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Nudus castra peto et transfuga divitum
Partis linquere gestio,

Contemptae dominus splendidior rei,
Quam si quicquid arat impiger Apulus,
Occultare meis dicerer horreis,
Magnas inter opes inops.

Purae rivus aquae silvaque iugerum
Paucorum et segetis certa fides meae
Fulgentem imperio fertilis Africae

Fallit sorte beatior.

Quamquam nec Calabrae mella ferunt apes
Nec Laestrygonia Bacchus in amphora

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è nei due versi quella su la quale più poggia il senso e fu per questo collocata tutte due le volte in una posizione metrica importante, nella seconda arsi del v. 21 e nella prima del v. 22. 22. nil cupientium: << dei soddisfatti ». 23. Nudus: « senza impacci >. castra. L'immagine è presa dal linguaggio militare, considerandosi i ricchi e i poveri come due campi o fazioni. transfuga: « disertore ». Ma qui l'immagine per le sue necessità rappresentative va più in là della cosa a cui è paragonata. Orazio non era mai stato ricco. 24. linquere gestio. Veramente questo fatto dovrebbe avvenir prima di quel castra peto che è espresso nel verso antecedente; ma questi üσreроν протероν non ricorrono di rado in poesia e dànno e crescono vivacità all'insieme. 25. Contemptae. S'intende ab aliis. splendidior: qui « più orgoglioso ». 26. arat: con l'ultima lunga. Cf. Carm. I, 3, 36. Apulus: poichè era proverbiale la fertilità di quella terra, detta da Strabone яаμ¶óρos τε καὶ πολυφόρος, ἵπποις δὲ καὶ προβάτοις ἀρίστη (VI, 284). — 27. Occultare: come un avaro. Nota l'antitesi col significato letterale di splendidior del v. 25. 28. inter opes inops: « povero tra le ricchezze ». Ma opes va preso nel significato letterale e inops in quello metaforico. 29. Purae rivus aquae: « un ruscello di limpida corrente». Il poeta ha innanzi alla mente quello della sua villetta (Cf. Epist. I, 16, 12: Fons etiam rivo dare nomen idoneus). silva: «il bosco ». Anche questo nella sua villa c'era. Cf. Carm. I, 22, 9; Epist. I, 14, 1. 30. segetis certa fides meae: « la fiducia senz'ombra di dubbio che il mio raccolto mi ispira ». Ma la parola è andata oltre il ragionevole. Il poeta voleva dire soltanto che egli faceva i conti suoi su tanto poco che quel poco non poteva mancargli per grandine o simili altri casi. Onde la tranquillità dell'animo suo, dal quale non si temevano improvvise delusioni. 31. Fulgentem imperio fertilis Africae: « chi s' abbella del governo della fertile Africa > come proconsole romano.

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32. Fallit: « sfugge ». È il greco haveάvelv tivá. sorte beatior: << ragione di maggior felicità che l'aver tratto in sorte [la fertile Africa] » giacchè beatus è adoperato in senso attivo e fertilis Africae è costruito in doppia dipendenza da imperio e da sorte. I proconsoli come si sa procedevano tra loro al sorteggio delle provincie. 33. Calabrae apes: quelle che davano il miele di Taranto. Cf. Carm. II, 16, 14. 34. Lae

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Languescit mihi nec pinguia Gallicis
Crescunt vellera pascuis,

Importuna tamen pauperies abest
Nec, si plura velim, tu dare deneges.
Contracto melius parva cupidine
Vectigalia porrigam,

Quam si Mygdoniis regnum Alyattei
Campis continuem. Multa petentibus
Desunt multa: bene est cui deus obtulit
Parca quod satis est manu.

...

pauperies: non letale po

strygonia. L'aggettivo dal vino è trasportato al recipiente in cui il vino è contenuto (Cf. Carm. I, 9, 8). Vino lestrigonio è poi lo stesso che vino formiano, giacchè in Formie era ravvisata dagli antichi la Lestrigonia dell'Odissea (X, 82 e XXIII, 318) della quale vedi al v. 6 dell'ode seguente. Bacchus: metonimia per « vino ». 35. Languescit: << perde la sua asprezza ». Gallicis: poichè pinguia: « folti ». nella Gallia cisalpina facevano lane tra le migliori del mondo. Anzi nessuna specie di lana bianca ai tempi di Plinio (Nat. Hist. VIII, 190) si preferiva a quella di lì. 37. Importuna già la ουλομένη πενίη esiodea, perchè parlare di una vertà» è contrario allo spirito di tutta questa poesia. pauperies è qui come altrove non « la povertà » (egestas) ma « la mediocrità » la quale diventa importuna cioè « gravosa », qualora ne nascano privazioni e sacrifici. 39. Contracto... cupidine: « col ridurre in più brevi confini il desiderio ». È ablat. assol. con significato strumentale. 40. Vectigalia: « rendite ». La parola fu trasferita anche in prosa dai proventi pubblici ai privati. Cf. Cicerone, Ad Att. XII, 19 non egeo vectigalibus et parvo contentus esse possum. - porrigam: propriamente « estenderò ». (Cf. Seneca, Epist. 89: quousque arationes vestras porrigetis ?), ma qui« renderò maggiori ». 41. Mygdoniis. Cf. Carm. II, 12, 22. regnum Alyattei: cioè la Lidia, di cui fu re Aliatte, padre di Creso. Il genitivo Alyattei è formato in maniera analoga ad Ulixei ed Achillei. (Cf. Epod. XVI, 60; XVII, 14 e 16; Carm. I, 6, 7). 42. continuem: togliendo tra loro i confini. Multa petentibus: litote per « agli incontentabili >>. 43. bene est cui = bene est ei cui: « felice è colui al quale ». Cf. Carm. II, 10, 17.

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XVII.

Aeli, vetusto nobilis ab Lamo

(Quando et priores hinc Lamias ferunt
Denominatos et nepotum

Per memores genus omne fastos;
Auctore ab illo ducis originem
Qui Formiarum moenia dicitur
Princeps et innantem Maricae
Litoribus tenuisse Lirim

XVII. È un'ode a Lamia, forse Q. Aelius Lamia. Cf. Carm. I, 26 e 36). L'amico di cui Orazio parla nelle odi citate del primo libro, e più nella vigesima sesta, con tanto affetto doveva essere, io argomento, uno di quei pensosi cui affligge sempre la cura del domani (la parola cras ritorna in questi pochi versi due volte) e il poeta lo esorta, secondo la sua pacata norma del vivere, a porre fine con un allegro simposio alle malinconie. 1. ab. È sottinteso un nome come progenies, genus. Traduci « stirpe di ». Lamo: un re dei Lestrigoni ricordato in Odyss. X, 81. Una connessione con antenati eroici era ansiosamente cercata dalle famiglie patrizie a cominciare dai Giulii stessi, che rivendicavano a sè il mitico Giulo; e più di tanti altri è naturale la cercassero i Lamia che dovevano essere dell'aristocrazia più pura, se Giovenale (IIII, 154) potè adoperare il loro nome a indicare per antonomasia gli aristocratici tutti. — 2. Quando. Il poeta apre qui una parentesi che può parere un po' lunga, occupando la metà circa dell'ode. Ma la ragione c'è: nella sua antichis sima e gloriosa stirpe non saranno mancati a Lamia esempi di coraggio e fortezza serena opposta alla sventura. - priores: «i primi ». E poichè sono distinti dai nepoti, i cui nomi son registrati nei fasti, sotto il qual nome andava ogni specie di commentarii e memorie pubbliche e private, intendi di quelli che anteriori a ogni ricordo storico vivevano soltanto nella tradizione di famiglia o in altri termini quelli che la leggenda famigliare aveva creati per unire i Lamia della storia al Lamo dell'Odissea.. 4. fastos. Questa forma di accusativo è data qui dal maggior numero dei codici, mentre in Carm. IIII, 14, 4 in un verso quasi simile ricorre la forma fastus. L'ablat. è fastis in Carm. IIII, 13, 15. 6. Formiarum. Formie, oggi Mola di Gaeta, è dai poeti dell'età augustea, e prima anche da Cicerone (Ad Att. II, 13, 2), fatta una cosa sola con la Lestrigonia di Odyss. X, 82 e XXIII, 318, anzi con Telepilo dei Lestrigoni, come essi interpretavano l'omerico Τηλέπυλος Λαιστρυγονίη, dove pare τηλέπυλος sia invece aggettivo a qualificare una città lunga e stretta, di cui quindi le porte sono lungi dal mezzo. Al contrario Strabone (I, 20) d'accordo con gli scolii omerici ci fa sapere che i Lestrigoni venivano collocati coi Ciclopi πeρì τὴν Αἴτνην καὶ Λεοντίνην. 7. innantem: « che si spande su ». Maricae: antica divinità italica venerata specialmente in Minturno (Minturnae) alla foce del Liri, dieci miglia distante da Formie; presso Vergilio (Aen. VII, 47) moglie di Fauno e madre di Latino. In un boschetto a lei sacro, secondo Strabone (V, 233), sboccava il Liri, la cui foce si

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Late tyrannus), cras foliis nemus
Multis et alga litus inutili
Demissa tempestas ab Euro

Sternet, aquae nisi fallit augur
Annosa cornix. Dum potes, aridum
Compone lignum: cras Genium mero
Curabis et porco bimenstri

Cum famulis operum solutis.

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perdeva tra paludi. 9. Late tyrannus: la traduzione, per continuare nei ricordi epici, dell'omerico Єupuкpeiwy. cras. Ecco la parola che fa pensoso l'amico. Il poeta la riprende dai suoi discorsi dove ricorreva frequente e gli dice, se non erro, tra il serio e il faceto: << Domani? Ma che credi tu che possa avvenire? Avverrà una burrasca: avremo il bosco sparso di foglie e il lido di alga » che vuol dire, poichè, secondo l'antichissimo canto Οἵη περ φύλλων γενεὴ, τοίη δὲ καὶ ἀνδρῶν (I. VI, 146), dietro il velo leggero a penetrare dell'allegoria: « domani morremo ». Se non che questo presagio è nella pratica filosofia oraziana non sprone a mestizia, ma a gioie più frettolose come di chi voglia visitare tutte le meraviglie di una terra dove è sicuro di non tornar più. nemus: qui « il suolo del bosco >>. 10. alga ... inutili. Vilior alga era comune maniera di dire. (Cf. Sat. I1, 5; Vergilio, Ecl. VII, 42). 11. ab Euro: considerato come persona. 12. aquae... augur: ÚεтоμάνTIC come in un frammento di Euforione. Più avanti la troveremo in Orazio Imbrium divina avis imminentum (Carm. III, 27, 10). Ricorda il verso bellissimo, che su le qualità divinatrici della cornacchia derivava Vergilio (Georg. I, 388) da Lucrezio, il possente titano della poesia latina (V, 1081 e segg. Giussani): Tum cornix plena pluviam vocat improba voce. 13. Annosa: poichè, secondo un frammento esiodeo, Εννέα τοι ζώει γενεάς λακέρυζα κορώνη Ανδρῶν ἡβώντων. Dum potes: « finchè hai tempo» prima della burrasca nel senso letterale e prima della morte nell'allegoria. 13-14. aridum Compone lignum: << fa cataste di legna secca » per uso dei banchetti, non, come in Carm. I, 9, 5, per dissolvere frigus, chè non è ancora inverno, se soltanto domani gli alberi saranno spogliati di foglie. È da sottintendere: « se vorrai ascoltarmi ». 14. cras. Ecco il consiglio del poeta, annunziato all'amico con la ripetizione della parola che lo fa pensoso. Genium mero curabis: variazione poetica di frasi usuali, quali se, se ipsum, corpus, cutem (Cf. Epist. I, 2, 29) pelliculam (Cf. Sat. II, 5, 38) curare. Genius era presso i Latini una specie di spirito famigliare, che nasce e muore con ciascuno di noi e partecipa alle sue gioie e ai suoi dolori: le donne invece che un Genius avevano una Iuno (cf. Petronio, XXV). Ma secondo altri (cf. Plinio, Nat. Hist. II, 16) ognuno, uomo o donna, aveva con sè un Genius e una Iuno. 15. bimenstri: quindi ancora poppante e tenero. 16. operum: un genit. di difetto con solutus, per l'analogia di expers e di altri aggettivi di mancanza di cui solutus diventa sinonimo qui.

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XVIII.

XVIII.

Faune, Nympharum fugientum amator,
Per meos finis et aprica rura
Lenis incedas abeasque parvis
Aequus alumnis,

Si tener pleno cadit haedus anno
Larga nec desunt Veneris sodali

La festa di Fauno si celebrava dagli agricoltori romani il 13 di febbraio; ma, pare, nel pagus di Mandela anche il 5 decembre. Il poeta che in quel territorio aveva i suoi beni rivolge questa breve preghiera al dio.

<< senz ira ».

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1. Nympharum fugientum amator. L'apposizione ha il valore concessivo di « quantunque tu sia amante di ninfe che ti fuggono » e va messa in istretto rapporto con la preghiera enunciata nel resto della strofe. Il poeta, si vede, è assalito dal dubbio che il dio offeso dai rifiuti delle ninfe non passi irato attraverso i suoi poderi che risentirebbero dello sdegno divino i gravi danni. Di infelici amori con le Ninfe dei Satiri e di Pane era piena la mitologia greca e da Orazio anche in Carm. I, 17, 2 Fauno è fatto una sola cosa con Pane. fugientum: arcaico e poetico per fugientium. 2. meos finis et aprica rura: endiadi per «le apriche terre della mia campagna ». 3. Lenis: incedas abeasque: giacchè egli non vi sta di casa, ma vi torna spesso abbandonando, come è detto in Carm. 1, 17, 1-2, l'abituale dimora del Liceo. 4. alumnis: «i piccoli del gregge ». Alumnus è propriamente il participio del pres. pass. di alo, formato con una terminazione analoga al greco -μevoç. Cf. Carm. I, 14, 6.- 5. Si. Con questo uso di si comune nelle preghiere il favore divino viene dimandato solo se si è fatto quel che era doveroso per meritarlo. Naturalmente il si non implica in questo caso un dubbio di chi prega, il quale sa benissimo di aver compiuto l'ufficio suo, ma piuttosto una reverenza grande di linguaggio verso la divinità, alla quale il ricordo dei propri meriti non si vuole che suoni come un monito obbligatorio. Caso simile, ma non affatto eguale, è quello di Carm. I, 32, 1. — pleno

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...

anno.

per alcuni un ablat. di qualità che in unione con tener haedus significherebbe « un capretto di un anno compiuto»: per altri un ablat. di tempo col significato iterativo di « ogni qualvolta l'anno si compie ». E in questo caso si presenta ancora la possibilità di una doppia interpretazione, secondo che per l'anno che si compie voglia intendersi l'anno solare e civile che veramente il 5 decembre, giorno della festa di Fauno, precipita verso la fine, o piuttosto il tempo che intercede tra una ed un'altra festa di Fauno, uno ed un altro 5 decembre. cadit: cioè « è ucciso poichè caedo è il causativo di cado. 6. Veneris sodali.

È dubbio se queste parole si abbiano a considerare come apposizione del seguente craterae, preso come dat., nel qual caso avremmo « la tazza, compagna dell'amore » o non piuttosto non stiano a sè e si riferiscano a Fauno, considerandosi craterae come un genit. di specificazione ag

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