Obrázky na stránke
PDF
ePub

35

40

45

50

Cum pace delabentis Etruscum
In mare, nunc lapides adesos
Stirpesque raptas et pecus et domos
Volventis una non sine montium
Clamore vicinaeque silvae,

Cum fera diluvies quietos
Inritat amnis. Ille potens sui
Laetusque deget cui licet in diem
Dixisse: Vixi: cras vel atra
Nube polum Pater occupato
Vel sole puro; non tamen inritum
Quodcumque retro est efficiet neque
Diffinget infectumque reddet

Quod fugiens semel hora vexit ».
Fortuna, saevo laeta negotio et
Ludum insolentem ludere pertinax,
Transmutat incertos honores

Nunc mihi, nunc alii benigna.

36. adesos:

il tranquillo scorrere (cum pace delabi) del fiume silenzioso. << corrosi >>. 37. Stirpesque raptas: « tronchi schiantati ». Però in Vergilio stirps in questo senso è di regola mascolino. (Cf. Georg. II, 379; Aen. XII, 203, 770,781). Stirpesque... et pecus et domos: polisindeto pittoresco che ben ritrae le vigorose piene del fiume, delle quali una vedemmo in Carm. I, 2, 13-20. 38. un: forse « tutti insieme >>, forse anche << insieme con sè ». 39. Clamore: propriamente « le grida » quasi che monti e selve fossero spettatori di un gigantesco ludo di cui attori sono il fiume prima quieto e il diluvio celeste (diluvies) che lo provoca (inritat). 41. amnis: « le correnti poichè si parla di un fiume solo. potens sui: «signore di sè stesso ». 42. Laetus:

[ocr errors]
[ocr errors]

e per conseguenza « felice ». deget. E poeticamente soppresso l'oggetto tempus. in diem: « giorno per giorno ». Vixi: «ho goduto la vita ».

[ocr errors]

<< dire ».
per « il cielo ».

[ocr errors]

[ocr errors]
[ocr errors]

43. Dixisse εἰπεῖν: 44. polum: sineddoche Pater: Giove. Cf. Carm. I, 2, 2. 45. puro: cioè << senza nubi ». Cf. Carm. II, 5, 19 e III, 10, 8. inritum: « vano » nei suoi effetti necessari. 46. Quodcumque retro est: « ciò che rimane (est) al nostro tergo» (una vittoria riportata, un libro scritto). 47. Diffinget: « altererà ». infectum: « nullo [in sè]» che è altra cosa dal vano [negli effetti] » di sopra. 48. Quod fugiens semel hora vexit: « il dono che ci portò una volta l'attimo fuggente» e con l'attimo spari senza lasciar traccia di sè al contrario di quello che retro est. 49. saevo: « trasferito da Fortuna a negotio. 50. Ludum ludere: figura etimologica che ricorre anche in Terenzio, Eun. III, 5, 38. Sono queste del resto maniere di dire che si confanno più allo stile più umile e care ai comici anche perchè importano alliterazione. insolentem: « nuovo ». 51. Transmutat: poetico per transfert. in

55

60

Laudo manentem; si celeris quatit
Pinnas, resigno quae dedit et mea
Virtute me involvo probamque
Pauperiem sine dote quaero.
Non est meum, si mugiat Africis
Malus procellis, ad miseras preces
Decurrere et votis pacisci,

Ne Cypriae Tyriaeque merces
Addant avaro divitias mari:
Tunc me biremis praesidio scaphae
Tutum per Aegaeos tumultus
Aura feret geminusque Pollux.

XXX.

Exegi monumentum aere perennius
Regalique situ pyramidum altius

certos: << instabili ».

[ocr errors]

53. manentem: cioè eam, si manet. si: qui per sin che Orazio non adopera. 53-54. celeris quatit Pinnas: E dunque lo stesso genio alato che vedemmo in Carm. I, 34, 15. resigno: evidentemente « restituisco » come in Epist. I, 7, 34. Ma il verbo vuol dire propriamente « dissuggello » nè è chiaro il passaggio da questo a quel significato. Forse il dissuggellare un'obbligazione equivaleva a cancellarla. 55. Virtute me involvo: quasi fosse un mantello. È un'antica immagine platonica : ἀρετὴν ἀντὶ ἱματίων ἀμφιέσονται (De Rep. V, 457). probam: « onesta » quasi fosse una sposa. Il lettore italiano ricorderà le mistiche nozze di S. Francesco d'Assisi con la povertà. 57. Non est meum: « A me non tocca »>. mugiat: « cigoli ». 57-58. Africis procellis: « alle raffiche d' Africo ». Ma in Latino è ablat. strumentale, come dal confronto di Carm. I, 14, 5-6 malus celeri saucius Africo Antemnaeque gemant. miseras: « pusillanimi ». 59. Decurrere: « abbassarsi ». - pacisci: «mercanteggiare ». 60. Ne: finale. 61. avaro mari. Cf. avidum mare in Carm. I, 28, 18. 62. Tunc: cioè « in tal frangente » qual è quello in cui gli altri si abbandonano a pusillanimi preghiere. biremis... scaphae: « di uno schifo a due remi ». — 64. Aura: « la brezza» in contrasto con le Africae procellae. Può parere curioso che l'una e le altre spirino insieme, a chi sottilizzi. Ma sono queste incongruenze inevitabili all' allegoria. minus Pollux: l'uno dei Dioscuri per tutti due, sottintendendosi l'altro facilmente pel geminus. La cosa avviene assai spesso, se non che il nominato è più generalmente Castore. Cf. per il potere dei Dioscuri su le tempeste Carm. I, 3, 2 e I, 12, 27.

[ocr errors]
[ocr errors]

- ge

XXX. È l'epilogo della edizione in tre libri delle Odi, pubblicata nel 731 e appartiene molto probabilmente a quell'anno. 1. Exegi: «ho compiuto ». aere: le statue cioè di bronzo dei vincitori e degli eroi. perennius: « più durevole » (perennis = per annos). 2. Regali... situ pyramidum: « del regale squallore delle piramidi »

[ocr errors]

5

10

Quod non imber edax, non Aquilo impotens
Possit diruere aut innumerabilis

Annorum series et fuga temporum.
Non omnis moriar multaque pars mei
Vitabit Libitinam: usque ego postera
Crescam laude recens, dum Capitolium
Scandet cum tacita virgine pontifex.
Dicar qua violens obstrepit Aufidus
Et qua pauper aquae Daunus agrestium
Regnavit populis, rex humilis, potens
Princeps Aeolium carmen ad Italos

cioè delle piramidi cui l'esser tombe regali non tolse la decadenza e l'abbandono. Altri, confrontando sopra tutto il valore che assume a volta il participio situs, di conditus, positus, exstructus (cf. Tacito, Ann. III, 38 Philippopolim a Philippo sitam, IIII, 41 urbes Macedonibus sitae ecc.), preferirebbero intendere « della regale costruzione delle piramidi ». 3. imber edax. Noi « il dente della pioggia ». impotens: nel senso di « frenetico » (akpατη) che già vedemmo in Carm. I, 37, 10. 4. Possit: congiuntivo, perchè il Quod del v. 3 ha il valore consecutivo di ut id. diruere: diroccare ». 5. fuga temporum: « la vertiginosa 6. omnis: « intero ». multaque: col va7. Libitinam: appellativo di

corsa delle stagioni ». lore avversativo di « anzi molta ». Venere (Varrone, De ling. Lat. VI, 47: ab lubendo libido, libidinosus ac Venus Libentina et Libitina) come dea dei funerali. E può parere una strana confusione a noi questa che fa della dea del piacere la dea della morte; ma nelle religioni naturalistiche non occorre di rado, per un concetto più profondo che a prima vista non paia, la unione in una divinità sola di due attributi contrari. (Non è per esempio la morte la meta alla quale precipita il piacere?). usque: « senza posa >>. 7-8. postera... laude: ablat. strum. da costruirsi ad un tempo con Crescam e recens. Quindi recens: « rinnovellato ». 8-9. dum Capitolium Scandet cum tacita virgine pontifex. L'allusione non è troppo chiara per noi, sebbene in tacita virgo tutti veggano concordemente un equivalente di virgo Vestalis. Di fatto, sebbene fossero uniti col culto di Vesta misteri su i quali le sacerdotesse erano obbligate a serbare il segreto, non pare che tacita possa ritenersi un epiteto costante delle Vestali, le quali avevano pure le loro preghiere (cf. Carm. 1, 2, 25-28). Sicchè ne nasce la necessità dell'allusione a una cerimonia speciale e la possibilità di una doppia interpretazione. Se si intende il tacita virgine come un singolare collettivo, il poeta avrebbe pensato a una sacra processione delle Vestali guidate in silenzio dai pontefici al Campidoglio in certe particolari circostanze; se si intende il tacita virgine come un singolare antonomastico ad indicare la Virgo maxima che era a capo delle Vestali, il poeta avrebbe pensato alla visita che secondo la tarda testimonianza di Giovanni Lido (De mens. IIII, 36), uno scrittore del sesto secolo dell'era volgare, ogni anno ella avrebbe fatto nelle idi di Marzo al tempio di Giove Capitolino, per far voti per il bene del popolo. 10-14. Dicar qua

15

violens

Deduxisse modos. Sume superbiam
Quaesitam meritis et mihi Delphica

Lauro cinge volens Melpomene comam.

Deduxisse modos: « Dirà la fama di me che io, seguendo il corso dell'Aufido fragoroso e il cammino dell'assetato Dauno, umile re, verso il regno suo, che fu tra popoli di agricoltori, condussi alle armonie italiche, possente signore, la colonia delle canzoni eolie ». Populis è ablat. di luogo (cf. Vergilio, Aen. I, 2, 265: Tertia dum Latio regnantem viderit aestas); Daunus è detto pauper aquae trasferendosi a lui la qualità della Daunia di cui fu l'eponimo, la siticulosa Apulia di Epod. III, 16; l'idea di « colonia » è in Deduxisse. Ma questa mia interpretazione posa su una leggera modificazione del testo che offre generalmente la lezione Regnavit populorum ex humili potens. (Cf. le mie Spigolature oraziane in Rivista di Fil., anno XXV, pag. 437). Chi volesse conservare questa lezione potrà intendere: « Dirà la fama di me che io seguendo il corso dell'Aufido fragoroso e il cammino pel quale Dauno assetato giunse al regno di popoli agresti (Regnavit populorum sarebbe un vero ellenismo ma senz'altro sicuro esempio nella lingua latina; cf. Bagiλeveiv TIVós), io da umili origini (ex humili) potente signore, condussi la colonia delle canzoni eolie alle armonie italiane ». Altri intendono però diversamente e il passo è dei più contrastati di tutta la lirica oraziana. Ad ogni modo Orazio non vi tien conto di Catullo come di un suo precursore; il che può parere anche gusto chi ripensi che di metrica e poesia lesbia pochi saggi offre il poeta di Verona e molti invece di metrica e poesia alessandrina. 14. superbiam: « l'orgoglio». — 15. Quaesitam meritis: « che i tuoi meriti ti guadagnarono ». — - Delphica: cioè sacro ad Apollo il dio di Delfo. 16. Lauro: preferito alla forma lauru che è in Carm. II, 7, 19 per ottenere il ricorso della lettera o (quattro volte su 12 sillabe) che conferisce al verso andatura grave e solenne. volens: « per tua degnazione ». Ma è vocabolo solenne usato nelle preghiere. Cf. Livio, VII, 26: Si divus, si diva esset, qui sibi praepetem misisset, volens propitiusque adesset. Nota la forma modesta usata dal poeta, che ogni suo merito riferisce alla Musa ispiratrice, qui Melpomene. (Cf. Carm. I, 24, 3 e I, 1, 83).

Q. HORATI FLACCI

CARMEN SAECULARE

Phoebe silvarumque potens Diana,

Lucidum caeli decus, o colendi

CARMEN SAECULARE. Questa grande « canzone del secolo » in onore di Apollo e di Diana, sebbene appartenga per la sua forma alla lirica eolia individuale, fu, come la ventunesima ode del libro primo, composta invece per un coro, che la cantò nel terzo ed ultimo giorno dei Ludi secolari, 3 giugno del 737 di Roma.

Or quale secolo si chiudeva o si apriva nel 737? I frammenti intanto del Commentarium Ludorum Saecularium che dovè essere inciso nel cippo quadrato riprodotto su la moneta del triumviro L. Mescenio Rufo, venuti alla luce il 20 settembre del 1890 nei lavori pel collettore su la riva sinistra del Tevere, presso la testata del nuovo ponte Vittorio Emanuele, parlano chiaramente alla linea 25 di sacrificium saeculare ludosque qui centesimo et d. (ecimo anno recurrunt). È così fuori di dubbio che i codici ci conservarono la vera lezione del v. 21 dell'ode nostra: Certus undenos decies per annos e che Augusto introdusse un nuovo modo di contare i secoli non di 100 in 100 anni, come prima di lui era comune uso in Roma, ma di 110 in 110, poggiandosi sopra un vaticinio pseudosibillino conservatoci da uno storico del quinto secolo, Zosimo (II, 5)

Ἀλλ ̓ ὁπόταν μήκιστος ἵκη χρόνος ἀνθρώποισι

Ζωῆς, εἰς ἐτέων ἑκατὸν δέκα κύκλον ὁδεύων κτλ.

o, quando si voglia ammettere che si debba all'imperatore stesso la sostituzione nel secondo verso di ἑκατὸν δέκα a un originario ἑκατοστὸν o Ékatovτáda, su la solenne formula con la quale dal banditore s'invitava nei ludi secolari il popolo ad ludos, quos nec spectaverat quisquam nec spectaturus erat, mentre il numero dei centenari era in allora più cospicuo che non sia oggi. E, se non troppa, il nuovo secolo non ebbe nemmeno poca fortuna: se Claudio celebrò nuovi ludi secolari nel 800 (nella fine, cioè, dell'ottavo secolo della città contando i secoli di 100 anni), e Domiziano nel 841 (computata secondo Svetonio, De vita Caes. VIII, 4, ratione temporum ad annum quo olim Augustus ediderat, ma non computato pare, il secolo di 110 anni), Severo tornò all'intervallo prescritto da Augusto tra una solennità e l'altra coi suoi ludi del 957.

...

Se non che, assodata la durata del secolo augusteo in cento dieci anni, resterebbe a risolvere la questione ben più ardua del punto di partenza

« PredošláPokračovať »