Obrázky na stránke
PDF
ePub

210

15

20

Q. HORATI FLACCI

Semper ardentis acuens sagittas
Cote cruenta.

Adde quod pubes tibi crescit omnis,
Servitus crescit nova nec priores
Impiae tectum dominae relinquunt,
Saepe minati.

Te suis matres metuunt iuvencis,
Te senes parci miseraeque, nuper
Virgines, nuptae, tua ne retardet
Aura maritos.

<< non ostante la loro ingenuità » che le dovrebbe fare avverse alla. tua doppiezza. ferus et Cupido: «e Cupido, non ostante la sua ferocia » che dovrebbe incitarlo contro te che ti ribelli al suo impero. 15. ardentis: « roventi ». acuens: con valore concessivo.

[ocr errors]

16. cruenta: poichè macchiata dal sangue rappreso su le freccie. 17. Adde quod poetico per accedit quod. Traduci: « Di più », e intendi che su la via dello spergiuro Barine è spinta, oltrechè dalla impunità che gli dei accordano alla sua bellezza, dal vedere che la fama degli inganni da lei consumati non le diminuisce il numero degli amanti i quali al contrario le crescono intorno. tibi: «per te ». — 18. Servitus: per il concreto servi. Le parole Servitus nova non sono soggetto, ma predicato del secondo crescit che riconosce per oggetto il pubes del verso antecedente. priores: cioè prior servitus, « gli schiavi di prima >>. 19. Impiae: perchè spergiura. dominae: « signora », poichè essi ne sono la servitus. 20. Saepe minati: per quanto l'abbiano spesso minacciato ». 21. iuvencis: da iuvenca, adope. rato a indicare una fanciulla, come in Carm. II, 5, 6. Le madri temono che Barine non porti via alle figlie il fidanzato o l'amante.. 22. parci: quasi con valore causale. I vecchi temono che i loro figli, i vituli per continuare la metafora del verso antecedente, non facciano per Barine sperpero del patrimonio con fatica accumulato. 22-23. miseraeque, nuper Virgines, nuptae: « e le infelici spose, testè fanciulle » Il nuper virgines è aggiunto con grande efficacia a indicare il malefico potere dell'incantatrice da un lato, e a crescere dall'altro la pietà delle abbandonate nelle quali è vivo ancora il ricordo delle cure e della casa ma23-24. tua Aura: « il soffio del tuo amore ». — - retardet. La metafora è tolta dalla navigazione, quasi che la casa e il talamo coniu. gale fossero il lido, che l'amor di Barine, vento malvagio, impedisce di raggiungere agli sposi novelli.

terna.

[ocr errors]

5

VIIII.

-

VIIII.

Non semper imbres nubibus hispidos
Manant in agros aut mare Caspium
Vexant inaequales procellae

Usque nec Armeniis in oris,

Amice Valgi, stat glacies iners
Menses per omnis aut aquilonibus

Il poeta consola Valgio della morte dell'amato fanciullo Miste. C. Valgio Rufo, uno degli amici più cari di Orazio (cf. Sat. I, 10, 82) fu grammatico e poeta di vaglia. Come poeta, riscosse fama e di elegiaco, secondo che si ricava da quest'ode stessa, e di epico, secondo che si ricava dal panegyricus Messallae (vv. 179-180): Est tibi, qui possit magnis se ac· cingere rebus, Valgius: aeterno propior non alter Homero. Fu consul suffectus nel 742. - La data di quest'ode è delle più contrastate. Se coi nova tropaea dei vv. 18-19 il poeta avesse voluto alludere alla restituzione delle insegne romane fatte dai Parti ad Augusto e col rigidum Niphaten del v. 20 alla spedizione di Tiberio in Armenia, l'ode avrebbe dovuto esser composta nell'anno in cui questi due fatti avvennero, cioè nel 735. E allora o i tre libri delle odi non poterono esser pubblicati prima di quell'anno o in quell'anno ne fu pubblicata una nuova edizione in cui il carme potè venire introdotto. Ma, pur tenendo ferma la data del 731 per la pubblicazione definitiva dei primi tre libri delle odi, pare ad altri ed a me che quelle allusioni possano venire spiegate. Nell'anno 729, Augusto per la vittoria riportata su alcune tribù celtiche, lui auspice, da M. Vinicio, era stato salutato l'ottava volta col nome di imperator; altri suoi luogotenenti avevano debellato i Cantabri e i Salassi; la seconda volta nel suo principato, la quarta nella storia di Roma si era chiuso il tempio di Giano. Il senato decretò dunque tra l'altro che un arco trionfale fosse eretto in onore di Augusto vicino alle Alpi, ed è possibile che a quest'arco abbia qui voluto alludere il nostro coi suoi nova tropaea. Infatti il monumento più complesso, che sostituì in realtà l'arco, compiuto nel 747 o 748, fu chiamato Tropaea Augusti (Cf. Plinio, Nat. Hist. III, 20, 136) ed esisteva ancora nel medioevo a Turbia (evidente corruzione di Tropaea) di Monaco. Quanto al Nifate e all'Armenia, non è rimasta negli storici memoria di gravi avvenimenti in quella regione nel 729; ma devono esservene stati di certo, se ci avanzaño monete con l'iscrizione Armenia Capta Aug. Imp. VIII e se, come vedemmo, appunto in quell'anno Augusto fu salutato per l'ottava volta imperator.

[ocr errors]

1. hispidos: « arruffati », giacchè agli occhi del poeta le erbe e gli alberi appaiono quasi la capigliatura della terra. 2. Caspium. Cf. Čarm. I, 1, 13. Ma è evidente che il mare Caspium e più sotto le Armeniae orae sono qui nominate poichè dovevano in Roma essere allora l'argomento dei discorsi di tutti. 3. inaequales: « aspreggianti » il mare da loro tormentato. 4. Armeniis in oris: dove erano morti pel freddo molti soldati di Antonio nella spedizione del 719. 5. stat: « s'alza ». Il verbo fu trasferito alle nevi gelate dalle montagne che ne sono coperte. iners « nemico della vita ». Cf. Carm. I, 22, 17: pigris 6. Menses per omnis. Nota la cura con la quale il poeta

[ocr errors]

campis.

10

15

Querqueta Gargani laborant
Et foliis viduantur orni.

Tu semper urges flebilibus modis
Mysten ademptum nec tibi Vespero
Surgente decedunt amores

Nec rapidum fugiente solem.
At non ter aevo functus amabilem
Ploravit omnis Antilochum senex
Annos nec impubem parentes
Troilon aut Phrygiae sorores
Flevere semper. Desine mollium

venne variando l'espressione d'un medesimo concetto: semper (v. 1), usque (v. 4), infine Menses per omnis. 7. Gargani: il promon

hanno una fine.

[ocr errors]
[ocr errors]

com

torio Gargano nell'Apulia, le cui selve per la sua posizione geografica erano battute da tutti i venti. laborant: « s'affannano » e quindi « gemono ». Cf. Carm. I, 9, 3. 8. viduantur. E lo stesso e più che privantur o spoliantur, poichè all'idea della privazione aggiunge quella del dolore che della privazione si sente. E questa sfumatura di significato, tutta umana nel verbo attribuito agli alberi, serve quasi a rendere più simile il caso di Valgio ai tristi spettacoli naturali, che pure 9. Tu semper: forte contrasto col Non semper del v. 1. urges. Si credeva che gli eccessivi lamenti turbassero i morti nella loro quiete. Cf. Properzio IIII, 11, 1: Deşine, Paulle, meum lacrimis urgere sepulcrum.. 10. Vespero. È qui non soltanto, come nel suo proprio significato, la stella della sera; ma anche la stella della mattina, propriamente Eous o Lucifer. Se non che esse non sono due stelle diverse, ma due diversi nomi, assunti uno alla sera, uno al mattino, da una stella medesima. Cf. Catullo, LXII, 34-35: Nocte latent fures, quos idem_saepe revertens, Hespere (= Vesper), mutato prendis nomine Eous. La libertà dunque che Orazio si prese sta tutta nell'aver indicato con un solo nome la stella nelle due fasi. 11. amores: cioè le lacrime che ti strappa l'amore. 13-14. ter aevo functus... senex. Si allude a Nestore che secondo l'Odissea (III, 245) fu contemporaneo di tre generazioni e visse quindi tre volte la vita umana (aevum), onde Levio ebbe a chiamarlo trisaeclisenex (Gellio XVIIII, 7, `13). 14. amabilem: « leggiadro » come Miste, giacchè in questo amabilem, come nell'impubem del v. 15, sono con fina arte introdotte dal poeta, indulgendo quasi al dolore di Valgio, le lodi della bellezza scomparsa per sempre. Antilochum: « l'incensurabile figlio di Nestore, cui uccise lo splendido figlio della luminosa Eos » (Odyss. IIII, 187-188). Il fatto è ignoto all'lliade e accennato appena nell' Odissea, ma raccontato distesamente da Pindaro (Pyth. VI, 28 e sgg.). 15. parentes: Priamo ed Ecuba. Troilon: Infelix puer atque impar congressus Achilli (Vergilio, Aen. I, 475). La sua morte era il soggetto di una delle pitture che Enea vide in Cartagine. sorores. Ben citate dopo i genitori, giacchè, come donne, più proclivi al pianto. Così nel libro XXII dell' Iliade non è introdotto nessuno dei fratelli di Ettore a piangere la morte dell'eroe, ma il padre, la madre e la sposa. 17-18. Desine... querel·

[ocr errors]
[ocr errors]

[ocr errors]

20

Tandem querellarum et potius nova
Cantemus Augusti tropaea

Caesaris et rigidum Niphaten
Medumque flumen gentibus additum
Victis minores volvere vertices
Intraque praescriptum Gelonos
Exiguis equitare campis.

larum: su la traccia del greco λĤkov ỏdupμŵv. Cf. Carm. III, 27, 69-70: Abstineto ( àπéxου)... irarum. querellarum: forse << elegie ». 20. Niphaten. E un monte dell'Armenia, di cui Strabone XI, 12: šmeita (cioè al disopra di Nisibi e di Tigranocerta) ἐξαίρεται πλέον καὶ καλεῖται Νιφάτης· ἐνταῦθα δέ που καὶ αἱ τοῦ Τίγριος πηγαὶ κατὰ τὸ νότιον τῆς ὀρεινῆς πλευρόν. Εἶτ ̓ ἀπὸ τοῦ Νιφάτου μᾶλλον ἔτι καὶ μᾶλλον ἡ ῥάχις ἐκτεινομένη τὸ Ζάγριον ὄρος ποιεῖ τὸ διορίζον τὴν Μηδίαν καὶ τὴν Βα βυλωνίαν. Pare dunque che per Nifate (cf. νιφόεις, νίφω) si debba intendere la catena del Tauro, come è detto oggi, di Armenia, che dalla riva settentrionale del lago Van si avanza in direzione sud-ovest fino al mare. Cf. anche Plinio, Nat. Hist. V, 27. Ma questo luogo d'Orazio male inteso fu cagione d'errore ai poeti posteriori, che nel Nifate videro un fiume. Cf. Lucano III, 245: volventem saxa Niphaten, e Giovenale VI, 409–411: isse Niphaten In populos magnoque illic cuncta arva teneri Diluvio.

21. Medum: aggettivo. Cf. Epod. V, 76. Non pensare dunque al fiume Medus, che, secondo Curzio Rufo (V, 4, 7) riceve l'Arasse presso Persepoli ed è per se stesso più piccolo del suo affluente (al contrario Strabone XV, 3, dà l'Arasse per fiume principale e per affluente il Medo); ma, perchè flumen Medum = flumen Medorum, al Tigri che come vedemmo ha le sue sorgenti nel Nifate, o all' Eufrate che lo attraversa. 22. volvere: la variatio medesima che vedemmo in Carm. I, 1, 19 e sgg. Cantemus del v. 19 regge i semplici accusativi del v. 20 e poi due proposizioni infinitive (volvere, equitare);, 23. Gelonos: secondo Erodoto (IIII, 108), una tribù scitica su l'alto Tanai. È per questo lecito vedere nei due ultimi versi poeticamente accennato ciò che si legge in Mon. Anc. V, 51: nostram amicitiam petierunt per legatos Bastarnae Scythaeque et Sarmatarum qui sunt extra flumen Tanaim et ultra reges, e in Orosio (VI, 21, 19), che cioè in Tarracone nel 729 Augusto ricevette un' ambasceria di Sciti. 24. Exiguis. Noi avverbialmente: « a disagio ».

[blocks in formation]

X.

X.

Rectius vives, Licini, neque altum
Semper urgendo neque, dum procellas
Cautus horrescis nimium, premendo
Litus iniquum.

Auream quisquis mediocritatem
Diligit, tutus caret obsoleti
Sordibus tecti, caret invidenda
Sobrius aula.

Saepius ventis agitatur ingens
Pinus et celsae graviore casu

Il poeta esorta alla moderazione nelle avversità e alla aspetta zione tranquilla del domani Licinio Murena. Questo Licinio Murena pare fosse il figlio di quel L. Licinio Murena che nel 691 in un processo de ambitu ebbe per difensore Cicerone. Fu adottato da A. Terenzio Varrone e divenne così fratello di Terenzia moglie di Mecenate, e di quel Proculeio, che vedemmo in Carm. 11, 2, 5. Ñel 729 vinse i Salassi, tribù alpina, e fondò nel loro territorio la colonia di Augusta Praetorianorum, oggi Aosta. Nel 732 per aver cospirato con Fannio Cepione contro la vita di Augusto fu condannato a morte. Un accenno a ristrettezze economiche dell'ambizioso patrizio può vedersi nel v. 17. In tal caso è probabile che quest'ode sia stata scritta prima della nuova ripartizione della sostanza paterna fatta da Proculeio è sia per conseguenza anteriore alla seconda di questo libro medesimo.

Cautus.

1. Rectius: « con più saggezza » che facendo altrimenti. 1-2. altum Semper urgendo: «cimentando sempre l'alto mare ». Hai un significato di urgere simile a quello che vedemmo al v. 9 dell'ode antecedente. La vita è paragonata a una navigazione. 3. nimium: da unirsi con 4. iniquum: « pericoloso » per i bassifondi e gli scogli. 5. Auream. Cf. Carm. I, 5, 9. — mediocritatem. Mediocritas (cf. Cicerone, De officiis, I, 25: illa mediocritas, quae est inter nimium et parum) è il greco to μéσov, Tò μéтρtov. Dalla osservazione dei vantaggi che dà la moderazione era nato anche prima il detto greco Mηdèv ayav (cf. il latino Nequid nimis), ma di questa idea generale Aristotele fece una concezione filosofica, ponendola a base di un sistema di morale, dove ogni virtù è considerata come uno stato medio fra due estremi viziosi. caret: « si tiene lontano ». Per questo significato di carere cf. Epist. I, 1, 41-42: sapientia prima Stultitia caruisse. 6. obsoleti : « ruinante ».

7. invidenda: « degna d'invidia ». Invideo può costruirsi in poesia con l'oggetto della cosa invidiata. (Cf. Vergilio, Aen. XI, 41-42: Tene, inquit, miserande puer, cum laeta veniret, Invidit fortuna mihi): ne segue che può anche formare il gerundivo. 9-12. Il concetto svolto in questa strofe è largamente diffuso negli scrittori antichi: anzi in Erodoto, che trova la ragione del fatto nello peovoç Oeŵv, diventa la legge suprema, la macchina, quasi direi, della storia umana. Anche le immagini non sono nuove. Cf. Erodoto VII, 10: ὀρᾷς δὲ ὡς ἐς οἰκήματα τὰ μέγιστα αἰεὶ καὶ δένδρεα

« PredošláPokračovať »