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Plorat et vires animumque moresque
Aureos educit in astra nigroque
Invidet Orco.

Multa Dircaeum levat aura cycnum
Tendit, Antoni, quotiens in altos
Nubium tractus: ego apis Matinae
More modoque

Grata carpentis thyma per laborem
Plurimum, circa nemus uvidique
Tiburis ripas operosa parvus
Carmina fingo.

zata in lacrime ».

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iuvenemve: cioè sive iuvenem, supplendosi il si dal Sive in principio del verso 17. Così in Ars poet. 63-66: Sive receptus Terra Neptunus classes Aquilonibus arcet, Regis opus, sterilisve diu palus aptaque remis Vicinas urbes alit. 22. Plorat: negli Opôvoɩ. moresque. Il verso è ipermetrico in fine come il seguente. Furono forse agevolati questi ipermetri dalla ragione stessa che consigliò la divisione di Iulle tra i vv. 1 e 2. 23. Aureos: « degni dell'età dell'oro >>. nigro: tenebroso ». Non ti sfugga l'antitesi col fulgore dell'oro che da quella tenebra non verrà oscurato. 24. Invidet. Non regge solo il dat. Orco, ma anche gli accus. vires, animum, mores. In Italiano puoi tradurre « invidia » con un latinismo acquisito da tempo al nostro linguaggio poetico. 25. Multa aura: « un'impetuosa corrente >>. Dircaeum: cioè Tebano, poichè Dirce è una fonte ed un corso d'acqua vicino a Tebe. cycnum. Intendi del cycnus musicus di cui parlammo a Carm. II, 20, 10. - 26. Antoni. È l'unica volta questa che in Orazio in un'ode medesima si rivolge la parola a un personaggio medesimo chiamandolo con un diverso nome. La cosa non ha naturalmente nessuna importanza; ma ne vollero trar profitto altri, i quali emendarono al v. 2 Iulle in Ille o in Velle, sopprimendo in tal modo l'ipermetro. quotiens: per totiens quotiens, qui e in altri due luoghi del libro quarto (9, 40; 10, 6). Nelle altre liriche non ricorre che una volta sola (Carm. I, 5, 5) e non con valore relativo ma con quello esclamativo di « quante volte ! ». 27. tractus: « distese ». — apis antico termine di paragone ai poeti. Cf. Platone, Ion. 534 A: λérovσi πρὸς ἡμᾶς οἱ ποιηταί, ὅτι ἀπὸ κρηνῶν μελιρρύτων ἐκ Μουσῶν κήπων τινῶν καὶ ναπῶν δρεπόμενοι τὰ μέλη ἡμῖν φέρουσιν ὥσπερ αἱ μέλιτται, καὶ αὐτοὶ οὕτω πετόμενοι. Ε Sofocle fu chiamato Ατθις μέλισσα. Matinae. Cf. Carm. I, 28, 3. 28. More modoque: endiadi per « nella maniera abituale ». 29. Grata: << odorosi >>. carpentis: « che sugge». laborem Plurimum: « molto faticosamente ». Questo complemento modale forma efficace contrapposto alla « impetuosa corrente » che solleva_il_cigno Dirceo. Questi non fa sforzo alcuno per alzarsi alle nubi, Orazio (troppa modestia, o poeta!) si affanna nella composizione di piccioli carmi. Altri però preferiscono riferire Plurimum al seguente nemus, interpretando Plurimum nemus per il fittissimo bosco (di Tivoli) » o meglio per <<< il bosco ricchissimo (di timi) ». 31. circa: « in giro per >>. ripas: « le rive » dell'Aniene. operosa: « laboriosi ». 32. fingo:

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...

29-30.

per

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45

Concines maiore poeta plectro
Caesarem quandoque trahet ferocis
Per sacrum clivum merita decorus
Fronde Sygambros,

Quo nihil maius meliusve terris
Fata donavere bonique divi

Nec dabunt, quamvis redeant in aurum
Tempora priscum.

Concines laetosque dies et Urbis
Publicum ludum super impetrato
Fortis Augusti reditu forumque
Litibus orbum.

Tum meae siquid loquar audiendum,

Vocis accedet bona pars et « O sol
Pulcher, o laudande! » canam recepto

Caesare felix.

<foggio ». Fu scelto sapientemente il verbo che potrebbe dirsi anche della costruzione degli alveari.

33. maiore: di quello di Orazio,

ma non però emulo a quello di Pindaro, chè non poteva Orazio augurare all'amico il volo di Icaro. 34. quandoque: per quandocumque, come al v. 17 dell'ode antecedente. 35. Per sacrum clivum: « pel sacro clivo », il pendio che la Via Sacra discendeva prima di giungere al Foro e dal quale più cospicua ai riguardanti dal Campidoglio doveva presentarsi la pompa trionfale. 36. fronde: l'alloro cinto alla fronte, I'« Arbor vittoriosa e trionfale» del divino Petrarca. Altri pensano alle palme ricamate su la tunica del trionfatore. 37-38. Quo nihil maius meliusve

...

donavere: « il maggior e miglior dono che fecero ». Cf. i vv. 16, 17 di Epist. II, 1 ad Augusto: Iurandasque tuum per nomen ponimus aras, Nil oriturum alias, nil ortum tale fatentes. 38. boni: « benigni ». Va riferito anche a Fata. 39. dabunt. Più conforme all'uso oraziano sarebbe stato qui donabunt. Cf. Carm. II, 20: Vis rapuit rapietque, Carm. saec. 2-3: o colendi Semper et culti. • quamvis : « quando anche ». 39-40. in aurum ... priscum: « all'antico oro » cioè « all'antica 41. Concines: ripetuto dal v. 33.

età dell'oro ». 42. Publicum: « aperto a tutti ». Nè mi pare inverosimile che Publicus sia costruito con l'antecedente gen. Urbis per l'analogia di communis. ludum : « spettacolo » di gladiatori, col quale sarà festeggiato il ritorno. impetrato: « ottenuto con preghiere ». Abbiamo monete del 738 che portano l'iscrizione S. P. Q. R. V. S. (vota suscepta) PRO S. (salute) RED. (reditu) AVG. 44. Litibus orbum: « senza processi » per la solennità che fa tacere i tribunali. 45. siquid loquar audiendum: << se io dirò parola degna d'essere udita ». Le forme gerundive sono nel quarto libro relativamente frequenti: vi s'incontrano 13 volte, e 16 nei primi tre libri presi insieme. 47. Pulcher: « luminoso », poichè Instar veris ... vultus ubi tuus (cioè Augusti) Adfulsit populo gratior it dies Et soles melius nitent (Carm. IIII, 5, 6-8). laudande : « degno 47-48. recepto Caesare: « pel ricuperato Cesare ». È

di inni ».

ORAZIO, Liriche, comm. da V. USSANI, vol. II.

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« Io » que, dum procedis, « io Triumphe! »
Non semel dicemus«io Triumphe! »
Civitas omnis dabimusque divis
Tura benignis.

Te decem tauri totidemque vaccae,
Me tener solvet vitulus relicta
Matre qui largis iuvenescit herbis.
In mea vota,

Fronte curvatos imitatus ignis
Tertium lunae referentis ortum,
Qua notam duxit niveus videri,
Cetera fulvus.

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49. lo, que. È

abl. assol. con significato causale. un'emendazione del Gow per il Teque di quasi tutti i codici e il Tuque di qualcuno che non paiono veramente lezioni accettabili. Cf. per il valore prima monosillabico, poi bisillabico di Io il ritornello del carme LXI di Catullo : Io Hymen Hymenaee io e per l'unione di Io con que Ovidio, Trist. IIII, 2, 51-52: Tempora Phoebea lauro cingentur, «io» que Miles, « io » magna voce « Triumphe » canet. — procedis: « vai innanzi » nel canto come maiore poeta plectro. Le altre voci minori, come quella di Orazio, si aggiungeranno (accedent: cf. v. 46). 50. non semel: litote per compluries. 52. Tura: su gli altari improvvisati lungo la via che la pompa trionfale percorrerà. 53-54. Te: in antitesi col seguente Me e per l'antitesi l'uno e l'altro in principio di verso. 54. tener vitulus: << un vitellino ». solvet: « scioglierà dalle mie promesse » (un ablat. meis votis va supplito dal seguente In mea vota). 55. largis herbis: « nei ricchi pascoli ». iuvenescit: « cresce » a diventare iu56. In mea vota: « per l'adempimento dei miei voti ». 57. curvatos ignis: « la falce ardente ». La similitudine potè essere suggerita al poeta dall'uso comune di chiamare quella falce KEραΐαι Σελήνης, cornua Lunae. Tertium lunae referentis ortum : « della luna che torna a levarsi la terza volta », poichè nella terza notte del novilunio diventa visibile l'esile falce dell'astro. 59. Qua notam

vencus.

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...

duxit: « dove sorti dalla nascita (onde il perfetto) una macchia ». Che sarà stata probabilmente nel mezzo della fronte, come quella del toro bellissimo che ingannò Europa, tutto fulvo anche lui. Cf. Mosco, II, 84-85 Τοῦ δ ̓ ἤτοι τὸ μὲν ἄλλο δέμας ξανθόχροον ἔσκεν Κύκλος δ ̓ ἀργύφεος μέσσῳ μάρμαιρε μετώπῳ. niveus videri: λευκὸς ὁρᾶσθαι.

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III.

Quem tu, Melpomene, semel

Nascentem placido lumine videris,
Illum non labor Isthmius

Clarabit pugilem, non equus impiger
Curru ducet Achaico

Victorem neque res bellica Deliis
Ornatum foliis ducem,

Quod regum tumidas contuderit minas,
Ostendet Capitolio;

Sed quae Tibur aquae fertile praefluunt
Et spissae memorum comae

Fingent Aeolio carmine nobilem.

Romae principis urbium

III. — È un'ode a Melpomene che ricorda la prima del libro primo. C'è la stessa distinzione tra gli oggetti della ambizione greca e della romana, la stessa descrizione della vita dei poeti; ma lì il desiderio, qui il vanto di essere messo al pari coi lirici greci.

1. Melpomene: propriamente musa della tragedia. Ma Orazio è solito non osservare la divisione delle attribuzioni fra le nove sorelle divine. semel: « una volta sola ». 2. Nascentem: « al suo nascere ».

placido lumine: « con benigno sguardo ». L'idea di quest'arcano potere delle dee protettrici sorrise da antico ai poeti e già si legge nella Teogonia (81-84): Ον τινα τιμήσωσι Διὸς κουραι μεγάλοιο Γεινόμενόν τε ἴδωσι διοτρεφέων βασιλήων, Τῷ μὲν ἐπὶ γλώσσῃ γλυκερὴν χείουσιν ἔερσην. Τοῦ δ ̓ ἔπε ̓ ἐκ στόματος ῥεῖ μείλιχα. 3. labor Isthmius: << l'istmia gara ». Il poeta adoperò labor per certamen, come non di rado in Pindaro hai κάματος, πόνος per ἀγών. 4. Clarabit pugilem: << renderà illustre pugilatore >>. 5. Curru ... Achaico: la quadriga greca (il poeta dice achea, perchè tutta la Grecia formava allora la provincia romana di Acaia) in contrasto col carro trionfale romano, accennato senza nominarlo nei versi seguenti. 6. res bellica: « le militari imprese ». 6-7. Deliis... foliis. Chi pensa al lauro, chi alle palme della tunica trionfale (Cf. Carm. IIII, 2, 36). Certo palme già Odisseo vide in Delo (Cf. Odyss. VI, 162). 8. regum tumidas minas: ipallage per regum tumidorum minas. Reges è allusione alle dispotiche monarchie orientali in genere e alla partica in ispecie. tumidas = superbas. contuderit: « avrà rintuzzate ». E fut. perf. 9. Capitolio: dat. 10. praefluunt: « scorrono dinanzi ». gent: con la consuetudine della loro silenziosa e suggestiva bellezza. Aeolio carmine: « nella canzone eolia » cioè nella lirica con tanta felicità coltivata dagli Eoli. 13. principis urbium: « regina delle città ». E può essere apposizione di Romae considerato come genit. in

12. Fin

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Dignatur suboles inter amabilis
Vatum ponere me choros

Et iam dente minus mordeor invido.
O testudinis aureae

Dulcem quae strepitum, Pieri, temperas,
O mutis quoque piscibus

Donatura cycni, si libeat, sonum,
Totum muneris hoc tui est,

Quod monstror digito praetereuntium
Romanae fidicen lyrae:

Quod spiro et placeo, si placeo, tuum est.

dipendenza da suboles del verso seguente (in tal caso si avrebbe « la gioventù di Roma, regina delle città ») o gen. a se da porre in diretta dipendenza da suboles, dandosi a Romae il valore di locativo (cioè: « A Roma la gioventù della regina delle città, ecc. »). Con quest'ultimo valore sintattico di Romae fu anzi in antico ritenuta buona anche un'altra interpretazione: «A Roma la prole (suboles) del capo delle città ». Il capo delle città sarebbe naturalmente Augusto e suboles i suoi figliastri celebrati in questo quarto libro delle odi. Se non che princeps urbium par poco naturale invece di princeps civitatum. 14-15. amabilis Vatum choros. Non intendere quelli dei poeti viventi, genus inritabile vatum (Epist. II, 2, 102) perchè armati in guerra l'uno contro l'altro, ma quelli eterni che la fantasia vede dei grandi poeti trapassati. 16. dente... invido: « dal dente degli invidiosi ». — mordeor: « mi sento mordere >>. 17. testudinis: cioè la lira. aureae: come s'addice a una dea. 18. Dulcem... strepitum: ossimoro tolto forse da Bacchilide che ha Пλukeîav avlŵv κavaɣáv (Carm. II, 12). — Pieri: « o Musa », giacchè il nome di Pieridi venne alle Muse dal monte Pierio nella Macedonia, celebrato come una delle loro sedi. temperas: governi ». 19. mutis... piscibus: « ai pesci senza voce ». Così nello Scudo d'Ercole esiodeo i pesci sono chiamati λomes (v. 212), da Eschilo &vaudot (Pers. 577), da Sofocle ἐλλοί (Αi. 1297). 20. Donatura: « capace di dare ». E equivalente al greco doûσa av che implica una condizione, significando << che puoi dare, qualora tu voglia ». cycni. La zoologia vorrebbe fosse inteso del cycnus musicus, poichè gli altri sono muti non meno dei pesci. sonum: «il canto »>. 21. Totum muneris... tui :

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<< tutto tuo dono ». La stessa costruzione col gen. hai in Ovidio, Trist. I, 6, 6. Si quid adhuc ego sum, muneris omne tuist. 22. monstror digito praetereuntium: i quali indicandolo uno all'altro ne pronunziano il nome: « Quello è Orazio ». Il luogo fu imitato da Persio (I, 28): At pulchrum est digito monstrari et dicier: hic est. Cf. anche Luciano (Harm. 1): τὸ ἐπίσημον εἶναι ἐν πλήθεσι καὶ δείκνυσθαι τῷ δακτύλῳ καὶ ἤν που φανῶ εὐθὺς ἐπιστρέφεσθαι πάντας εἰς ἐμὲ καὶ λέγειν τοὔνομα · οὗτος Αρμονίδης ἐκεῖνος ἐστιν ὁ ἄριστος αθλητής . praetereuntium: « dei passanti ». 23. Romanae fidicen lyrae : « il citaredo della romana lira ». Romanae ha la posizione più notevole nel verso; perchè è appunto questo il vanto di Orazio: Aeolium carmen ad Italos Deduxisse modos (Carm. III, 30, 13-14). 24. Quod spiro et placeo: « le mie armonie (quod spiro) e il favore

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