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operarsi anco nelle trascrizioni non mi paiono di gran valore probante] 2o perchè tale osservazione nulla di nuovo contiene in confronto della precedente "quid testator demonstrare voluerit. Ma ciò non è vero, come vedremo poi meglio. Del resto altra è l'indagine diretta della volontà del testatore, altra l'indiretta ricerca per via di estrinseci argomenti.

31, 3, 44 § 4 Pap. -si ex patris hereditate ad se pervenisse rem emptam non levi praesumptione (non per lieve supposizione) credat.

Cf. pure la costituzione di Diocleziano e Massimiano in Cod. 2, 42, 4- "falsa opinione te praesumpsisse ex probationum luce cognoveris

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In questo senso le voci 'praesumere' 'praesumptio' non si trovano mai in Giustiniano.

4. Proseguendo l'iniziato esame, troviamo:

b) una serie di testi attribuiti ai giuristi classici, ma o per la forma o pel contenuto gravemente sospetti, in cui tali voci s'incontrano nel significato tecnico giustinianeo:

Cominciamo a metter fuori di questione il fr. 18 § 1 D. 48, 10 = Paolo 3 Sent., di cui il confronto col cesto delle Sentenze dimostra l'avvenuta interpolazione, come vedemmo al num. 2

-fr. 23 D. 4, 2- Ulp. 4 opin. -"sed huiusmodi praesumptioni debat apertissimas probationes violentiae opponere,. Le apertissimae probationes [anzi già 'probationes, al plurale!] sono senza più indizio dell'opera interpolatrice. Anche la sostanza dimostra l'alterazione; poichè non risponde bene questa osservazione alle cose precedenti. Il giurista a proposito di una fattispecie avverte non essere verosimile che un uomo rivestito di chiara dignità sia stato in Roma stesso compulso a pagare un indebito. Se costui vuole ripetere il pagato deve naturalmente dare la prova, la prova apertissima della subita violenza; ciò non dipende da veruna praesumptio, ma dalla sua posizione di attore.

fr. 57 D. 23, 3 Javol. 1 ex Pl°. - 'quod si non evidenter apparuit, de cuius mulier obligatione sensit, praesumptionem ad filii debitum spectare verisimile est, nisi evidentissime contrarium adprobetur'. La frase 'contrarium adprobari'

non è certo nè di Giavoleno, nè di Plauzio; indegna poi di qualsiasi giurista classico è quella che ancora più direttamente ci riguarda: " verisimile est praesumptionem ad debitum spectare. " Sostanzialmente conforme il G.

- fr. 11 § 1 D. 34, 5 Ulp. 6 disp. — 'sin autem hoc incertum est nec potest nec per suptilitatem iudicialem manifestari, in ambiguis rebus humaniorem sententiam sequi oportet, ut tam ipsa libertatem quam filia eius ingenuitatem consequatur, quasi per praesumptionem priore masculo edito'. Non sono necessarii molti commenti per intendere che questa è latinità di bizantini e non di Ulpiano; basti accennare al 'manifestari per iudicialem suptilitatem', al 'prior editus' [nella parte precedente e sicuramente ulpianea 'primum' e 'prius']. Il G. avverte pure la frase 'consequi ingenuitatem, e i grecismi nec [per ne quidem, obdé] e 'quasi-edito,. 5 yeɣevvnμévou. fr. 73 § 3 D. 32 Ulp. 20 ad S. si quis servos habuit proprios, sed quorum operas locabat vel pistorias vel histrionicas vel alias similes, an servorum [1. suorum] appellatione etiam hos legasse videatur? quod et praesumi oportet, nisi contraria voluntas testatoris appareat'.

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L'ultima frase ha il consueto tipo degli emblemi diretti a introdurre l'accenno alla possibile contraria volontà del testatore. Così come ora sta il passo non è certo commendevole. Nel § 2 si fa la questione, se tra servi suoi del testatore sieno da computarsi anche quelli da lui dati in pegno e si risponde sine dubio inter suos legasse videbitur debitor " senz'accenno a intenzione diversa del testatore (Eppure si confronti Pap. D. 33, 10, 9 § 2, ove male a proposito si è pensato alla fiducia: cf. Pernice Labeo III, 1, 144 seg.). Invece tali scrupoli devono nascere pei servi semplicemente locati! È irrilevante al proposito nostro l'indagare, quale dovesse essere il genuino testo ulpianeo; ma non andremo errati, se (in quanto al concetto, non in quanto alle parole) penseremo a una frase di questo tipo: " quod sine dubio accipiendum est,. Anche il G. avverte che ne' § antecedenti Ulpiano fällt die Entscheidung ohne Vorbehalt.

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- fr. 28 § 3 D. 34, 3 Scevola 16 dig. - 'quaero haec verba quatenus accipi debent - respondit: eum cuius notio

est aestimaturum. praesumptio enim propter naturalem affectum facit, omnia patri videri concessa, nisi aliud sensisse testatorem ab heredibus eius adprobetur'. La parte in corsivo è così in contrasto collo stile scevoliano, che già lo Sculting (ad h. 1.) aveva pensato a una nota di Trifonino, proponendo che avanti a tali parole si scrivesse: Claudius. Ma neppure questa congettura rimedia alle molte inverosimiglianze, che ostano alla genuinità del passo. Tale aggiunta è in contraddizione colla risposta di Scevola: questi dice che si tratta di questione di fatto rimessa al prudente arbitrio del giudice; l'aggiunta dice invece che si deve decidere in un modo, ove non si dia la prova del contrario. Tale aggiunta non avrebbe mai dovuto contenere l'enim; come correttoria avrebbe dovuto iniziarsi come immo. Io non so se possa attribuirsi a Trifonino (per quanto ellenizzante, cf. Kalb Roms Juristen, pag. 122 seg.) un costrutto cosi tipicamente bizantino 'praesumptio facit omnia videri concessa'; il 'nisi adprobetur' serve poi a compiere la dimostrazione. Nè mi pare fuor di luogo avvertire col G. essere più probabile una interpolazione dei compilatori, che non l'ommissione di Claudius in un buon manoscritto, quale il fiorentino.

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fr. 2 D. 36. 1 Celso 21 dig. "dicendum est, quia praesumptum est voluisse testatorem cum onere legatorum fideicommissum restitui, tota trecenta te dare Titio debere La parte in corsivo, che è sostanzialmente affatto fuor di luogo, è anche formalmente scorretta ['praesumptum est': dicesse almeno praesumitur!] e già da tempo s'è visto che non appartiene a Celso: anche il Mommsen nella sua edizione ad h. 1. annota: 'quia restitui' non sunt Celsi.

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'sed cum ex

fr. 24 8 D. 40, 5- Ulp. 5 fideic. praesumptione libertas praestita esse videtur, heredis est contrariam voluntatem testatoris probare,. Che le frasi 'ne eum vendas, alienes' già pel diritto classico s'interpretassero senz'altro (in mancanza di prove contrarie) come precetti di manomettere il servo, non è probabile ed anzi della precedente esposizione papinianea appare piuttosto il contrario.

1 Per analoghe interpolazioni, Cfr. PERNICE Labeo, III, 1, pag 186.

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Papiniano dice che simili frasi contengono un precetto di manomettere solo quando "hoc animo [id] fuerit adscriptum, quod voluerit eum ad libertatem perduci,. E così Marcello [16 dig., fr. 10 pr. ibid.] dice che, data la disposizione "illum et illum servos meos venire nolo si ideo eos noluit venumdari, ut, si veneant, ad libertatem perveniant, praestanda erit libertas. Dal quale modo di esprimersi niuno arguirà, che si tratti di una presunzione legale. Invece cotali presunzioni in questa materia sono pienamente consone allo spirito del diritto giustinianeo. La giurisprudenza classica aveva giustamente inteso coinvolgere libertà fedecommissaria la disposizione "nolo eum servum alienam servitutem experiri „. Infatti tal servo doveva porsi in libertà alla morte dell'erede (altrimenti sarebbe ricaduto nell'aliena servitus) o quando il fiduciario volesse alienarlo; altro modo di applicare quel comando del testatore non c'era. Alla frase accennata, di cui s'occupano i fr. 9 e 21 h. t. si può parificare l'altra "venire nolo, o 'ne eum vendas' etc., quando il testatore in modo più inesatto abbia voluto esprimere il pensiero stesso: fr. 10 pr. 28 § 4. Non si dice però che tale interpretazione, la meno ovvia e naturale, si debba ammettere fino a prova del contrario. Si aggiunga finalmente che è contraria all'uso di Ulpiano ed erronea la frase "ex praesumptione libertas PRAESTITA esse videtur:, Ulpiano avrebbe scritto: data, relicta, o PRAESTANDA; non mai praestita.

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fr. 33 § 2 D. 32 Scevola 15 dig. 'si donationis causa creditori solvisset, teneri heredes ex causa fideicommissi, si repetant atque etiam petentes exceptione summoueri, quod praesumptum esse debet, nisi contrarium ab herede approbeLasciamo stare il noto e stereotipo emblema 'nisi approbetur'; Scevola avrebbe scritto 'praesumi debet' non praesumptum esse.

tur'

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- fr. 40, § 7 D. 40, 7 Scevola 24 dig. 'melius est autem praesumptionem pro statuliberis esse'. Il cattivo latino e l'incongruenza con quanto precede (ove si dice che è rimesso iudicaturo aestimandum quale delle due ipotesi sia

1 Su tali passi vedi pure GRADENWITZ, Interpol. pag. 212 sg. nice, 1. c. pag. 62, n.

Per

nel caso concreto da ammettersi) persuadono che qui pure siamo davanti a una interpolazione.

fr. 14 § 8 D. 11, 7 - Ulp. 25 ad ed. 'plerique filii cum parentes suos funerant vel alii qui heredes fieri possunt licet ex hoc ipso neque pro herede gestio neque aditio praesumitur, tamen ne vel miscuisse se necessarii vel ceteri pro herede gessisse videantur, solent testari pietatis gratia facere se sepulturam'.

Oltre la scorretta locuzione 'licet praesumitur', v'hanno notevoli argomenti per l'interpolazione. -Anzitutto si avverta come, omettendo l'inciso in corsivo, nulla perda il testo e anzi guadagni maggiore effica cia ed eleganza:

plerique filii, cum parentes suos funerant vel alii qui heredes fieri possunt, ne vel miscuisse se necessarii vel ceteri pro herede gessisse videantur, solent testari pietatis gratia facere se sepulturam. quod [et] si superuacuo fuerit factum, cet.

Il supervacuo non costituirebbe più cosi una ripetizione. veramente supervacua. Si osservi poi meglio la disgiuntiva 'neque pro herede gestio neque aditio'. Che cosa c'entra qui a fare l'aditio accanto alla gestio pro herede? Non si tratta qui appunto ed esclusivamente di quella forma di 'aditio, che si attua colla gestione (l'immixtio non cade affatto nel concetto di adizione, neppure lato sensu), come risulta chiarissimo da altro brano della stessa opera dello stesso Ulpiano [D. 29, 2, 19] ? Non può dunque l'inciso ritenersi opera genuina di lui. Anche il G. trova che questa Gegenüberstellung è unerklärlich.

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Veniamo ora a due testi, che si trovano nei Digesti sotto la rubrica "de probationibus et praesumptionibus „ XXII, 3. La corrispondente rubrica del Codice ha solo "de probationibus, [IV, 17]. I due testi, ai quali si accennava, sono i fr. 24 e 25 h. t.

Il fr. 24 è attribuito a Modestino (4 regul.) e suona così: 'si chirographum cancellatum fuerit, licet praesumptione debitor liberatus esse videtur, in eam tamen quantitatem, quam

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1 Si ricordi che tale rubrica non è edittale e quindi [il 'quindi' in tal caso è giustificato] deve attribuirsi ai compilatori: cf. anche Gradenwitz, 1. c., pag. 73.

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