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Sensit et Troiae prope victor altae
Phthius Achilles,

Ceteris maior tibi miles impar,
Filius quamvis Thetidis marinae
Dardanas turris quateret tremenda
Cuspide pugnax

(Ille mordaci velut icta ferro
Pinus aut impulsa cupressus Euro
Procidit late posuitque collum in
Pulvere Teucro;

Ille non inclusus equo Minervae
Sacra mentito male feriatos

...

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The

(= « lingua_orgogliosa »). È poi noto come secondo gli antichi gli eccessivi vanti umani cagionassero la nemesi divina. 2. Tityos: un gigante che tentò oltraggiare Latona e fu ucciso da Apollo e Diana. Cf. Carm. II, 14, 8. 3. Sensit: « provò ». prope victor: giacchè ammazzò Ettore principale baluardo della città, ma non ne vide la caduta, ucciso prima da Apollo e da Paride secondo la profezia di Ettore stesso nella Iliade (ΧΧΙΙ, 358-360): Φράζεο νῦν, μή τοί τι θεῶν μήνιμα γένωμαι Ηματι τῷ ὅτε κέν σε Πάρις καὶ Φοῖβος Απόλλων Ἐσθλὸν ἐόντ ̓ ὀλέσωσιν ἐνὶ Σκαιῇσι πύλησιν. altae: l'omerico ainevη. 4. Phthius: da Ftia nella Tessaglia, donde veniva e donde era. 5. miles: «guerriero ». tibi impar: « non della tua forza ». 6. Filius tidis marinae: cioè di una dea e quindi partecipe del vigore divino. 7. Dardanas: per Dardanias, come in Carm. I, 15, 10.- quateret: « facesse tremare ». 8. Cuspide: ablat. di strum. L'asta d'Achille, qui chiamata terribile (tremenda) è descritta, in I., XVIIII, 388-391 come βριθὺ, μέγα, στιβαρόν· τὸ μὲν οὐ δύνατ ̓ ἄλλος Ἀχαιῶν Πάλλειν, ἀλλά μιν οἷος ἐπίστατο πῆλαι Ἀχιλλεὺς, Πηλιάδα μελίην, τὴν πατρὶ φίλῳ πόρε Χείρων Πηλίου ἐκ κορυφῆς, φόνον ἔμμεναι ἡρώεσσιν. pugnax << smanioso di combattere ». 9. mordaci... ferro: « dai denti della scure ». — 10. impulsa: « sradicata >>. 11. Procidit late: « cadde prono (Procidit), ingombrando le terre (late) ». Ricorda le parole dell'ombra di Agamennone a quella di Achille in Odyss. XXIIII, 39-40: σù d' Ev στρoφάλιγγι κονίης Κεῖσο μέγας μεγαλωστί. posuit: « modellò », « impresse» giacchè ponere è anche verbo dell'arte plastica. Cf. Ars poet. 34-35: Infelix operis summa, quia ponere totum Nesciet. 13. Ille. Il pronome ripetuto al principio del v. 13 serve a porre in evidenza il contrasto tra il contenuto dei vv. 9-12 e quello del v. 13 e seg., cioè tra quello che realmente accadde e quello che sarebbe accaduto se non fosse stato l'intervento di Apollo. 13-14. Minervae Sacra mentito: « che simulava il culto di Minerva ». Il poeta ebbe mente al mendace racconto di Sinone in Vergilio (Aen. II, 183-184: Hanc pro Palladio moniti, pro numine laeso Effigiem statuere, nefas quae triste piaret) o ad altro simile. Ma puoi anche costruire il genit. Minervae in dipendenza da equo e intendere equo Minervae Sacra mentito per « il cavallo di Minerva che simulava un sacro voto (per ottenere favorevole il ritorno in patria) ». Che il famoso cavallo di legno si potesse dire di Minerva, è evidente da

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armi achee.

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Troas et laetam Priami choreis

Falleret aulam;

Sed palam captis gravis, heu nefas heu!
Nescios fari pueros Achivis
Ureret flammis, etiam latentem
Matris in alvo,

Ni tuis victus Venerisque gratae
Vocibus divum pater adnuisset
Rebus Aeneae potiore ductos

Alite muros),

Doctor argutae fidicen Thaliae,

Phoebe qui Xantho lavis amne crinis,

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questo luogo omerico: ἵππου Δουρατέου τὸν Ἐπειὸς ἐποίησεν σὺν ̓Αθήνῃ (Odyss. VIII, 492-493). male: « in mal punto ». 15. laetam... choreis: « mentre era lieta di danze » giacchè non puoi intendere l'epiteto come costante della reggia di Priamo, funestata con tanti lutti dalle 16. Falleret: imperfetto invece del piuccheperfetto, come in Sat. I, 6, 80. È probabile che alla sostituzione il poeta sia stato indotto dalla analogia del Greco il quale noi sappiamo che adopera l'imperfetto con av con valore, come si suol dire, di potenziale passato. aulam: «reggia ». 17. palam_captis: « per loro presi in aperta guerra ». Contrasta con l'antecedente Falleret. gravis: « senza pietà ». 18. Nescios fari pueros: l'omerico výmα тéкvα. 19-20. etiam latentem Matris in alvo. Una minaccia simile è nell'Iliade, ma di Agamennone (VI, 57-60): τῶν μήτις ὑπεκφύγοι αἰπὸν ὄλεθρον χεῖρας θ ̓ ἡμε τέρας, μηδ' ὅντινα γαστέρι μήτηρ Κοῦρον εόντα φέροι, μηδ ̓ ὃς φύγοι, ἀλλ ̓ ἅμα πάντες Ιλίου ἐξαπολοίατ ̓ ἀκήδεστοι καὶ ἄφαντοι. 21. Ni: invece di nisi solo in questo luogo delle Odi, ma anche in Epod. I, 8. Veneris: intercedente anche lei, come madre di Enea. gratae: << diletta» a Giove. 22. Vocibus: « preghiere >>. divum: qui sicuramente per divorum. adnuisset: « avesse consentito » giacchè lo Zeus omerico significa il suo assenso con un cenno del capo (nutus). 23. Rebus Aeneae: « alla fortuna di Enea ». ductos: « tracciati » come s'usava, con l'aratro. Poichè il cenno della divinità onnipotente dà al futuro la realtà del presente e del passato, il poeta dice efficamente ductos dove la prosa direbbe ducendos. 23-24. potiore Alite: « con migliori auguri ». Cf. Epod. X, 1. 24. muros: quelli di Roma eterna invece di quelli di Troia peritura. 25. Doctor argutae fidicen Thaliae perifrasi poetica del greco Mouσarétηs.

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argutae:

<< dalla voce squillante » come in Carm. III, 14, 21. Della Musa è già in Alcmane (Hiller.4 1, 1) Mŵσa λíyeιa e prima in Odyss. XXIIII, 62: Moûσa λιγεία. Thaliae: una Musa, e quella propriamente della poesia bucolica, al solito per tutte. 26. qui Xantho lavis amne crinis: altra, e questa volta pittoresca perifrasi (Xanto è qui non lo Scamandro troiano, ma un fiume della Licia presso Patara), per Aúkιoç o Aukηyevηs, epiteto d'Apollo che, in relazione etimologica con lux, lucere, leukóç, fu invece interpretato dagli antichi per « Licio ». Non saprei in Xanthus amnis qual sia l'agg. e quale il sostantivo. Cf. Carm. II, 9, 21.

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27. decus: « l'onore ». Dauniae Camenae: « della Camena apula » cioè della poesia oraziana. 28. Levis: << imberbe >>. Agyieu: nome greco di Apollo ('Aruieús) in quanto è preposto alle vie (arvaí). 29. Spiritum: « l'armonia ». Cf. Carm. II, 16, 38 e IIII, 3, 24. É nota che a questo punto quel felicissimo passaggio che annunziammo, dalla prima alla seconda parte dell'ode. Il poeta dopo la preghiera al dio chiusa col v. 28, sente agitarsi in sè per dono di Febo la ispirazione poetica e gettando uno sguardo dentro se all'arte sua (Spiritum ... artem Carminis) e dietro di sè al proprio glorioso passato (nomen) vi attinge la superba certezza che l'opera ancora non venuta alla luce sarà degna e di lui e di Roma e del dio. In Italiano, dove la lirica è più esclamativa, avremmo avuto in principio del v. 29 l'esclamazione « Oh! ». 29-30. artem Carminis: « la perizia del verso »>, << l'artificioso verso ». nomen: « la gloria» che ora non gli torrà. 31. Virginum primae: «o fiore delle vergini » poichè il coro del carme secolare era di ventisette fanciulle e di altrettanti fanciulli delle prime famiglie. 33. Deliae tutela deae: « che la dea di Delo ha in custodia ». In questo modo è introdotta nell'ode anche la menzione di Diana, quale κoupoτρόφος, παιδοτρόφος, φιλομείραξ celebrata dai Greci. Cf. Catullo, XXXV, 1-2: Dianae sumus in fide Puellae et pueri integri. fugacis: « nella loro fuga per quanto rapida. 34. cohibentis: « che arresti ». 35. servate: « osservate ». 35-36. Lesbium ... pedem meique Pollicis ictum: « la saffica misura che il mio pollice batte ». È dunque una endiadi. Il xopodidάokalog soleva segnare il tempo con la battuta del piede o col pollice. 37. Rite: « come la sacra cerimonia vuole ».

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38. crescentem face: « la cui fiaccola si fa maggiore » dal novilunio al plenilunio. Noctilucam: una antica parola a designare la luna che dove rimanere nel linguaggio sacro e qui introdotta a conciliare al testo arcaico solennità. Noi la troviamo soltanto qui, in Varrone, De ling. Lat. V, 68 e in un luogo di Levio (?) presso Macrobio, Sat. III, 8, 3. 39. Prosperam: quasi « prosperatrice ». 39-40. celerem... Volvere. Cf. Epod. XVII, 47. pronos ... menses: «i mesi declinanti »

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ORAZIO, Liriche, comm. da V. USSANI, vol. II.

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Nupta iam dices: « Ego dis amicum.
Saeculo festas referente luces

Reddidi carmen docilis modorum

Vatis Horati ».

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VII.

Diffugere nives, redeunt iam gramina campis

Arboribusque comae;

Mutat terra vices et decrescentia ripas

Flumina praetereunt;

Gratia cum Nymphis geminisque sororibus audet
Ducere nuda choros.

<< Immortalia ne speres!» monet annus et almum

verso la morte. 41. Nupta: «sposa ». Il poeta rivolge il discorso ad una delle fanciulle, rivolgendolo in realtà a tutte quante erano del coro. iam: vivacemente per mox. Quasi : « io vedo il giorno che ». amicum: « caro ». 42. referente: « riconducendo >>. luces: « i giorni ». 43. Reddidi: « ripetei ». Il maestro insegna (tradit), il coro riproduce con le movenze e le voci quel che gli è stato insegnato e quindi reddit. docilis: per docta, in grazia dello scambio non insolito tra i participi passati e gli aggettivi di possibilità. Cf. pel genit. sciens Pugnae in Carm. I, 15, 24-25. parola anche questa arcaica e sacra, quale s'addice a indicare il poeta dei ludi secolari.

modorum. 44. Vatis:

VII. È su lo stesso tema di Carm. I, 4, ma più matura e grave poesia. Il Torquato a cui il poeta parla, fatto da alcuni una cosa sola con quel Caio Nonio Asprenate a cui il nome di Torquato fu conferito da Augusto (Svet. De vita Caes. II, 43), è senza dubbio la stessa persona alla quale è rivolta l'epistola quinta del libro primo. Di lui non sappiamo altro se non che fu oratore (cf. v. 23) e che una sua orazione in difesa del retore Mosco di Pergamo, accusato di veneficio, si conservava ancora al tempo di Porfirione.

...

1. Diffugere: propriamente « si sparpagliarono » poichè come un giovane eroe il loro nemico, la primavera, si avanzò su la terra. 2. comae: << le capigliature ». Cf. Carm. I, 21, 5. 3. vices: « i successivi aspetti »>. terra: « il suolo » per antitesi ai fiumi di cui è parola dopo. 3-4. ripas • praetereunt: « varcano le rive» tornando nel loro letto o più poeticamente invece sfuggono alle loro rive » ossia riprendono il loro corso che avevano abbandonato dilagando. 5. Gratia: << una Grazia ». Abbiamo in questo verso e nel seguente la stessa allegoria che è in Carm. I, 4, 5-7. Solo la danza è guidata lì da Venere, qui da una delle tre Grazie (Aglaia, Eufrosine, Talia). 6. nuda: particolare di effetto estetico e statuario. 7. Immortalia ne speres: <«Non concepire immortali speranze ». È, secondo me, la mesta parola che al melanconico spirito del poeta sembra pure sorprendere tra il fruscio

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Quae rapit hora diem.

Frigora mitescunt Zephyris, ver proterit aestas
Interitura simul

Pomifer autumnus fruges effuderit, et mox
Bruma recurrit iners.

Damna tamen celeres reparant caelestia lunae:
Nos ubi decidimus

Quo pater Aeneas quo Tullus dives et Ancus,
Pulvis et umbra sumus.

Quis scit an adiciant hodiernae crastina summae
Tempora di superi ?

Cuncta manus avidas fugient heredis amico
Quae dederis animo.

Cum semel occideris et de te splendida Minos
Fecerit arbitria,

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10. simul

del fogliame rimettente e il mormorio limpido delle riviere. L'aspetto giocondo della primavera il quale inganna gli altri con le sue apparenze serene ricorda a lui che un inverno è passato per non tornar più. annus: << la variazione delle stagioni ». — almum: « datore di vita ». 8. hora: << l'attimo ». - 9. Zephyris: « al soffio degli zeffiri ». In Latino è però ablat. strum. proterit: « calpesta ». Come la primavera nel v. 1, così qui l'estate è rassomigliata a un guerriero che avanza. = simul ac. 11. effuderit: « avrà lasciato cadere » dal corno dell'abbondanza che, come un dio munifico, serra nel pugno. 12. iners: quasi << morta » come quella in cui ogni vegetazione e ogni opera campestre spenta. 13. Damna caelestia: «i danni che il cielo porta >> con le sue variazioni. lunae: cioè i mesi. 14. Nos: «Ma noi ». decidimus: « traboccammo ». 15. pater. La spiegazione che si presenta più agevole è quella di « nostro padre ». Ma, come a questa spiegazione chi volesse sottilizzare potrebbe opporre la non romana origine di Orazio, un'altra può essere suggerita dall' uso che v'era di riferire agli dei in segno di reverenza il nome di pater. (Cf. Epod. II, 22). Enea infatti fu venerato come Indiges (Cf. Tibullo, II, 5, 43-44: te, venerande, Numici Unda deum caelo miserit Indigetem). È vero che questa spiegazione dell'epiteto sembra urtare col fatto affermato da Orazio che anche Enea è sceso tra le ombre. Ma fu già osservato che in quell'epiteto potrebbe celarsi una fine critica della tradizione da parte del poeta ragionante e miscredente, quasi egli dicesse: Enea non fu salvato dalla morte sebbene ritenuto un dio. dives: cioè « sebbene ricco ». L'epiteto si riferisce egualmente a Tullo e ad Anco, la ricchezza dei quali è testimoniata anche da Giovenale: Tulli census pugnacis et Anci (V. 57). 16. Pulvis: nell'urna. umbra nel mondo sotterraneo. 17. adiciant: il presente e non il futuro adiecturi sint, poichè il poeta pensa non al momento che sarebbe posteriore al verbo principale scit in cui l'aggiunta sarà fatta, ma a quello invece contemporaneo in cui l'aggiunta è deliberata. hodiernae. ... summae: « al totale di oggi ». 19. avidas: ipallage per avidi. 19-20. amico... animo: dativo. L'espressione

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