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Decidunt turres feriuntque summos
Fulgura montis.

Sperat infestis, metuit secundis
Alteram sortem bene praeparatum
Pectus. Informis hiemes reducit
Iuppiter, idem

Summovet. Non, si male nunc, et olim
Sic erit: quondam cithara tacentem
Suscitat Musam neque semper arcum
Tendit Apollo.

Rebus angustis animosus atque
Fortis appare; sapienter idem

Contrahes vento nimium secundo
Turgida vela.

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τὰ τοιαῦτ ̓ ἀποσκήπτει βέλεα, dove potrai notare come il superstizioso storico adoperò alei, mentre l'osservazione spassionata suggeri al poeta pratico e scevro di pregiudizi Saepius. Bada alla posizione enfatica in cesura o in fin di verso degli aggettivi ingens (v. 9), celsae (v. 10) e summos (v. 11). Quegli aggettivi per il senso (hanno infatti nello stesso tempo valore attributivo e causale) sono veramente le parole più importanti di tutta la strofe. 12. Fulgura: propriamente « i baleni » che accompagnano i fulmini (fulmina). 13. infestis ... secundis: piuttosto dativi che ablat. plurali neutri. Cf. Sallustio, De con. Cat. XXXX, 2: quem exitum tantis malis sperarent. Nota il fare concettoso e nervoso che domina in questa seconda parte dell'ode, e sopra tutto si rivela nell'uso dell'asindeto. 14. Alteram: « la contraria ». 15. Informis: in quanto tolgono la bellezza (forma) alle cose. Per il concetto cf. questo luogo di Teocrito (IIII, 41-43) Θαρσεῖν χρή, φίλε Βάττε· τάχ αὔριον ἔσσετ ̓ ἄμεινον. Ἐλπίδες ἐν ζωοῖσιν, ἀνέλπιστοι δὲ θανόντες Χώ Ζεὺς ἄλλοκα μὲν πέλει αἴθριος, ἄλλοκα δ ̓ ὕει. reducit: « guida nel dovuto ordine conforme al valore del prefisso re (cf. Carm. II, 1, 28). — 17. si male nunc (est). Ricorda il greco каKŵG EXEL. olim: qui col valore di futuro che ha più generalmente aliquando. Cf. Vergilio, Aen. I, 203: forsan et haec olim meminisse iuvabit. 18. quondam: col significato meno comune di interdum. Cf. Vergilio, Aen. II, 367: Quondam etiam victis redit in praecordia virtus. cithara: con la sua 19. Musam: « la sua poesia » prima silenziosa (ta19-20. neque... Apollo: non è, cioè, sempre una divinità distruggitrice per via delle sue saette fatali, ritenute causa di̟ epidemie e pestilenze. 21. Rebus angustis: « nelle strettezze ». È ablativo assoluto. atque: veramente poco poetico così in fine di verso. 22. appare: « mostrati ». 23. sapienter: cioè da sapiens, ossia da perfetto filosofo, giacchè sapiens è la parola tecnica latina a significare l'uomo ideale delle teorie stoiche. Contrahes: raccoglierai ». Cf. il greco úπOOTélλEIV Tà iotia. Il poeta torna all'immagine della navigazione dalla quale in principio è partito. 23. vento nimium secundo: ablat. strum. in dipendenza dal Turgida del verso seguente.

cetra >>.

centem).

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XI.

Quid bellicosus Cantaber et Scythes,
Hirpine Quincti, cogitet Hadria
Divisus obiecto, remittas

Quaerere nec trepides in usum
Poscentis aevi pauca. Fugit retro
Levis iuventas et decor, arida
Pellente lascivos amores

Canitie facilemque somnum.

Non semper idem floribus est honor

XI. Il poeta consiglia Quinzio Irpino a gettare lungi da sè ogni preoccupazione che adduca tristezza e a cogliere con lui le gioie che l'ora fuggente porge. È dunque una variazione su uno dei motivi più soliti della lirica oraziana. Di Quinzio Irpino nulla si sa. Forse è lo stesso a cui Orazio scrisse l'epistola decimasesta del libro primo. Una data probabile della poesia può desumersi dai nomi dei Cantabri e degli Sciti fatti insieme al v. 1, il che fa supporre il poeta sotto l'impressione delle notizie di Tarracone, quando l'imperatore vi ricevette un'ambasceria scitica nel 729. (Cf. Carm. II, 9, 23); ma par certo dall'hac del v. 13 che l'ode dovè esser recitata o nella villa d'Orazio o in quella di Irpino.

2. Hirpine Quincti. Cf. Carm. II, 2, 3. cogitet: lo stesso quasi che paret. - 2-3. Hadria Divisus obiecto: « finchè pure da noi lo divida, chiudendogli il passo (obiectus), l'Adriatico ». Solo, cioè, quando gli Sciti saranno di qua dal mare nostrum, il poeta consente all'amico che s'angustii per loro. remittas: « rinvia » al tempo, cioè, che avranno passato l'Adriatico. Il poeta avrebbe potuto dir « lascia», cioè mittas o omittas, ma ha preferito per il suo solito humour quell'ironico « rinvia ». — 4-5. nec trepides in usum Poscentis aevi pauca. Trepides per l'analogia di trepidus (cf. Vergilio, Aen. XII, 589 trepidae rerum; Silio Italico XII, 13 trepidique salutis) regge il genitivo Poscentis aevi, mentre da Poscentis dipendono pauca come oggetto, in usum come complemento finale; sicchè il senso del passo è: « non affannarti per la vita che poco domanda in suo servigio ». Altri vorrebbero invece porre in usum in dipendenza diretta da trepides e considerare Poscentis aevi come genit. oggettivo in dipendenza da in usum (cf. Carm. III, 1, 42-43: purpurarum... usus), onde il senso: << Sii spensierato rispetto all'uso della vita che poco domanda ». Ma di trepidare con in e l'accusativo mancano esempii, giacchè male a proposito suol citarsi quello di Livio (XXIII, 16): dum in sua quisque ministeria discursu trepidat, dove l'in sua ministeria è piuttosto in dipendenza da discursu. 5. Fugit retro: pleonastico, ma più energico che il semplice fugit. 6. Levis. Indica qui non soltanto l'assenza della barba, ma di più la vellutata morbidezza della pelle giovanile di fronte a quella rugosa (arida) della vecchiaia. Nota la posizione, che appunto in forza di questo contrasto presero nel verso le due parole Levis e arida. 7. amores: « amori » e, se Quinzio era poeta, anche « poesie d'amore ». 8. facilèm: << arrendevole », che non si lascia, cioè, pregare per venire. 10. Non semper ... Vernis. In italiano riferirai il Vernis ad honor: « Non

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Vernis neque uno luna rubens nitet
Vultu: quid aeternis minorem
Consiliis animum fatigas?

Cur non sub alta vel platano vel hac
Pinu iacentes sic temere et rosa
Canos odorati capillos,

Dum licet, Assyriaque nardo
Potamus uncti? Dissipat Euhius
Curas edacis. Quis puer ocius
Restinguet ardentis Falerni
Pocula praetereunte lympha?

Quis devium scortum eliciet domo

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10-11. neque

con

hanno i fiori sempre la medesima beltà primaverile ». —
uno... Vultu: « Nè rosseggia la luna sempre in una medesima fase ».
Rubere della luna hai anche in Properzio (I, 10, 8): Et mediis caelo
luna ruberet equis, e in Vergilio (Georg. I, 431): vento semper rubet
aurea Phoebe.
11-12. aeternis minorem Consiliis animum: « la
tua mente piccola al confronto degli eterni (= divini) disegni » e quindi
incapace di modificarli o dirigerli. Ma altri intende aeternis per «< inces-
santi » e vede in aeternis consiliis uno dei più begli esempi di άπò коι-
voû, dovendo aeternis consiliis intendersi nello stesso tempo in unione
con minorem (minorem aeternis consiliis = « diseguale a un medi-
tare incessante ») e con fatigas (aeternis consiliis fatigas = « stanchi
con un meditare incessante >>.) 14. sic: cioè, come ci troviamo.
temere: << alla buona ». L'e finale di temere è di dubbia quantità
e sempre eliso in poesia. rosa: singolare collettivo. 15. Canos.
Il poeta, come già vedemmo in Epod. XVII, 23, imbiancò assai presto.
odorati. Ci aspetteremmo propriamente cincti o vincti, ma
questa più ardita iunctura il poeta dice a una volta « inghirlandati »
e << profumati ». — 16. Assyria nardo. Nardus è qui fem-
minile, conforme al greco ʼn vάpdos, mentre si incontra neutro in
Epod. V, 59 e XIII, 9, come in Plinio (Nat. Hist. XII, 26). Assyria poi
non indica forse una speciale qualità di nardo (Plinio nel luogo citato
oltre l'Indicum annovera il Syriacum, il Gallicum, il Creticum), ma
significa soltanto « orientale per la comune credenza del lusso e delle
raffinatezze di quei paesi. 17. Euhius. Cf. Carm. I, 18, 9.
18. edacis: « struggenti ». —
·puer. Cf. Carm. II, 7, 23. ocius: « più
velocemente » dei suoi compagni. 19-20. Restinguet... lympha:
<< Smorzerà nelle tazze il fuoco del Falerno con l'acqua che ci passa vi-
cino ». Veramente la mescolanza dell'acqua col vino non si faceva nei
pocula, ma nel crater, dal quale poi si attingeva col cyathus e si distri-
buiva il vino temperato nei pocula. Ma qui si tratta di un rustico e im-
provviso convito.
21. derium. Si interpreta comunemente « che
abita fuor di mano », ma può voler dire « smarrita », quasi che la ra-
gazza d'altre terre e d'altri luoghi fosse venuta chi sa come a capitare
nella casa dove ora si trovava, o anche metaforicamente « ritrosa », il

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Lyden? Eburna, dic age, cum lyra
Maturet, in comptum Lacaenae
More comas religata nodum.

XII.

Nolis longa ferae bella Numantiae

Nec durum Hannibalem nec Siculum mare

che bene s'accorderebbe col seguente eliciet. 22. Lyden. Il nome medesimo ricorre anche in Carm. III, 11, 7 e a una Lide è dedicata, del medesimo libro terzo, l'ode ventottesima. Una identificazione è possibile con la seconda delle due: con la prima no che probabilmente era sposa. age. È usato quasi come interiezione e non modifica quindi in nulla la costruzione. 22-23. dic... Maturet: costruzione paratattica non rara con gl'imperativi. Cf. Carm. III, 14, 21.- 23-24. in comptum Lacaenae More comas religata nodum: « con le chiome raccolte dietro il capo in un nodo (il greco κópuμẞoç) semplice (comptus nel senso di « lindo » << terso») a mo di Spartana ». L'arte d'acconciarsi i capelli era così conosciuta dalle donne greche e romane, che esse conobbero, si può dire, quasi tutte le forme delle pettinature moderne. Ma Lide deve venire via in fretta e per conseguenza semplice come fra le Greche dovevano naturalmente essere le Spartane, alle quali, secondo Properzio (IIII, 14, 28): Est neque odoratae cura molesta comae.

XII. È una variazione sul tema medesimo dell'ode sesta del libro primo. Invitato da Mecenate a celebrare le vittorie di Cesare, il poeta si scusa di non accogliere la sollecitazione che gli vien fatta, allegando a sua giustificazione la natura della sua musa nata per cantare le grazie e gli amori in genere, Licimnia in ispecie. Chi sia questa Licimnia non può dirsi con sicurezza. Si è pensato ad una fanciulla amata da Orazio, ma dai più e con più probabilità a Terenzia che fu moglie di Mecenate e poteva bene esserne, quando fu scritta l'ode, l'amante, chè veramente alla gravità matronale disdirebbe l'ultima strofe dell'ode, la quale dovè esser poi la ragione per cui, pubblicandosi la poesia, il nome vero fu sostituito con uno pseudonimo. (Quello di Licymnia poteva esser sug: gerito e dal nome del fratello di Terenzia, L. Licinius Murena, e dai dulcis...Cantus, Aiɣeîç o yλukeîç üuvoi, quasi Lighymnia o Glychymnia, dei vv. 13-14). - Ma neanche dalla identificazione di Licinnia con Terenzia ancor fanciulla può argomentarsi per l'ode una data precisa, giacchè noi non sappiamo quando Terenzia andò sposa al secondo imperatore di Roma. Solo una data di composizione posteriore al triplice trionfo del 725 è resa evidente dai vv. 11-12: ductaque per vias Regum colla minucium. 1. Nolis, potenziale: « non potresti volere ». - longa. Numanzia fu presa da P. Scipione Africano Minore nel 621 dopo un assedio che durò otto anni. ferae: «selvaggia » con allusione forse alla disperata fine di quegli indomabili Celtiberi, i quali in ultimam rabiem furoremque conversi, postremo Rhoecogene duce se, suos, patriam ferro veneno, subiecto igne undique peregerunt (Floro II, 18, 15). A noi tardi posteri la guerra numantina pare troppo minor cosa che non paresse agli antichi, ma Cicerone (De officiis I, 12) pone i Celtiberi tra quelli con i quali bellum gerebatur, uter esset, non uter imperaret. 2. durum: « ostinato »

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Poeno purpureum sanguine mollibus
Aptari citharae modis

Nec saevos Lapithas et nimium mero
Hylaeum domitosque Herculea manu
Telluris iuvenes, unde periculum
Fulgens contremuit domus

Saturni veteris: tuque pedestribus
Dices historiis proelia Caesaris,
Maecenas, melius ductaque per vias
Regum colla minacium.

2-3. Siculum mare

in antitesi con mollibus del verso seguente. Poeno purpureum sanguine: allusione alla prima guerra punica e alle grandi battaglie navali vinte da Duilio a Milazzo (494) e da Lutazio Catulo alle Egadi (512). Nota l'amaro sarcasmo che nel Poeno purpureum sanguine doveva colpire gli antichi, i quali solevano rendere purpureae le loro lane col murex fenicio e quindi Poenus. Senza tale sarcasmo l'immagine delle acque tinte in porpora dalla strage è già in Bacchilide (III, 44-45): Φοινίσσεται αἵματι χρυσοδίνας Πακτωλός. mollibus: « effeminati ». 5. Nec saevos Lapithas. Le battaglie combattute prima dagli uomini sono piccola cosa di fronte a quelle vinte da Cesare. Bisogna risalire più oltre, a quelle degli eroi mitici, a quelle degli dei. Per i Lapiti cf. Carm. I, 18, 8. nimium: « sovreccitato ». Cf. Tacito, Hist. 1111, 23: rebus secundis nimii. mero: ablat. strum. 6. Hylaeum (cioè « il Selvaggio» da üλn): uno dei Centauri che fu cagione della grande battaglia combattuta tra i suoi e i Lapiti alle nozze di Piritoo con Ippodamia, e ucciso in quella da Teseo o, secondo Apollodoro (Bibl. III, 9, 2), da Atalante insieme con Reco. domitosque. Il que serve a introdurre un nuovo fatto, l'et del verso antecedente a unire due particolari di un fatto medesimo. Herculea manu: « col braccio di Ercole », poichè v'era un responso ὑπὸ θεῶν μὲν μηδένα τῶν Γιγάντων ἀπολέσθαι δύνασθαι, συμμαχοῦντος δὲ θνητοῦ τινὸς τελευτήσειν (Apollodoro 1, 6, 1).- 7. Telluris iuvenes. È la traduzione del greco Fiyaνtes (= rĥs παῖδες, γηγενείς). unde, di persona: « dai quali ». 8. contremuit: adoperato transitivamente, come il semplice tremisco in Vergilio (Aen. III, 648): sonitumque pedum vocumque tremisco. gens domus Saturni veteris: cioè il cielo, posto qui per i suoi abitatori. Fulgens: << stellata ». 9. tuque: « ma tu ». Il tu ha un valore speciale enfatico, chè altrimenti in latino non sarebbe espresso. 9-10. pedestribus.....historiis. Noi a rovescio: «con prose storiche ». I Greci chiamavano la prosa λόγος πεζός e da questo λόγος πεζός deve Orazio aver derivato le sue historiae pedestres. «Prosa » presso gli scrit tori dell'età classica è oratio numeris soluta. Che Mecenate abbia scritto un'opera storica su le imprese di Augusto potrebbe argomentarsi da Plinio (Nat. Hist. VII, 148), ma l'opera era ignota a Servio che (ad Georg. II, 42) ne parla appoggiandosi solo su questa testimonianza di Orazio. 11-12. ductaque per vias Regum colla minacium: « i torvi re_tratti per il collo incatenato lungo le vie ». E i più pensano alla via Sacra, che dalla porta Trionfale menava al tempio di Giove Capitolino. A me pare invece che il poeta ripensi e vegga con gli occhi della mente i lunghi viaggi

8-9. Ful

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