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Sumptu iubentes et deorum
Templa novo decorare saxo.

XVI.

Otium divos rogat in patenti
Prensus Aegaeo, simul atra nubes
Condidit lunam neque certa fulgent
Sidera nautis;

Otium bello furiosa Thrace,

Otium Medi pharetra decori,

19. iu

secondo l'antico linguaggio ufficiale. — publico: « di tutti ». bentes: perchè comandavano ». Imponendo gravezze per pubbliche costruzioni, si impedivano naturalmente i gravi dispendi per le private. 20. novo... saxo: « con pietra recisa di fresco » dal masso, non rimessa, cioè, a nuovo, non risegata. Altri pensarono invece che novo saxo si abbia da intendere « con la nuova pietra» (quasi « col nuovo mattone ») e questa nuova pietra » sia il marmo, secondo quel vanto di Augusto che ci ha tramandato Svetonio (De vita Caes. II, 28): urbem marmoream se relinquere quam latericiam accepisset.

...

XVI. Il poeta invita Grosfo (lo stesso che col nomen di Pompeo è presentato da Orazio ad Iccio, amministratore di Agrippa in Sicilia, in Epist. I, 12) a cacciar lungi da sè l'amore del danaro e degli onori, riparando in quella calma tranquilla dello spirito che gli Stoici dissero άπáleiα, gli Epicurei aτapatía ed è qui chiamata otium. Nessun indizio cronologico sicuro, tranne quello, del resto non di grande importanza, che l'ode dovè essere composta quando il poeta era già padrone della villa sabina (cf. v. 37). Pure cf. le note ai vv. 5 e 6.

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1. Otium: pace » per tradurre con una parola che possa poi ripetersi nella traduzione dei vv. 5 e 6. Con maggior proprietà sarebbe qui << bonaccia » come in Carm. I, 1, 16; 15, 3. 2. Prensus: pel composto deprensus (cf. Vergilio, Georg. IIII, 421 deprensis olim statio fidissima nautis) e quindi « sorpreso ». Il singolare usato con valore di sostantivo è raro, ma non ricorre solo qui. Čf. Carm. III, 20, 16 raptus. Aegaeo: per un mare qualunque. Cf. Carm. I, 1, 13. 3. certa: « infallibili. Cf. Carm. I, 7, 28. Il poeta allude alla polare e ad altre stelle, dalla cui osservazione prendeva norma la navigazione. 5. Otium: qui propriamente << pace » per contrapposto a bello. furiosa: o perchè i Traci siano tali per loro natura o forse perchè là bellum furebat. Ammessa questa spiegazione, non sarebbe difficile rintracciare la data dell'ode, giacchè nell'anno 727 il 4 di luglio il proconsole M. Licinio Crasso trionfo della Tracia e dei Geti; ma chi sa? Thrace: così nelle odi. Cf. Carm. III, 25, 11. Nelle epistole invece si ha Thracia (I, 3, 13; 16, 3). 6. Otium: propriamente « concordia » se si allude alle dissensioni tra Tiridate e Fraate che travagliarono per lungo tempo il reame partico fino all'anno 728. Ma il poeta potè bene mettere qui i Parti per un qualunque popolo bellicoso. pharetra decori: che il turcasso adorna ». E l'aggiunta serve bene a di

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Grosphe, non gemmis neque purpura ve

nale neque auro.

Non enim gazae neque consularis
Summovet lictor miseros tumultus
Mentis et curas laqueata circum
Tecta volantis.

Vivitur parvo bene cui paternum
Splendet in mensa tenui salinum
Nec levis somnos timor aut cupido
Sordidus aufert.

Quid brevi fortes iaculamur aevo

Multa? Quid terras alio calentis

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tu

notare la grande stanchezza di cui doveva essere afflitta per chiedere al cielo la pace quella gente così bella nelle armi. 7. purpura: forse la porpora consolare, la toga praetexta, a cui Grosfo nella sua ambizione aspirava. 7-8. ve-nale. Cf. INTRODUZIONE, pag. XLV in fine. 9. gazae. Cf. Carm. 1, 29, 2. 10. Summovet. E la parola tecnica a indicare il « far largo » dei littori. Cf. Livio, III, 48: `i, lictor, submove turbam. miseros: nel senso attivo di « angustianti »>. multus: « agitazioni ». 11. curas: gli affanni. laqueata: « a quadrelli» (da lacus nel significato di « cavità ») come si trovavano nelle case dei grandi. 12. volantis: quasi pipistrelli malaugurosi. 13. Vivitur: impersonale. Vivere parvo ricorre anche in Sat. II, 2, 1. cui: cioè ei cui, dei quali dat. il primo sottinteso è il complem. d'agente che accompagna Vivitur. Nota anche che cui si riferisce egualmente a Splendet (v. 14) e ad aufert (v. 16). paternum: cioè « ereditata » e quindi non guadagnata con le truffe dell' usura e i gretti risparmi dell'avarizia. Ma la parola ha anche un significato direi quasi patetico, ponendo in luce il gentile animo del possessore della saliera antica che non vuol distaccarsi da quella familiare memoria. Non a questa gentilezza, si sottintende per un tacito confronto, sono informati gli animi degli avari e degli ambiziosi. 14. Splendet: perchè d'argento. L'argento, bisogna ricordarsi, non ha splendore, dice il poeta (noi diremmo: è come non ne avesse) quando non lo acquisti dal ragionato suo uso (Cf. Carm. II, 2, 1-4). tenui: « frugale ». 15. levis: « leggieri » cioè « per quanto siano leggeri e quindi facili a rompersi ». Non è qui la prosopopea che può vedersi in Epod. II, 28. cupido: « voglia ». In Orazio è sempre maschile. 17. brevi fortes... aevo: « vigorosi per una breve età ». Noi, dato il carattere più esclamativo che ha la lirica oggi, avremmo aggiunto un'interiezione di dolore: «ahi! ». iaculamur: «saettiamo » con l'arco del desiderio. << molte brame» verso l'avvenire. Multa è in posizione poco naturale, ma voluta per aumentare col valore della parola l'efficacia della sua contrapposizione a brevi. 18-19. terras alio calentis Sole mutamus. Non mi pare occorra sottintendere, come generalmente si vuole, un patria, ablat. della cosa che si dà in cambio, come in Carm. I, 17, 2. Orazio adopera un'altra volta mutare col semplice accus. (Mutat terra vices in Carm. IIII, 7, 3) nel significato di « alternare » e questo significato si

18. Multa:

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può benissimo riconoscergli anche qui. Sembra anzi che il testo, così intendendo, guadagni un'idea di più, giacchè quella dell' abbandono della patria si trova espressa subito dopo nel Patriae exsul, e il mutare nel senso di alternare ci fa assistere a più e diversi cambiamenti di terra e di cielo vani tutti a chi porta dentro di sè il male che lo rode. 19. Patriae... exsul. Il Patriae può parere inutile, ma fu aggiunto per antitesi col Se quoque del verso seguente. Pel genit. cf. Ovidio, Metam. VIIII, 409 exsul mentisque domusque. 21. aeratas: « dalla bronzea prora» con allusione alle navi da guerra, o meglio «<< adorne di bronzo » con allusione a piastre di quel metallo adoperate a decorare i bastimenti privati, secondochè appare dalla nave che fu scoperta al fondo del lago di Nemi. Ad ogni modo l'epiteto non è aggiunta oziosa, in quanto gli va sottinteso innanzi un legame concessivo: « sebbene ». vitiosa: sinonimo qui di deformis (cf. deformis aegrimoniae in Epod. XIII, 18. 22. Cura. L'immagine è stata singolarmente cambiata, giacchè quello che era prima pipistrello svolazzante intorno ai soffitti preziosi diventa ad un tratto un demone che sale a prora delle navi e raggiunge in corsa le cavallerie. Ma simile spostamento d'immagine vedemmo pur troppo altra volta in Orazio. Cf. Epod. VI. Altri invece pensarono che tutta questa strofe sia un'interpolazione, riconiata sui vv. 37-40 di Carm. III, 1: Timor et Minae Scandunt eodem quo dominus, neque Decedit aerata triremi et Post equitem sedet atra Cura. 25. Laetus in praesens: cioè quando sia pago dell'oggi ». Un' espressione simile è in Livio, XXX, 17 ingenti hominum et in praesens laetitia et in futurum spe. quod ultra est: « il domani ». 26. Oderit curare: « Non curi » o più letteralmente « Sdegni di curare ». Siamo dinanzi a una variazione poetica di Nolit curare analoga a quelle per cui vedemmo nelle proibizioni sostituito al noli della prosa fuge o mitte. 26-27. amara lento Temperet risu. Poichè temperare è il verbo tecnico del mescolare due o più ingredienti di una bevanda in determinate proporzioni, pare si debba intendere: « quando la bevanda (che la vita le propina) sia amara, (l'anima) la renda come deve essere (temperet) col sorriso della pazienza ». 29. clarum... Achillem: diov 'Axıλña, « Achille nella sua gloria ». L'epiteto non è ozioso, poichè all'eroe di Ftia fu proposta la scelta tra la gloria e la longevità. 30. Tithonum:

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40.

...

Et mihi forsan, tibi quod negarit,
Porriget hora.

Te greges centum Siculaeque circum
Mugiunt vaccae, tibi tollit hinnitum
Apta quadrigis equa, te bis Afro
Murice tinctae

Vestiunt lanae; mihi parva rura et
Spiritum Graiae tenuem Camenae
Parca non mendax dedit et malignum
Spernere vulgus.

lo sposo dell'Aurora, per cui ella ottenne l'immortalità, ma dimenticò di chiedere la giovinezza eterna; sicchè non valse (tutt'altro !) a rendere lui felice ab omni parte quel dono divino. — Longa ... senectus. È in antitesi col cita mors del verso antecedente.· minuit: «assottigliò» tanto che, secondo il racconto di Servio (Ad Georg. 1, 6) egli si cambiò in cicala. 31. quod: « il dono che ». 32. hora: « l'ora » cioè il tempo in un qualunque attimo fuggente. 33-34. greges centum ... Siculaeque vaccae: per endiadi« cento armenti di vacche siciliane ». Grosfo doveva dunque avere possedimenti in Sicilia, come del resto si ricava anche dalla lettera di presentazione (Epist. 1, 12) che Orazio gli rilasciò più tardi per lccio, amministratore nell' isola dei beni di Agrippa. 34. hinnitum. Il verso si lega al seguente per sinafia. - 35. Apta quadrigis equa: il femminile, forse perchè, contro la moderna esperienza, gli antichi preferivano per la corsa le cavalle. Cf. Vergilio, Georg. I, 59: (mittit) Eliadum palmas Epiros equarum. Ma potrebbe anche essere uno dei tanti casi di quel vezzo del linguaggio poetico latino per cui i nomi degli animali si adoperano spesso al femminile. L'avere un buon numero di cavalli da corsa era naturalmente considerato come segno di ricchezza. 35-36. bis Afro Murice tinctae: « tinte due volte della porpora d'Africa ». Cf. Epod. XII, 21. La porpora d'Africa si otteneva da animali raccolti su le rive dell'isola Meninx presso la piccola Sirti.

37. Spiritum Graiae tenuem Camenae: << la fine armonia della Greca Camena ». Spiritus è probabilmente traduzione del greco пνой nel senso di << suono del flauto ». Cf. Carm. IIII, 3, 24 Quod spiro et placeo. Altri intendono spiritus come un equivalente di πveÛμa nel senso di afflatus (= « inspirazione »). Graiae Camenae è forse un ossimoro voluto dal poeta, ad affermare quel connubio di espedienti artistici greci e di sentimento nazionale che è nella lirica sua. Questo invece, quasi un sacrilego travestimento, il malignum vulgus gli rimproverava. 39. Parca: adoperato da Orazio solo qui al singolare. non mendax: poichè attenne la promessa che gli fece al suo nascere, che sarà stata di povertà allietata dall'arte. malignum: « avaro » di lode al poeta.

40. vulgus: « la folla » cioè la gente inesperta d'arte.

པ་

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XVII.

Cur me querellis exanimas tuis?
Nec dis amicum est nec mihi te prius
Obire, Maecenas, mearum

Grande decus columenque rerum.

A te meae si partem animae rapit
Maturior vis, quid moror, altera,
Nec carus aeque nec superstes
Integer? Ille dies utramque
Ducet ruinam. Non ego perfidum
Dixi sacramentum: ibimus, ibimus,

XVII. Il poeta conforta e consola Mecenate che uscito da una grave malattia ma disperato, pare, della propria salute, lo rattristava col ripetergli che presto lo avrebbe lasciato solo. Nessun indizio cronologico, tranne quello che si può desumere dal v. 27 e segg. i quali fanno l'ode posteriore alla decima terza di questo libro medesimo. Del resto Mecenate fu in ogni tempo di cagionevole salute (Cf. Plinio, Nat. Hist. VII, 172: Quibusdam perpetua febris est, sicut C. Maecenati. Eidem triennio supremo nullo horae momento contigit somnus) e insieme amante della vita a tal segno da pronunziare quel votum che allo stoicismo di Seneca (Epist. 101) parve turpissimum: Debilem facito manu, Debilem pede, coxa; Tuber adstrue gibberum, Lubricos quate dentes: Vita dum superest, bene est! Hanc mihi vel acuta Si sedeam cruce, sustine.

...

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1. exanimas: « fai morire » come occidis in Epod. XIIII, 5. Ma exanimas anticipa inoltre il te meae partem animae del v.5. 2. amicum est. Il poeta derivò dal Greco (Cf. I. VIIII, 23: Ouтw поu Arì μéxλei úñepμevél pílov elvai) questa variazione poetica del comune placet. 3. Obire: adoperato senza l'ogg. diem o diem supremum per mori. 4. decus: come in Carm. I, 1, 2. columen: per metafora qui nello stesso senso che ha praesidium in Carm. I, 1, 2. Traduci: «sostegno». L'immagine era già della poesia greca. Cf. Pindaro, Ol. II, 6 Ońpwva ἔρεισμα ̓Ακράγαντος. 5. partem animae. Cf. Carm. I, 3, 8. · 6. Maturior: « precoce ». vis. Vale qui quanto mors; ma il poeta non ha voluto pronunziare la triste e malaugurosa parola. Puoi tradurre in italiano con < destino >>. altera: nom. da intendersi come apposizione del sottinteso ego piuttostochè ablat. strum. 7. carus: « diletto ». aeque. Sottintendi atque prius eram. 8. Integer: perchè privato della metà di sè stesso. utramque: ipallage per utriusque. 9. Ducet ruinam. Propriamente si dice ducere o trahere ruinam (Cf. Vergilio, Aen. II, 466) quella parte dell'edificio che cadendo prima è cagione della caduta delle altre. La immagine si presentava dunque facilmente alla mente del poeta, che in Mecenate vedeva il suo columen. - perfidum: ipallage per perfidus. 10. sacramentum: propriamente il giuramento militare. Ma la parola è stata adottata quì, perchè appunto i soldati giuravano di seguire ovunque il loro capitano. ibimus, ibimus.

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