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Nec saevus Arcturi cadentis
Impetus aut orientis Haedi,

Non verberatae grandine vineae
Fundusque mendax, arbore nunc aquas
Culpante, nunc torrentia agros

Sidera, nunc hiemes iniquas.
Contracta pisces aequora sentiunt
Iactis in altum molibus: huc frequens
Caementa demittit redemptor

Cum famulis dominusque terrae
Fastidiosus. Sed Timor et Minae
Scandunt eodem, quo dominus, neque
Decedit aerata triremi et

Post equitem sedet atra Cura.

aquas: « le pioggie ».

27-28. Nec saevus Arcturi cadentis Impetus aut orientis Haedi. Il sorgere di Haedus (propriamente Haedi, due stelle nella costellazione dell'Auriga su la via Lattea) il giorno 29 di settembre (cf. Plinio, Nat. Hist. XVIII, 312) e il tramonto di Arcturus nel secondo giorno di novembre (cf. Plinio, 1. c. XVIII, 313) son posti qui a significare la stagione delle burrasche equinoziali, causa di ansie al ricco che teme non le sue ricchezze impiegate nei commerci oltremarini Addant avaro divitias mari (Carm. III, 29, 61). — 28. Impetus: « la furia ». — 29. verberatae: « flagellate ». Dal ricco che attende ai commerci passiamo in questa strofe a quello che vive del prodotto dei suoi latifondi. 30. Fundusque mendax: personificazione non nuova. Cf. Epod. XVI, 45. arbore: « le piante » in genere e naturalmente in particolare la vite e l'olivo. 31. Culpante: «dando la colpa». Anche l'albero è personificato. 32. Sidera: qui il Cancro e la stella del Cane, riputati cagione della siccità estiva (sideratio). iniquas: soverchiamente rigidi ». — 33. Contracta pisces aequora sentiunt. Nota come l'aver introdotto la menzione dei pisces renda l'espressione assai meno iperbolica di quello che non sarebbe il semplice Contrahuntur aequora. E infatti trascurabile di fronte alla sterminata distesa degli oceani la piccolissima estensione marina che l'uomo può prosciugare; ma bene se ne accorge il pesce solito a visitare il luogo prosciugato. 34. molibus: i grandi blocchi di pietra che si gettavano nel mare a limitare lo spazio che si voleva togliere all'acqua per costruirvi. Cf. Vergilio, Aen. VIIII, 710-712: Talis in Euboico Cumarum litore quondam Saxea pila cadit, magnis quam molibus ante Constructam ponto iaciunt. huc: nello spazio chiuso dalle moles. frequens: << assiduamente >>. 35. Caementa. Così da caedo (= spezzo) è chiamata la pietra più minuta che riempiva lo spazio tra le moles. « l'appaltatore >>. 36. famulis: «i suoi operai ».

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redemptor: 37. Timor:

« La Paura » di un rovescio di fortuna. Minae: « visioni di disastro > qui personificate come Timor e come Cura del v. 40.

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dunt: poichè al maraviglioso palazzo marino si accede per una grande scala signorile. neque: qui e neppure ». Cf. Carm. II, 16, 21.

39. aerata triremi.

40. Post equitem: « in groppa al suo ca

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vallo ».

Quodsi dolentem nec Phrygius lapis
Nec purpurarum sidere clarior
Delenit usus nec Falerna

Vitis Achaemeniumque costum,
Cur invidendis postibus et novo
Sublime ritu moliar atrium?
Cur valle permutem Sabina
Divitias operosiores ?

II.

Angustam amice pauperiem pati
Robustus acri militia puer
Condiscat et Parthos ferocis

Vexet eques metuendus hasta

Cura: « l'Affanno ». È qui in fondo una reduplicazione del

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Timor e delle Minae sopra nominate. 41. dolentem = me dolentem: « il mio dolore ». Phrygius lapis: un marmo di Sinnada in Frigia, celebre pel suo pavonazzo e molto usato nelle colonne. 42. purpurarum (= vesti purpuree) sidere clarior usus ipallage per purpurarum sidere clariorum usus. 44. Achaemenium. Cf. Epod. XIII, 8. costum: nome di pianta e di radice (ó Kóσтoç), da cui si estraeva un celebre unguento e dell'unguento stesso. 45. invidendis: << degne d'invidia » (Cf. Carm. II, 10, 7). Vergilio, Georg. II, 463, parla di postes intarsiati di tartaruga, varios... pulchra testudine postes. 45-46. novo ... ritu: « secondo la moderna usanza » opposta ai costumi dell'antica Roma, che gli edificii monumentali riserbava agli dei. 46. Sublime: « eccelso ». atrium. Sta qui per tutta la casa, per l'importanza che nella casa aveva sopra tutto per la vita, come noi diremmo, esteriore. Nell'atrio il patrono riceveva la mattina i clienti, nell' atrio la matrona riceveva le visite sue. 47. permutem: « dovrei prendere in cambio ». 48. operosiores: che danno maggiori travagli ». Il complem. di paragone è valle Sabina del verso antecedente, che nello stesso tempo funge da ablativo strumentale rispetto a permutem. 1. Angustam ... pauperiem: « le strettezze della povertà ». - amice ... pati: ossimoro per amare. Questa serena tolleranza della povertà messa cosi in principio dell'ode dovrebbe esserne l'argomento quando essa fosse isolata; ma, poichè il poeta non vi torna più sopra, quel pensiero serve per lui di passaggio soltanto e dimostra ancora una volta la composizione ciclica delle prime sei odi. 2. Robustus: col valore passivo di corroboratus (cf. onustus e oneratus) che ha a volte anche in prosa. Cf. Cicerone, In Cat. II, 20 genus exercitatione robustum. 3. Condiscat: cong. ottativo, come i seguenti Vexet, agat, Suspiret. 4. eques. L'espressione più che alla realtà si collega a un desiderio e a un disegno di Augusto, il quale fece sua cura della cavalleria romana, quasi spenta. Cf. Svetonio, De vita Caes. II, 38 equitum turmas frequenter recognovit

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Vitamque sub divo et trepidis agat
In rebus. Illum ex moenibus hosticis
Matrona bellantis tyranni

Prospiciens et adulta virgo

Suspiret: «Eheu! ne rudis agminum
Sponsus lacessat regius asperum
Tactu leonem quem cruenta

Per medias rapit ira caedes ».
Dulce et decorum est pro patria mori:
Mors et fugacem persequitur virum

5. sub divo:

post longam intercapedinem reducto more travectionis. lo stesso che sub Iove di Carm. I, 1, 25. 5-6. trepidis... In rebus : << nei pericoli ». moenibus: di Ctesifonte o altre città partiche assediate. Dinanzi alla fantasia del poeta si presenta un quadro simile a quelli che gli offeriva il ciclo troiano. Come nel terzo libro dell'Iliade (v. 146 e sgg.) i seniori di Troia sono riuniti su le mura intorno a Priamo ed Elena giunge in mezzo a loro per vedere il duello che si combatterà nel piano fra Alessandro e Menelao, come nel ventiduesimo dell' Iliade stessa (vv. 25-89) dalle mura di Troia i vecchi genitori tentano invano con le preghiere e le lacrime di stornare Ettore dalla generosa risoluzione che lo trarrà a morte; così su le mura delle città barbariche assediate palpitano pei vincitori di Carre precipitanti alla morte nelle battaglie future, che il poeta vede, spose ed amate. hosticis: per hostilibus. Cf. Carm. II, 1, 1. 8. Prospiciens: « osservando ». Si riferisce tanto a Matrona che precede quanto ad adulta virgo che segue. Ma, per quanto sia grande il dolore della regina che vede tra i combattenti in pericolo il re, più patetica e viva si leva nella fantasia del poeta l'immagine della fanciulla regale, che nulla avendo ancora goduto o sofferto, vede in giuoco nella terribile mischia la vita del fidanzato ed insieme ogni sua felicità futura. E dalla vista di quell'angosciato amore resta così colpita l'anima stessa dell'artefice che la creò da venirne oscurata e cancellata la figura della regina, della quale non si sa più che faccia o che dica. 9. Suspiret. Le parole che seguono sono quelle che la fanciulla vorrebbe dire, ma che non può per il riserbo che a una vergine e a una vergine regale si conviene. Essa dunque sospira in silenzio; ma il poeta intende e per noi interpreta i trepidi voti della sua divina creatura. 10. lacessat: « provochi ». regius: « regale poichè sarà anche egli un principe venuto da lontano alla difesa di Ctesifonte, come quei tanti che da lontano vennero alla difesa di Troia. 10-11. asperum Tactu: « pericoloso a toccarsi ». Il poeta ha riprodotto con bravura l'ǎаnто omerico, che è propriamente « intangibile » ma poi << invincibile » « indomabile ». leonem: altro ricordo omerico di comparazioni tra guerrieri e leoni. 13. Dulce et decorum est pro patria mori. Veramente la dolce pittura di sopra pareva fatta per tagliare i nervi a ogni valore; ma per questo il poeta rincalza e rinforza il desiderio enunciato nella prima strofe con un ricordo del vecchio Tirteo: Τεθνάμεναι γὰρ καλὸν ἐνὶ προμάχοισι πεσόντα ̓́Ανδρ ̓ ἀγαθὸν περὶ ῇ πατρίδι μαρνάμενον (Hiller, fr. 8, 1-2). 14. Mors et fu

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Nec parcit imbellis iuventae
Poplitibus timidove tergo.
Virtus repulsae nescia sordidae
Intaminatis fulget honoribus
Nec sumit aut ponit secures
Arbitrio popularis aurae.
Virtus recludens immeritis mori
Caelum negata temptat iter via
Coetusque vulgaris et udam

Spernit humum fugiente pinna.

Est et fideli tuta silentio

gacem persequitur virum. Par di sentire un'eco di Simonide (Hiller4, 48): Ο δ ̓ αὖ θάνατος κίχε καὶ τὸν φυγόμαχον; onde può arguirsi che anche il fugacem di Orazio vada inteso non nel senso di « fuggiasco » ma in quello di uno che evita la battaglia stessa ». 16. Poplitibus timidove tergo: garretti e tergo agevolmente trasferiti dai fuggenti delle battaglie ai puyóμaxoi che fuggono la battaglia stessa. 17. Virtus: propriamente il greco avdpeía, cioè tutto l'insieme delle qualità per cui l'homo è vir, l'aveршños è ȧvýρ; ma qui con speciale riguardo ai pericoli della guerra e quindi « valore ». repulsae nescia sordidae: che non imparò a conoscere la vergogna della ripulsa »>, poichè, paga delle vittorie guadagnate sul campo, non domanda quegli uffici che sono, come vedemmo nell'ode antecedente, la meta dell'ambizione altrui. 18. Intaminatis: per alcuni dall'antiquato taminare (tagminare) che è poi lo stesso che tangere « inviolabili» (cf. Epod. XIII, 12), per altri lo stesso che incontaminatis e quindi « senza macchia » «puri » in opposizione al sordidae del v. 17. fulget: << si adorna ». honoribus: le decorazioni, come diremmo noi, che si davano ai soldati e agli ufficiali più valorosi; medaglie (phalerae), braccialetti (armillae), collane (torques) pei primi, corone di diverse specie per i secondi. 19. secures: letteralmente << i fasci >> honores di cui i fasci eran segno. priccio, cioè « obbedendo al capriccio >>. - popularis aurae. Anche noi << dell'aura popolare », giacchè i Quiritì, quelli d' allora, erano mobiles (Cf. Carm., 1, 1, 8). L'immagine era già della prosa. Cf. Cicerone, Pro Cluent. 47. 21. Virtus. La personificazione continua, ma con un qualche spostamento; giacchè nella strofe antecedente è detto dell'astratto Virtus tutto ciò che potrebbe dirsi con proprietà del concreto vir, mentre qui Virtus diventa un genio alato che trasporta seco al cielo le anime dei caduti nei santi combattimenti. immeritis mori: « ai meritevoli di non morire » cioè dell'apoteosi degli antichi eroi. 22. negata: non sibi, ma vulgo. 23-24. udam ... humum: « le paludi della terra » opposte alle arces igneae del cielo (Carm. III, 3, 10). 24. Spernit: « sprezza » e perciò abbandona ». 25. fideli... silentio : « per la modestia (silentio) devota (fideli) ». Con questa spiegazione mi pare sparisca ogni difficoltà di legame tra le strofe antecedenti e quest'ultime due, che vollero vedere molti precedenti editori. Il fanciullo che il poeta sogna, educato alla pauperies e all'acris militia, non avrà su la terra le ambiziose soddisfazioni degli altri, ma

ma realmente gli 20. Arbitrio; « secondo il ca

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Merces: vetabo, qui Cereris sacrum
Vulgarit arcanae, sub isdem

Sit trabibus fragilemque mecum
Solvat phaselon. Saepe Diespiter
Neglectus incesto addidit integrum,
Raro antecedentem scelestum
Deseruit pede Poena claudo.

III.

Iustum et tenacem propositi virum
Non civium ardor prava iubentium,

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in cambio del silenzio che accompagnerà l'oscura sua vita sarà assunto, come Augusto nell'ode seguente, dopo morte alle mense degli eroi. 26. vetabo : « non permetterò ». Ma la parola latina ha del sacro assai più che la traduzione italiana. Cereris sacrum: «i misteri di Cerere » eleusina. Il passaggio potè esser suggerito al poeta dall'impiego che aveva prima fatto della parola silentium; ma la divulgazione dei misteri eleusini sta qui per una trasgressione qualunque della legge morale, mirando il poeta al concetto con cui egli`chiuderà l'ode: che cioè non solo bisogna non commettere alcun male, ma separare anche la causa propria da quella di coloro che se ne rendono rei. 27. arcanae: riferito per ipallage a Cereris piuttosto che a sacrum. 27-28. sub isdem Sit trabibus: « abiti sotto lo stesso tetto ». Nota la metonimia. 28-29. fragilem phaselon e neppure, s'intende, la meglio guernita delle triremi da guerra. Ma per chi naviga con l'empio nessuna nave presenta maggiore difesa di quella che presenterebbe « il fragile battello » e per questo il fragile battello » è posto qui a significarle tutte. 29. Diespiter. Cf. Carm., I, 34, 5. E qui, come lì, l'arcaica parola dà un'impressione di solennità. incesto: « impuro ». integer: « l'immacolato» per antitesi a incesto. 32. pede... claudo. Generalmente è preso per ablat. di qualità. In tal caso si avrebbe del Castigo (Poena) una personificazione analoga a quella Ερινύς ὑστερόποινος che Eschilo nell' Agamennone fa mandare dagli dei su le traccie dei colpevoli e il Raro del verso antecedente sarebbe avverbio. Ma a me non pare nemmeno assurda iunctura quella di chi volle unire Raro più strettamente con pede claudo, intendendo Raro... pede... claudo per ablat. strum. (« con piede raramente zoppo »). In verità Pausania racconta (1, 33, 6) che le Nemesi (Neuéσes) apparvero in Smirne sotto forma di de

moni alati.

...

1. Iustum et tenacem propositi: due gradi, direi quasi, di una stessa virtù; giacchè iustus significa chi vuole il bene e tenax propositi colui che per difficoltà che gli si frappongano non cessa dal volerlo. — virum. È in questa parola il legame tra questa ode e l'antecedente, dove è appunto celebrata quella educazione militare senza mollezze e corruzioni che saprà allevare il giovine alla virtus cioè alle qualità del vir, da rivelarsi poi nell'onestà della vita civile. 2. ardor: « la passione ».

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