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Hac lege dico, ne nimium pii
Rebusque fidentes avitae

Tecta velint reparare Troiae.
Troiae renascens alite lugubri
Fortuna tristi clade iterabitur,
Ducente victrices catervas
Coniuge me Iovis et sorore.
Ter si resurgat murus aeneus
Auctore Phoebo, ter pereat meis
Excisus Argivis, ter uxor

Capta virum puerosque ploret ».

Non hoc iocosae conveniet lyrae:
Quo, Musa, tendis? Desine pervicax

(Ovidio, Fast. II, 477). 58. nimium pii: « troppo reverenti » alla loro madre patria. 59. Rebusque fidentes: « e fiduciosi nella loro potenza ». 60. reparare: forse << ricostruire », forse anche « procurare di nuovo e in cambio » di Roma abbandonata. Racconta infatti Svetonio che negli ultimi anni di Cesare (De vita Caes. 1, 79) varia fama percrebuit, migraturum Alexandream (quella meno nota della Troade, non la grande città dei Lagidi) vel Ilium, translatis simul opibus im perii exhaustaque Italia dilectibus et procuratione urbis amicis permissa: e forse i nemici d'Augusto attribuirono a lui per creargli odii la medesima intenzione, intenzione che qui in questa forma il poeta, interprete quasi dell'imperatore, recisamente smentisce. 61. renascens: riferito per ipallage a Fortuna, piuttosto che a Troiae. alite lugubri. Cf. Epod. X, 1. 62. clade iterabitur - = iterum clade delebitur, giacchè, come avviene di altri verbi, per es. afficio, persequor, anche itero modifica il suo significato secondo l'ablat. strum. che lo accompagna. Così già vedemmo in Epod. XII, 21: Muricibus ... iteratae ... lanae per muricibus bis tinctae lanae. 63. victrices: allora e ora. 64. Coniuge me Iovis et sorore. Nota la collocazione enfatica dei due gradi di parentela con Giove, che fanno infallibile la minaccia. Posizione egualmente notevole pel metro (in principio di verso e in cesura) hanno i due appellativi in un noto luogo dell'Eneide: Ast ego, quae divom incedo regina Iovisque Et soror et coniunx (I, 46-47). 65. resurgat: « s'alzasse di nuovo ». Il significato che ha il nostro « risorgere » di « rinascere a una seconda vita » è estraneo al latino resurgere prima della patristica e di Tertulliano. aeneus. Per brachilogia due proposizioni (si resurgat et sit aeneus) sono state fuse in una sola, nella quale non avanzò della seconda che il nome del predicato. 66. Auctore Phoebo. Cf. v. 21. meis: perchè Argo fu principal sede del culto di Era. givis: dat. di agente, chè l'abl. strum. coi passivi non pare costruzione possibile pei nomi di persone. Cf. Carm. 1, 6, 1-2. hoc. Cf. la fine di Carm. II, 1. iocosae lyrae: « a una amorosa lira > come il poeta ha detto più volte esser la sua. conveniet: futuro, poichè, come dal Quo tendis del verso seguente, più altre cose e forse malaugurose voleva ancora dire la Musa.

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vicax: « ostinata >>.

72. Magna: « i grandi argomenti ». Nota il contrasto con parvis in fin del verso, come Magna è in principio. modis ... parvis: « nei piccioletti versi ». Non intendere però l'appellativo di << piccioletti » come dato ai versi lirici in antitesi del lungo esametro, quasi che questo fosse vaso più degno di contenere la parola divina (tanti inni in metri lirici furono levati agli dei!); ma intendilo del verso in genere inferiore sempre e quale che esso sia a materia così sublime.

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1. caelo: giacchè fin adesso nel cielo essa si è trattenuta. — dic ... tibia. Poichè è la dea stessa che suona la tibia, il primo invito che il poeta le muove è quello di una musica senza parole; mentre al v. 3 le chiederà un canto senza nessun accompagnamento strumentale. Poesia invece e musica insieme saranno quelle domandate al v. 4. 2. Regina:

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<< mia regina» giacchè il poeta si riconosce, già in Carm. III, 1, 3, Musarum sacerdos. longum: come quello che deve esser dedicato alle lodi dell'arte che è in sua protezione. E il caso volle che questa fosse la più lunga delle odi di Orazio. Calliope: propriamente la Musa dell'epopea. Ma Orazio, come vedemmo in nota a Carm. 1, 1, 33, non teneva conto di queste distinzioni. A ogni modo il nome prescelto richiama alla mente un frammento di Alcmane: Μῶσ ̓ ἄγε, Καλλιόπα, θύγατερ Διός, Αρχ ἐρατῶν ἐπέων (Hiller, fr. 16). 3. acuta: «< trillante ». 4. fidibus citharave: endiadi per« la cetra a sette corde ». 5. Auditis? ll poeta si rivolge ai pueri e alle virgines di Carm. III, 1, 4 che formano la sua corona. L'oggetto sottinteso è naturalmente eam, cioè la Musa, Calliope, scesa in terra all'invito del suo sacerdote. me ludit: « si prende giuoco di me». 5-6. amabilis Insania: « una gradita follia » quasi che il poeta fosse in preda di una allucinazione. 6-7. pios... lucos: forse quelli dell'Elisio. 8. Quos... subeunt; « sotto le cui ombre passano >>. 9. fabulosae: « ricca di favole ». È da riferirsi a Pullia, la nutrice del verso seguente che, intenta a fabulari, dovè lasciar fuggire di casa il bimbo. Altri, su l'analogia del fabulosus Hydaspes di Carm. I, 22, 7-8, preferiscono unire fabulosae con palumbes del v. 18 e riferirlo alle fabulae che correvano su le colombe di Venere e quelle altre

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Q. HORATI FLACCI

Nutricis extra limina Pulliae
Ludo fatigatumque somno

Fronde nova puerum palumbes
Texere, mirum quod foret omnibus.
Quicumque celsae nidum Acherontiae
Saltusque Bantinos et arvum

Pingue tenent humilis Forenti,
Ut tuto ab atris corpore viperis
Dormirem et ursis, ut premerer sacra
Lauroque collataque myrto,

Non sine dis animosus infans.

Vester, Camenae, vester in arduos
Tollor Sabinos, seu mihi frigidum

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prodigiose che in Creta nutrirono Zeus. - Volture: monte dell'Apulia, vicino a Venosa. 10. limina Pulliae. Pullia è nome di donna che ricorre di frequente nelle iscrizioni del Sannio e della Campania, come di liberte di origine greca, chiamate Pullia Charis, Pullia Arethusa, ecc. È probabile che in quei dintorni fosse dunque una ricca famiglia di Pullii, da cui queste liberte e tra loro una che fu nutrice di Orazio trassero il nome. La lezione limen Apuliae che offrono i più dei codici è inaccettabile. Cf. INTRODUZIONE, pag. IX, n. 2. - 11. Ludo fatigatumque somno. E in fondo l'omerico Ὕπνῳ καὶ καμάτῳ ἀρημένος: se non che la puerizia dell'eroe della meravigliosa avventura ha suggerito al poeta una variazione felice. 12. Fronde nova. Era dunque primavera. mirum quod foret. È consecutivo: « cosicchè tutti si maravigliassero ». 14. nidum: d'aquila forse. Acherontiae: oggi Acerenza. 15. Bantinos: cioè di Bantia, oggi Banzi, altro luogo alpestre vicino a Venosa. Forenti: oggi 16. Pingue: «grasso » e quindi fertile. Forenza nella valle a mezzodì di Venosa. 17. Ut: in dipendenza da mirum del v. 13. — atris: qui nel proprio senso di << nere >>. 18. ursis. Ce n'erano veramente nella Lucania. Cf. Ovidio, Halieut. 57. ut premerer: «come fossi coperto ». Il poeta avrebbe potuto dire semplicemente pressus, ma l'impressione del rievocato miracolo è stata in lui così forte da fargli preferire una costruzione paratattica. sacra da riferirsi tanto a Lauro quanto a myrto del verso seguente. Il lauro era sacro ad Apollo, il mirto a Venere, le divinità protettrici del canto e dell'amore; sicchè già nelle foglie che copersero il piccolo dormente era l'augurio della lirica sua. 19. collataque myrto. Per la posizione del que, cf. Carm. 1, 30, 6. collata naturalmente, come sacra del verso antecedente, si riferisce insieme a Lauro ed a myrto. · 20. Non sine dis: litote analoga al greco οὐ θεῶν ἄτερ. dis: le Camenae del v. 21. animosus: per i più « coraggioso » (senza paura infatti il piccolo s'era avventurato solo nella montagna selvaggia, popolata di chi sa che portenta nei racconti della favolosa nutrice), per qualcuno « ispirato » giacchè animus (cf. il greco aveμos) è adoperato spesso nel senso di « ispirazione ». Cf. Vergilio, Aen. VI, 11-12 magnam cui mentem animumque Delius inspirat vates. 21. Vester. Noi « vostra cosa », ma il poeta pensava piuttosto d'essere θεράπων delle dee. 22. Tollor: « salgo ». — Sabinos. Col plurale

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«

Praeneste seu Tibur supinum

Seu liquidae placuere Baiae;
Vestris amicum fontibus et choris
Non me Philippis versa acies retro,
Devota non extinxit arbor

Nec Sicula Palinurus unda.
Utcumque mecum vos eritis, libens
Insanientem navita Bosphorum
Temptabo et urentis harenas
Litoris Assyrii viator;

Visam Britannos hospitibus feros
Et laetum equino sanguine Concanum;
Visam pharetratos Gelonos

Et Scythicum inviolatus amnem.

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su

mascolino il poeta allude alla sua villa, come in Carm. II, 18, 14. -seu. Il pensiero muta improvvisamente atteggiamento, quasi il poeta avesse prima detto seu ardui Sabini mihi placuere. - frigidum: gelido. 23. Praeneste: oggi Palestrina, a venti miglia da Roma verso sud-est. pinum: « declive». Ma non dimenticare che supinus si dice di colui che giace con la faccia rivolta al cielo, sicchè trasferito a luoghi pare che meglio di pronus indichi il loro aere grande e luminoso. 24. liquidae Baiae: il limpido cielo di Baia ». Cf. Epist. I, 1, 83: Nullus in orbe sinus Bais praelucet amoenis. 25. Vestris: qui in principio di strofe per riprendere enfaticamente il Vester in principio della strofe antecedente. fontibus: per es. Castalia, Ippocrene. amicum. Nota il valore causale della parola, che significa « perchè mi amano [le vostre fonti e le danze] >>. 27. devota: « maledetta ». Cf. Carm. II, 13. 28. Palinurus: un promontorio della Lucania, tra Velia e Buxentum, oggi Capo Spartivento, dove probabilmente nel suo ritorno dalla Grecia Orazio dove correre pericolo di naufragio. Una leggenda raccolta da Vergilio (Aen. VI, 337 e segg.) faceva risalire il nome del promontorio a uno sfortunato pilota di Enea che vi avrebbe lasciato la vita. 29. Utcumque: << ogni qualvolta », se pure non è un sinonimo anche qui di ubicumque. Cf. Carm. II, 17, 11. navita: cioè « navigando ». — 31. harenas: neologismo poetico così al plurale. Infatti Cesare secondo Gellio (XVIIII, 8) nel primo dei libri De analogia sosteneva harum rerum natura accidere quod ... neque « quadrigas » in unam nominis figuram redigere neque «harenam » multitudinis appellatione convertere posviator: « a piedi » per opposizione a nauta. Litoris Assyrii: evidentemente le spiaggie del golfo persico e il deserto della Gedrosia, dove Alessandro il Grande per poco non lasciò la vita. 33. hospitibus feros: giacchè, secondo Tacito (Ann. XIIII, 30), solevano offrire in sacrifizio i prigionieri. 34. Concanum: una tribù dei Cantabri, ai quali l'uso di bere il sangue dei cavalli è attribuito anche da Silio Italico, che ha (III, 360-361): qui, Massageten monstrans feritate parentem, Cornipedis fusa satiaris, Concane, vena. 35. pharetratos Gelonos. In verità i Cosacchi che ne discendono usavano archi e freccie fino quando invasero la Francia nel 1814. 36. Scythicum amnem: il Tanai,

simus.

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Vos Caesarem altum, militia simul
Fessas cohortes abdidit oppidis,
Finire quaerentem labores

Pierio recreatis antro;

Vos lene consilium et datis et dato
Gaudetis almae. Scimus ut impios
Titanas immanemque turbam

Fulmine sustulerit caduco

Qui terram inertem, qui mare temperat
Ventosum et urbes regnaque tristia
Divosque mortalisque turmas
Imperio regit unus aequo.

Magnum illa terrorem intulerat Iovi
Fidens iuventus horrida bracchiis

Fratresque tendentes opaco

oggi Don.

Pelion imposuisse Olympo.

inviolatus: «< inviolabile ». Cf. Epod. XIII, 12. 37. Vos. Riprende enfaticamente il Vester del v. 21 e il Vestris del v. 25. alium: « l'eccelso ». Cf. Cicerone, Tusc. II, 11 te natura excelsum quendam et altum et humana despicientem genuit. 38. abdidit oppidis: « chiuse nella oscura pace dei municipi ». Il poeta allude alla divisione delle terre fra i veterani, fatta dall' imperatore nel 724. 39. labores: «i pericoli [della guerra]». Nel 725 si era chiuso il tempio di Giano. 40. Pierio ... antro: non tanto perche egli componesse dei versi, quanto perchè, secondo Pindaro (Pyth. VI, 48), èv μυχοῖσι Πιερίδων si coglie la sapienza. 41. lene consilium (consilium è trisillabo): « propositi di mitezza» degni di un pio, onde il contrasto con gli impii Titanes. dato: non intendere « del consiglio datogli » ma « del consiglio che egli vi porge ». Così il poeta ci mette dinanzi agli occhi nell'antro delle Pieridi l'affettuosa dimestichezza tra le fanciulle immortali e l'eroe. 42. almae (da alo): « voi di cui egli è alumnus ». 43 Titanas immanemque turbam: «i Titani e il gigan tesco scompiglio da loro portato ». Ma in realtà Orazio confonde qui con la sollevazione dei Titani contro il cielo tutte quelle altre sollevazioni che erano narrate nel mito. 44. caduco: « prono ». 45. terram inertem: « la terra immobile », bruta tellus di Carm. I, 34, 9. E là la opposizione era con « gli errabondi fiumi » (vaga flumina), qui è con «l'irrequieto mare » (mare Ventosum). 46. urbes regnaque tristia: << le città [dei viventi] e i dolorosi regni [dei morti] ». 47. Divosque mortalisque turmas: « gli dei e le umane squadre ». E anche qui è un contrasto, giacchè la vita dei numi scorra tranquilla e serena e la perifrasi scelta a indicar gli uomini (mortalis ... turmas) è presa dal linguaggio della guerra e delle battaglie. 48. aequo: « imparziale ». - 50. Fidens: « balda» in opposizione al magnus terror horrida bracchiis: « irta di braccia ». Sono intesi gli 51. Fratresque: gli Aloidi Oto ed Efialte che, se

del dio. Ecatonchiri.

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