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Flumen et regnata petam Laconi
Rura Phalantho.

Ille terrarum mihi praeter omnis
Angulus ridet, ubi non Hymetto
Mella decedunt viridique certat
Baca Venafro;

Ver ubi longum tepidasque praebet
Iuppiter brumas et amicus Aulon
Fertili Baccho minimum Falernis
Invidet uvis.

Ille te mecum locus et beatae
Postulant arces; ibi tu calentem
Debita sparges lacrima favillam

lana inquinetur.

Vatis amici.

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Galaesi: fiume ad un miglio da Taranto. 11. Flumen: « la corrente ». regnata. Regnare è intransitivo, ma il part. passato si incontra non di rado nei poeti con significato passivo. Cf. Carm. III, 29, 27 regnata Cyro; Verg., Aen. VI, 794 regnata Saturno. 12. Phalantho: uno Spartano, che fondò la colonia di Taranto (onde Lacedaemonium Tarentum in Carm. III, 5, 56) dopo la prima guerra messenica. Una singolare predilezione per Tivoli e Taranto è espressa da Orazio anche altrove. Cf. Epist. I, 7, 44-45 mihi iam non regia Roma Sed vacuum Tibur placet aut imbelle Tarentum. 13. terrarum: « del mondo ». 14. Hymetto: locutio compendiaria per melli Hymettio. Cf. Strabone, VIIII, 1: ὁ δ ̓ Ὑμηττός και μέλι ἄριστον ποιεί. ridet. Cf. per la quantità dell'et finale Carm. I, 3, 36. 15. decedunt: per il semplice cedunt. 16. Venafro: locutio compendiaria per bacae Venafranae (Cf. per il dat. Epod. II, 20). Venafrum su la via Latina, nella Campania settentrionale, era celebre per il suo olio. Cf. Varrone, De re rust. 1, 2: quod vinum conferam Falerno? quod oleum Venafro? 17. brumas:« inverni ». Bruma è una contrazione, pare, da brevima (= « il giorno più breve »), un antico superlativo di brevis. Cf. prima, summa. 18. amicus: passivamente, quasi amatus. Aulon: una montagna vicino a Taranto. Cf. Vergilio, Aen. III, 553 Aulonisque arces. Anche qui hai una locutio compendiaria: Aulon per << le uve dell'Aulone ». 19. Fertili: in senso attivo. Così Ovidio di Cerere (Metam. V, 642): dea fertilis. minimum: litote per nihil. 21. Ille. Nota l'enfatica posizione del pronome. Quel luogo, sì: gli altri remoti ormai no, neanche se li consoli la compagnia inseparabile del dolce amico. 21-22. beatae ... arces. Appena occorre notare come queste beatae arces non rappresentino nulla di diverso da Ille... locus, ma servano invece a determinare e a specificare quella espressione generica, riferendosi arces al carattere montuoso del territorio e beatae alla sua ricchezza e fertilità. ibi: anche questo enfatico. 22. Debita: « dovuta » alla nostra amicizia o meglio al maturum funus, che la salute cagionevole e un'ora di tristezza potevano far temere al poeta più vicino di quello che non fosse in realtà.

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VII.

O saepe mecum tempus in ultimum
Deducte Bruto militiae duce,
Quis te redonavit Quiritem

Dis patriis Italoque caelo,
Pompei meorum prime sodalium,
Cum quo morantem saepe diem mero
Fregi coronatus nitentis

Malobathro Syrio capillos?

Tecum Philippos et celerem fugam
Sensi relicta non bene parmula,

VII. Orazio, pieno di gioia, saluta un suo commilitone di Filippi, Pompeo, che un'amnistia ha finalmente restituito alla patria. Del compagno d'armi del poeta non sappiamo altro che quanto è detto in quest'ode. Era stato con Orazio a Filippi, ma dopo quella sanguinosa giornata fu travolto di nuovo nella guerra (vv. 15-16). Dovè dunque essere di quelli che con Stazio Murco, comandante della flotta repubblicana, andarono a raggiungere in Sicilia Sesto Pompeo (Velleio Patercolo, Il, 72). Nè è probabile che fruisse poi dell'amnistia, accordata nel 715 per la convenzione di Miseno ai proscritti che si trovavano nel campo di Sesto, se longa fu la sua militia (v. 18). È più agevole supporre che dopo la morte del suo nuovo capo nel 719, il nostro Pompeo sia passato ad Antonio e dopo la rotta di Azio sia tornato in Italia per l'amnistia omnibus superstitibus civibus (Monum. Ancyr. I, 14) largita da Cesare. Così la data più antica che possa assegnarsi all'ode sarebbe quella del 725. Nè è prudente scendere più basso, chi rifletta al rimpianto che Orazio mostra per l'esito sfavorevole ai repubblicani delle giornate sanguinose di Tracia. 1. saepe: nei fatti d'armi che precorsero alla disfatta di Filippi. tempus in ultimum: « all'ultima ora ». Cf. Catullo LXIIII, 151: supremo in tempore e 169: extremo tempore. 3. Quiritem: singolare non raro in poesia e che Orazio adopera anche in Epist. I, 6, 7. Quanto al significato da attribuirsi alla parola, esso appare qui dubbio. Puoi interpretare Quiritem per « persona nel pieno possesso dei diritti civili » in contrapposto ai capite deminuti ai quali prima dell'amnistia apparteneva naturalmente Pompeo, o semplicemente per « cittadino» in contrapposto a militem « soldato ». Che la parola potesse assumere questo significato si ricava da Tacito, Ann. 42: divus Iulius seditionem compescuit Quirites vocando qui sacramentum eius detrectabant. 5. Pompei: con sinizesi. Cf. Carm. I, 35, 17: anteit; Carm. I, 37, 5: antehac. prime: << il più caro » d'allora. 6. morantem: « troppo lungo ». diem: cioè il dies solidus di Carm. I, 1, 20. 8. Malobathro: corruzione dell'indiano tamalapathram, un unguento che si otteneva dalle foglie di una specie di alloro. Syrio: « di Siria » giacchè se ne faceva anche là. Cf. Plinio, Nat. Hist. XII, 26. 9. Philippos et celerem fugam: per endiadi < la celebre fuga di Filippi ». 10. Sensi: provai ». E bada che sentire fugam non è precisamente lo stesso che fugere. V'è

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Cum fracta virtus et minaces

Turpe solum tetigere mento.
Sed me per hostis Mercurius celer
Denso paventem sustulit aere;
Te rursus in bellum resorbens

Unda fretis tulit aestuosis.
Ergo obligatam redde Iovi dapem
Longaque fessum militia latus
Depone sub lauru mea nec
Parce cadis tibi destinatis.

di più un senso di dolore, che è in contrasto (e quanto!) con quel cinismo che si volle ravvisare in questo luogo da altri. relicta non bene parmula: parole che furono oggetto di viva controversia tra i biografi del poeta. Cf. INTRODUZIONE, pagg. XIII-XIV. Ma quanto al valore di non bene, credo non sia possibile assegnargli altro significato di quello di << sfortunatamente », « sventuratamente» che avrebbe, per es., nella frase non bene evenit. L'interpretazione « vilmente », « vergognosamente >> sonerebbe offesa non tanto del poeta a sè stesso, quanto e più al suo bellicoso commilitone. 11. virtus: « il valore dei repubblicani ». minaces: da riferirsi ad sensum all'antecedente virtus (= homines virtute praediti). Così in Carm. II, 8, 18 Servitus crescit nova nec priores. 12. Turpe solum: «il suolo disonorato» dagli impia proelia. Così il nostro Manzoni, nel Cinque Maggio, disse disonorato il Golgota dalla crocifissione di Cristo. tetigere mento: poichè caddero a terra proni. 13. per hostis: « attraverso i nemici ». È questa testimonianza preziosissima che Orazio non si portò vilmente nell'infausta giornata. Abbandonando il campo, mentre l'acies fu versa retro (Carm. II, 4, 26), egli s'aprì al contrario una via tra i nemici. Mercurius. Egli difese il poeta come λórios e protettore quindi degli uomini uveoloɣikoi (Platone, Phaed. 4), detti da Orazio addirittura Mercuriales (Carm. II, 17, 29). 14. Denso paventem sustulit aere: « levò dentro una nuvola paurosa ». 11 poeta dà alla sua salvazione miracolosa carattere epico. Ricorda le prodigiose salvazioni degli eroi dell' Iliade (III, 380, V, 344 etc.). 15. resorbens. La metafora è presa dal naufrago che sul punto di afferrare la riva è portato di nuovo in alto dal mare agitato. 16. fretis aestuosis: dat. di moto a luogo, non raro nei poeti. Cf. caelo tuleris (Carm. III, 23. 1). Il poeta pensa al fretum Siculum dove nuove tragiche avventure toccarono dopo la fuga di Filippi al suo commilitone." 17. Ergo. È conclusivo, non riguardo al pensiero espresso di sopra, bensì riguardo a un altro che è sottinteso, cioè: poichè scampasti a tanti pericoli. obligatam: abitualmente adoperato di persona legata da un voto. Cf. Carm. II, 8, 5, redde: « paga come devi ». Cf. Carm. II, 1, 28. lovi: «a Giove » come owτηρ. 19. sub lauru mea: « all'ombra del mio alloro bell albero che sarà cresciuto nella villa del poeta e a lui, perchè poeta, caro su ogni altra pianta. E c'è forse un doppio senso, accompagnato da una sottile punta di umorismo, come a dire: Anche io ho i miei allori, diversi dai vostri sanguinosi. lauru è forma eteroclita per lauro (cf. Carm. III, 30, 16),

ORAZIO, Liriche, comm. da V. USSANI, vol. II.

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Oblivioso levia Massico
Ciboria exple, funde capacibus
Unguenta de conchis. Quis udo
Deproperare apio coronas

Curatve myrto? Quem Venus arbitrum
Dicet bibendi? Non ego sanius

Bacchabor Edonis: recepto

Dulce mihi furere est amico.

nec:

il cui uso fu qui preferito pel ritorno (3 volte di seguito) della lettera u, il quale conferisce un senso di tranquillo riposo a tutto il verso. non neu, poichè non si tratta di un nuovo comando, ma di una continuazione del primo. 21. Oblivioso: « che dà l'oblio ». Alceo ha olvov aliкaléa (Hiller4, 44, 3). — levia: « levigati »>. 22. Ciboria. Proprie sunt folia colocasiorum in quorum similitudinem pocula facta eodem nomine appellantur (Porfirione). Il colocasium è la fava egiziana. Il poeta non ha forse adoperato senza intenzione la parola che allude all'Egitto, sebbene la quantità breve della prima sillaba la rendesse meno adatta al metro. Egli pensa al tempo che Pompeo visse laggiù con Antonio e argutamente secondo il solito scherza: Le tazze hanno la forma delle foglie di colocasio, e potrebbero richiamarti l'Egitto alla memoria. Riempile dunque del Massico che dà l'oblio. exple: « empi fino all'orlo >>. funde capacibus. Nota come in ambedue le parole si contenga un'idea di sperpero e di allegria. 23. conchis recipienti in forma di conchiglie, nei quali si tenevano gli unguenti. Marziale (III, 82, 27) parla di un murex aureus adoperato a questo uso. Quis. IÍ poeta si rivolge con una subita apostrofe, di cui non mancano altri esempi nella poesia oraziana, agli schiavi. - udo: « rugiadoso », perchè colto or 24. Deproperare. Il de è intensivo e al composto è estesa la costruzione transitiva che riscontriamo anche col semplice propero, quando l'idea secondaria della fretta prenda il sopravvento, per così dire, nella mente di chi scrive su l'idea dell'azione principale, il cui verbo viene soppresso. (Cf. Carm. III, 24, 62). Così qui manca nectere. — apio. Cf. Carm. I, 36, 16. 25. Curatve. L'enclitica che in prosa si sarebbe accompagnata con myrto è qui accompagnata con Curat, ben rispondendo il disordine, direi quasi, delle parole all'insania ed al furor da cui pel ritorno dell'amico è assalito il poeta. Venus: il colpo, cioè di Venere, che era il migliore nel giuoco dei dadi e si aveva, quando i quattro dadi mostravano nella faccia superiore quattro numeri diversi (1, 2, 4 e 6, poichè il 3 e il 5 mancavano). Il peggior colpo (iactus caninus) si aveva al contrario quando le quattro faccie presentavano tutte il numero 1. 25-26. arbitrum ... bibendi. Traduce il greco σuμпоσίαρχος ο συμποσιάρχης. Cf. Carm. 1, 4, 18. 27. Bacchabor: « mi abbandonerò all'orgia ». Edonis: popolazione della Tracia così detta dal monte Edono vicino allo Strimone, non meno delle altre popolazioni della regione medesima celebre per lo smoderato uso del vino. Cf. Carm. I, 18, 9; 27, 2.

ora.

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VIII.

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VIII.

Ulla si iuris tibi peierati

Poena, Barine, nocuisset umquam,
Dente si nigro fieres vel uno
Turpior ungui,

Crederem. Sed tu simul obligasti

Perfidum votis caput, enitescis
Pulchrior multo iuvenumque prodis
Publica cura.

Expedit matris cineres opertos
Fallere et toto taciturna noctis
Signa cum caelo gelidaque divos
Morte carentis.

Ridet hoc, inquam, Venus ipsa, rident
Simplices Nymphae ferus et Cupido

...

- Il poeta invita Barine a non giurargli il proprio amore: tanto egli non crederebbe. Di questa Barine null'altro sappiamo. È lecito forse argomentare dal nome che fosse una liberta di Barium nella Apulia. 1. iuris ... peierati: circonlocuzione per periurii, coniata da Orazio su l'analogia di ius iurandum. 3-4. Dente... nigro, uno ungui: ablativi di misura. I due aggettivi nigro ed uno appartengono egualmente a dente e ad ungui: uno ha il valore enfatico di « uno solo ». E nota con quanta finezza il poeta sia andato a cercare il castigo che potrebbe su tutti ferire la leggiadra incantatrice in una diminuzione della sua terribile bellezza. 5. Crederem: sottintendi tibi. 6. votis. I vota erano preghiere per la propria rovina, se la promessa che li accompagnava non veniva adempiuta. 7. enitescis: efficace antitesi a nigro del v. 3, come Pulchrior multo che segue a uno turpior dei vv. 3-4. — prodis: « ti avanzi », « incedi ». 8. Publica cura : « universale affanno ». - 9. opertos : « sepolti ». — 10. Fallere: « ingannare », poichè le persone invocate sono considerate come garanti della promessa. Un simile giuramento per il padre e la madre estinti hai in Properzio (II, 20, 15-17): Ossa tibi iuro per matris et ossa parentis (Si fallo, cinis hey sit mihi uterque gravis) Me tibi ad extremas mansurum, vita, tenebras. 11-12. noctis Signa. Ricorda i giuramenti nella notte lunare di Epod. XV. Come Neera, anche Barine soleva giurare per quam sidera multa, cum tacet nox, Furtivos hominum vident amores (Catullo, VII, 7-8). Ma il poeta scaltrito non credeva più. 13-14. gelidaque carentis. L'aggiunta a divos non è oziosa. Il poeta insiste su la potenza degli dei, i quali incutono, sì, rispetto alla morte, ma non alla menzognera e spergiura Barine. 13. inquam = φημί: << penso ». Serve a introdurre la probabile spiegazione di un fatto prima enunciato. Venus ipsa: la dea dell'amore, che da un lato doveva essere la più spesso spergiurata, dall' altro dovrebbe essere la prima a trarre vendetta degli amanti ingannati. 14. Simplices:

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