riguarda :

"... sin vero ab initio confiteatur quidem suscepisse pecunias, dicat autem non indebitas ei fuisse solutas, praesumptionem videlicet pro eo esse, qui accepit nemo dubitat; qui enim solvit numquam ita resupinus est, ut facile suas pecunias iactet et indebitas effundat et maxime si ipse, qui indebitas dedisse dicit, homo diligens est et studiosus paterfamilias, cuius personam incredibile est in aliquo facile er

rassen.

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Abbiamo notato in corsivo le parole o i costrutti viziosi; s'avvertano anche grecismi insoliti, come studiosus oлovdatos ; frasi strane, come nunquam ita resupinus est (dicitura amata da Giustiniano) ut - pecunias iactet et indebitas effundat "incredibile est in aliquo facile errasse „. Del resto è inutile insistere nella dimostrazione della non genuinità di questo brano, mentre essa è di singolare evidenza e si è imposta anche ai più ostinati e diffidenti.

5. È quindi messo in rilievo un fatto singolarissimo: la parola praesumere (e derivati) si trova ne' classici nel significato comune e semplice di credere, opinare, mentre in tal senso

È singolare come il G. non ritenga incredibile che la 'praesumptio' appartenga qui a Modestino, mentre poi egli stesso trova che M. avrebbe dovuto scrivere affatto diversamente.

2 Cui va aggiunto il Gradenwitz, loc. cit.

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essa non è mai adoperata da Giustiniano; invece nelle interpolazioni dei compilatori e nelle costituzioni giustinianee la voce stessa assume un significato particolare e tecnico, che è ignoto ai classici. Praesumere in Giustiniano vuol dire "ammettere senza dimostrazione, senza bisogno di prova,, tanto che venga considerata, quanto che invece non venga considerata come possibile la prova del contrario. Di regola però si usa nella prima accezione: "ammettere fino a prova del contrario sicchè quando si dice di una parte in causa, che ha una presunzione a suo favore, si dice che è legalmente dispensata dal provare e che invece l'onere di provare il contrario è riversato sull'altra parte. Praesumptio nel senso giustinianeo è quindi la praesumptio iuris della scuola e di regola la praesumptio iuris tantum - inversione di prova. Ed è precisamente così, che definiscono la prolessi i bizantini; cf. la paragrafe ad fr. 25 pr. h. t. (22, 3): onμelwom öt év & πpóλnkis ÜTÉρ τινος δείκνυται, ὁ τούτου διάδικος βαρεῖται ἀποδείξεσιν = nota, che, quando si stabilisce una presunzione a vantaggio di alcuno, l'onere della prova si riversa sull'avversario'. Cf. anche l'altra paragrafe [Stefano?] ibid.: πρόσθες ὅτι τοτε ἀρνήσεως οὐκ ἔστιν ἀπόδειξις ὅταν ἡ ἄρνησις οὐ προλήψει μάχεται : ' aggiungi che non si deve provare la negazione [vale a dire: è l'attore che deve provare le condizioni positive del proprio asserto e non il convenuto che deve dimostrarne l'inesistenza], a meno che vi si opponga una presunzione [che cioè l'attore abbia una presunzione a suo favore]'. So bene quali critiche si sieno mosse a questo concetto della presunzione legale; esso è però tuttora prevalente nella scuola. Si dice che non l'onere della prova è invertito, ma mutato il thema probationis, giacchè la base della presunzione, ove non sia pacifica tra le parti, deve provarsi da chi la presunzione stessa invoca. Ma si avverta, che, pur ammettendosi tutto questo, il concetto d'inversione di prova permane. Quando io secondo le regole generali del diritto probatorio non sarei tenuto a provare nulla, ma potrei attendere che l'avver

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1 In D. 4, 2, 23 praesumptio' è a favore del convenuto contro l'attore. Parrebbe che si volesse dire, che la tesi dell'attore si presenta a priori inverosimile. Cfr. però più avanti.

2 P. e. BURCKHARD, die civilistischen Präsumptionen, pag. 324 seg.

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sario fornisca la piena dimostrazione della sua tesi e vengo in forza di una 'praesumptio' astretto alla prova pel solo fatto che l'avversario ha messo in sodo la base della presunzione stessa (o questa è fra noi pacifica), chi negherà che, un peso gravante giusta le norme generali sull'avversario sia stato trasferito a mio carico? -Non vuolsi del resto negare, che talvolta il concetto sia stato esteso oltre tali limiti. Nel fr. 23 D. 4, 2 e nel fr. 25 pr. h. t. gl'interpolatori parlano anche di presunzioni, che stanno a favore del convenuto e che quindi non alterano in veruna guisa il consueto ordine della prova: p. e. praesumptionem pro eo esse qui accepit [il convenuto] nemo dubitat'. Ma a ben vedere, è l'espressione più infelice del concetto. Lo scopo degli interpolatori è in tali casi di significare che "niuna presunzione milita per l'attore, che l'onere della prova non è per nulla trasferito da lui e in luogo di dire non c'è presunzione per l'attore' dicono 'c'è presunzione pel convenuto. È vero che si adducono talune ragioni di verosimiglianza, ma queste s'adducono appunto per dimostrare che non c'era affatto motivo di statuire una presunzione pro actore. La dottrina delle praesumptiones contra actorem [qui actor' è in senso lato], il cui ufficio consisterebbe nel rendere duriorem probationem, che tuttavia vive nella scuola non è certo accettabile (intanto le conseguenze di tale precetto sono vane e illusorie, dove non ci sia almeno un completo sistema di prove legali: forse che l'attore non è sempre tenuto a provare il suo asserto in modo da persuadere il giudice? E quando il giudice sia persuaso, che cosa si esige ancora?); ma ha nei testi ora citati una base apparente.

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6. Il problema che ora ci si presenta naturalmente da sciogliere è il seguente. L'introduzione di questo termine tecnico nel diritto giustinianeo dimostra anche che vi fu introdotto un concetto nuovo? V'è in questa materia un divario fra il diritto classico e il diritto giustinianeo e il moderno, che a quest'ultimo s'è ispirato? La questione si riduce a vedere, se presunzioni legali nel senso accennato occorrevano realmente an

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1Cf. supra. Qui appartiene anche la " exyezqos„, di cui Stefano ad fr. 1 h. t. e di cui parlano i bizantini per cattiva intelligenza dei testi.

che nel diritto classico. Esaminiamo all'uopo

senza omai

più curarci dei termini i materiali che le fonti ci offrono.

CAPO II.

OSSERVAZIONI SUL DIRITTO CLASSICO.

7. Mentre in Giustiniano troviamo, come si è visto, ordinata spesso qualche praesumptio nelle sue generali costituzioni, nulla troviamo di simile pel diritto pregiustinianeo nè nelle leges vere e proprie, nè nei senato consulti, nè negli editti, nè insomma in qualsiasi altra categoria di norme direttamente proposte all'universale. I testi, nei quali i moderni sogliono indicare casi di tal natura e dove già i bizantini interpolavano volontieri il praesumere, contengono o pareri di giureconsulti (sia esposti teoricamente in ordine a un caso fittizio, sia dati in occasione di un responso), ovvero decreti e rescritti imperiali. Noi vedremo se e in quali limiti vi si possano riscontrare deviazioni dei canoni ordinarî del diritto probatorio; intanto la differenza formale già per sè ci pare importante.

8. Avvertiremo, come molti passi ordinariamente riferiti in questa materia non pretendano affatto di regolare l'onere probatorio. Qualche volta giuristi o imperatori fanno osservazioni sulla " verosimiglianza, o "inverosimiglianza, di qualche atto o fatto, senza che l'interprete sia autorizzato a dedurre nulla in proposito. Si ricordi il già citato fr. 43 pr. D. 4, 2, ove Ulpiano scrive 'non est verisimile in urbe compulsum indebitum solvisse eum, qui claram dignitatem se habere praetendebat, cum potuerit ius publicum invocare et adire aliquem potestate praeditum'. L'osservazione del giurista è spontanea e naturale avanti il cumulo delle circostanze concrete; ma essa non importa veruna deviazione dai canoni ordinarî del diritto probatorio, trattandosi di chi già senz'altro sarebbe tenuto a provare. Già avvertimmo come neppure se ne possa dedurre la dottrina della durior probatio, che non vien punto, come si crede, insinuata dalle apertissimae probationes violentiae, cui l'interpolazione richiede. Infatti apertissimae probationes' non è che altra delle tumide espressioni dello stile bizantino, in luogo dell'unico corretto probatio e non ha nè

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più nè meno che il valore di questa semplice espressione : cf. fr. 62 § 1 D. 28, 5 fr. 88 D. 30 - fr. 17 § 2 D. 40, 4 etc., nonchè p. e. Iustin. c. 1 § 3, C. 5, 13 dove si dice " cum manifestissimum sit, e pur si tratta di una congettura appena sufficiente. - Parimente nulla che si riferisca al regolamento della prova contiene la costituzione di Alessandro [c. 2 C. 2, 20]: "cum non solum te cavisse verum etiam solvisse pecuniam confitearis, qua ratione ut vim passus restitui quod illatum est postulas, perspici non potest, quando verisimile non sit ad solutionem te properasse, omissa querella de chirographo, nisi et in solvendo vim te passum esse dicas Chirografo estorto colla violenza e pagamento spontaneo sono due termini contraddittorî; non fosse altro, il volontario riconoscimento dell'atto, cessata la vis, toglie da quello il vizio che gli aderisce: l'imperatore avverte quindi il postulante, che debba integrare, ove ne sia il caso, la sua esposizione e mostrare che non solo il chirografo gli fu colla violenza estorto, ma che l'impero della vis durava tuttora quando venne eseguito il pagamento. Come dunque il testo siasi addotto in questa materia, non si vede. Lo stesso deve pur dirsi di altra costituzione del medesimo principe [c. 1, C. 2, 42], che dice dovere il giudice chiamato a decidere sulla restitutio in integrum del minore che si afferma leso, osservare num is diligens paterfamilias fuerit actibusque publicis industrium se docuerit, ut lapsum eum per aetatem verisimile non sit Questo è un avvertimento dato al giudice, che deve tenerne conto; ma è un avvertimento riposante sulla natura stessa delle cose, che non modifica affatto la distribuzione dell'onus probandi fra le parti.

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9. Talora l'onere della prova è bensi addossato a colui, cui deve spettare secondo i principî generali; ma non si adducono questi per giustificazione, bensi altri motivi di verosimiglianza, opportunità ecc. È una serie di testi, contro cui molti hanno fatto naufragio; meglio, ma non pienamente, fu questo punto illustrato dal Burckhard. Chi bene osservi tali testi vedrà che quelle ragioni addotte dai giuristi hanno il semplice scopo di prevenire possibili errori del giudice, il quale potrebbe tro

1 O. c., pag. 78 segg.

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