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Interque maerentis amicos
Egregius properaret exsul.
Atqui sciebat quae sibi barbarus
Tortor pararet: non aliter tamen
Dimovit obstantis propinquos

Et populum reditus morantem
Quam si clientum longa negotia
Disiudicata lite relinqueret

Tendens Venafranos in agros

Aut Lacedaemonium Tarentum.

VI.

Delicta maiorum immeritus lues,
Romane, donec templa refeceris
Aedisque labentis deorum et
Foeda nigro simulacra fumo.
Dis te minorem quod geris, imperas:

-

56. Lacedae

48. Egregius: « impareggiabile ». —properaret: pel nobile timore di venir richiamato dai nemici insospettiti. 49. quae: « quali tormenti ». 50. Tortor: « carnefice ». non aliter: litote per « allo stesso modo ». È in relazione con Quam si del v. 53. reditus morantem: « che gli ritardava le vie del ritorno ». È lo stesso plurale che in Epod. XVI, 35. 53. longa: interminabili ». — 54. Disiudicata lite: << dopo la decisione di una lite », poichè il patrono innanzi ai tribunali rappresentava e difendeva i clienti. 55. Venafranos in agros (Cfr. Carm. II, 6, 16): per rifarsi della lite fastidiosa. monium: perchè colonia spartana. Cf. Carm. II, 6, 11-12. 1. immeritus: « sebbene innocente ». È opposto a Delicta. 2. templa refeceris: che fu una delle speciali cure d'Augusto il quale secondo il monumentum Ancyranum avrebbe restaurati 82 santuari, nullo praetermisso quod refici debebat. 3. Aedis. Non è in origine la stessa cosa che templa. Templum è propriamente uno spazio quadrato di terra, che veniva con certe cerimonie limitato e consacrato da un augure; aedes un edificio, adibito al culto di qualche dio. Quindi alcuni luoghi, come i Rostra e la Curia, erano templa, quantunque non fossero destinati al culto, mentre questo nome non poteva affatto convenire ad alcune aedes, per es. a quelle rotonde di Vesta. Ma al tempo di Augusto l'uso aveva fatto delle parole due sinonimi, sebbene sembri che templum fosse generalmente usato a significare le nuove costruzioni monumentali, aedes le più antiche e minori. labentis: «< cadenti ». Naturalmente l'epiteto appartiene anche a templa. - 4. fumo: giacchè molti templi erano stati anche bruciati, secondo Svetonio (De vita Caes. II, 30). 5. Dis te minorem quod geris, imperas: « tu domini, perchè riconosci la superiorità degli dei ». La religiosità dei Romani era apparsa come la ragion prima

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Hinc omne principium, huc refer exitum;
Di multa neglecti dederunt

Hesperiae mala luctuosae.

Iam bis Monaeses et Pacori manus
Non auspicatos contudit impetus
Nostros et adiecisse praedam
Torquibus exiguis renidet.

Paene occupatam seditionibus
Delevit Urbem Dacus et Aethiops,
Hic classe formidatus, ille
Missilibus melior sagittis.

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9. Mo

della potenza loro anche a Polibio: καί μοι δοκεῖ τὸ παρὰ τοῖς ἄλλοις ἀνθρώποις ὀνειδιζόμενον τοῦτο συνέχειν τὰ Ῥωμαίων πράγματα, λέγω de thν deioidaiuovíav. Se non che Orazio ed Augusto erravano, credendo che la magnificenza di nuovi edifici potesse far risorgere un sentimento morto nelle coscienze. 6. Hinc: da loro ». V'è poi ellissi del verbo est o meglio forse, per analogia col refer seguente, pete. huc: « a loro ». - refer: « fa risalire », onde l'idea secondaria di porgere loro ringraziamenti e voti. principium: trisillabo, come consilium in Carm. Ill, 4, 41. 8. luctuosae: « che ebbe a piangerne ». naeses: un illustre Parto, che nel 717 trovò rifugio presso Antonio e fu da lui prescelto a candidato al trono degli Arsacidi. Ma nell'anno seguente prima della campagna egli ritornò in patria, si riconciliò col re Fraate e riportò una segnalata vittoria su due legioni dell' esercito di Antonio_comandate da Oppio Staziano. Pacori manus: qui « l'esercito di Pacoro » diversamente da Epod. XVI, 4 dove Porsenae manus è << il braccio di Porsena». Altrimente non seguirebbe renidet. Pacoro, figlio di Orode re dei Parti nel 714 disfece Decidio Sassa legato di Antonio. 10. Non auspicatos: « accompagnati da tristi auspici » quali si potevano aspettare dagli dei negletti. contudit: « rintuzzò ». - impetus: << tumultuose irruzioni » come quelle a cui non deriva il valore cosciente e tranquillo dalla protezione divina. 11. Nostros: da riferirsi anche a praedam che segue. 12. Torquibus exiguis: « alle sottili collane » che i grandi di Persia portavano in segno della loro dignità. renidet: « gongola ». Ma il verbo latino esprime l'atto della bocca barbarica aperta al riso selvaggio coi bianchi denti. 13. Paene: da riferirsi a Delevit del verso seguente. seditionibus: « discordie » tra Antonio e Ottaviano. 14. Urbem Dacus et Aethiops. Nota il contrasto, reso evidente dalla posizione delle parole, tra la città nobilissima e le popolazioni ignobilissime che dopo tante secolari prove, intesa alle interne discordie, la distrussero quasi. I Daci (cf. Sat. II, 6, 53 e Vergilio, Georg. II, 497: coniurato descendens Dacus ab Istro) secondo Cassio Dione (XXXXI, 22) ἐπρεσβεύσαντο μὲν πρὸ τοῦ χρόνου τούτου πρὸς τὸν Καίσαρα, ὡς δ ̓ οὐδενὸς ὢν ἐδέοντο ἔτυχον, ἀπέκλιναν πρὸς τὸν ̓ΑνTúviov. Non dovettero però fare gran danno. Aethiops poi è qui adoperato con dispregio a significare gli Egiziani di Cleopatra. Ricorda Menandro, Inc. 4: ὃς ἂν εὖ γεγονώς ῇ τῇ φύσει πρὸς τἀγαθὰ κἂν Αἰθίοψ ᾖ, μῆτερ, ἔστιν εὐγενής. 15. classe: le duecento navi di Cleopatra.

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ORAZIO, Liriche, comm. da V. USSANI, vol. II.

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è maritata.

Fecunda culpae saecula nuptias
Primum inquinavere et genus et domos:
Hoc fonte derivata clades

In patriam populumque fluxit.
Motus doceri gaudet Ionicos
Matura virgo et fingitur artibus
Jam nunc et incestos amores

De tenero meditatur ungui.
Mox iuniores quaerit adulteros
Inter mariti vina neque eligit
Cui donet impermissa raptim
Gaudia luminibus remotis,
Sed iussa coram non sine conscio
Surgit marito, seu vocat institor
Seu navis Hispanae magister,

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- formidatus: « temuto». Ed è variazione poetica del seguente melior: << superiore [a noi] ». S'intende che la ragione di questa inferiorità romana non è per il poeta nelle forze nè nei destini della razza, ma nei trascurati doveri religiosi. 17. Fecunda culpae: gen. di abbondanza. Nota l'amaro sarcasmo di questa iunctura, riferita a generazioni (saecula) sterili di figli. 18. genus: « la purità della stirpe ». domos: « la disciplina delle case ». 19. Hoc fonte: « da questa sorgente >>. clades: « la sconfitta » nelle battaglie. Altri assai peggio: «il malanno ». 20. fluxit: « dilagò ». 21. Motus Ionicos: danze cioè quali erano in uso presso i voluttuosi abitanti dell'Asia Minore. 22. Matura: qui « precoce ». fingitur artibus: << si educa nelle arti » del sedurre. In questo medesimo significato ha artes Ovidio, Rem. Am. 691: Artibus innumeris mens oppugnatur amantum. 23. Iam nunc: « fin d'ora » cioè mentre ancora non incestos: & impuri », « illeciti ». — 24. De tenero ...unqui: « dall'età prima ». È una traduzione del greco E analŵv ỏvúxwv che era entrata già col medesimo significato nel linguaggio della prosa. Cf. Cicerone, Ad Fam. 1, 6, 2 praesta te eum qui mihi a teneris, ut Graeci dicunt, unguiculis es cognitus. 25. Mox: in opposizione a Iam nunc, cioè « subito dopo» il matrimonio. iuniores: « più giovani » del marito. 26. vina: qui « le tazze ». eligit. In questa parola è il sarcasmo più velenoso di questi impuri amori. Alle novissime adultere manca anche nella caduta la scusa della passione. Il loro libertinaggio le spinge a cercare un giovine; ma del giovine vanno in cerca tra i gioiellieri e i grandi mercanti. 27. impermissa: « vietati ». 29. iussa: «< chiamata >>. raptim: « in fretta ». coram: « pubblicamente» da unirsi con iussa. 30. non sine conscio (in contrasto con impermissa): « con la piena complicità del ». Appena occorre notare come la forma di litote usata dal poeta aggravi più che non attenui la vergogna del consapevole. 31. Hispanae: giacchè ricca di commerci era quella regione. Cf. Plinio, Nat. Hist. III, 3: Metallis plumbi, ferri, aeris, argenti, auri tota ferme Hispania scatet, citerior et spe

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Dedecorum pretiosus emptor.
Non his iuventus orta parentibus
Infecit aequor sanguine Punico
Pyrrhumque et ingentem cecidit
Antiochum Hannibalemque dirum,
Sed rusticorum mascula militum
Proles, Sabellis docta ligonibus
Versare glaebas et severae

Matris ad arbitrium recisos
Portare fustis, sol ubi montium
Mutaret umbras et iuga demeret
Bobus fatigatis amicum

Tempus agens abeunte curru.
Damnosa quid non imminuit dies?

Aetas parentum peior avis tulit
Nos nequiores, mox daturos.
Progeniem vitiosorem.

33. his: « da tali ».

34. sanguine 35. cecidit: « ro

36. Antiochum:

cularibus lapidibus, Baetica et minio. Sunt et marmorum_lapicidinae. 32. pretiosus emptor: « compratore a caro prezzo ». È in opposizione a donet del v. 27. Punico: nella prima guerra contro Cartagine. vesciò » giacchè caedo è il causativo di cado. Antioco il Grande (l'epiteto però di ingentem datogli da Orazio non si riferisce a questo soprannome, ma alle immense forze di cui egli disponeva), re di Siria dal 531 al 567, disfatto da L. Scipione a Magnesia nel 564. Hannibalemque: « in lega con Annibale » che si era rifugiato presso di lui. 37. rusticorum: « campagnuoli ». mascula: «maschia » cioè non effeminata. 38. Sabellis. L'epiteto appartiene logicamente al seguente glaebas. 40. ad arbitrium : « al 41. fustis: « legna» per far fuoco. 42. Mutaret ... demeret: congiuntivi dovuti a quell'idea di volere e di comando che è inclusa nella frase ad arbitrium del v. 40 e che andrebbero sostituiti, se il comando fosse espresso in forma diretta (Portate fustis), con futuri anteriori. Mutaret umbras: « alternasse le ombre » dal lato occiden

cenno ».

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tale facendole passare all'orientale delle montagne. iuga demeret. Ricorda nel poema delle Opere esiodeo: Ηώς..... πολλοῖσι τ' ἐπὶ ζυγὰ βουσὶ Tíonov (580-581). Bada che il poeta qui, come del resto anche sopra, non allude al tramonto, ma alle ore più calde che seguono il mezzogiorno, nelle quali si interrompevano i lavori campestri. Onde venne loro il nome greco di βουλυτός. 44. agens abeunte. Nota il contrasto. 45. imminuit: « logora ». dies: il tempo ». Ricorda Sofocle (Ai. 714): Πάνθ ̓ ὁ μέγας χρόνος μαραίνει. 46. avis: brachilogia poetica per 47. daturos: non qui daturi sumus, ma qui daturi fuimus, se non fosse intervenuta la provvidenziale missione d'Augusto. Altrimenti questa strofe sarebbe una vera dissonanza alla fine del canto augurale che non può chiudersi con la visione malinconica

aetate avorum.

di un decadimento fatale.

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VII.

Quid fles, Asterie, quem tibi candidi
Primo restituent vere Favonii

Thyna merce beatum

Constantis iuvenem fide

Gygen? Ille Notis actus ad Oricum
Post insana Caprae sidera frigidas
Noctes non sine multis

Insomnis lacrimis agit.

Atqui sollicitae nuntius hospitae

VII. Il poeta finge di consolare Asterie in lacrime per la lontananza del marito Gige, che tornando con una nave dai suoi commerci è stato gettato su la spiaggia d'Orico e costretto a svernare là. Ma le lacrime di Asterie sono un'ironica invenzione del poeta e tutta ironica è la poesia, giacchè la donna amava di farsi corteggiare dal vicino Enipeo. 1. Asterie: nome di donna che ricorre soltanto qui e che indica bellezza, come quella dell' Astianatte omerico, simile a una bella stella, ἀλίγκιον ἀστέρι καλῷ. candidi: «rasserenanti »; e in senso proprio, in quanto il loro soffio porta la buona stagione (cf. Albus detto di Noto in Carm. I, 7, 15) e in senso figurato, in quanto il loro soffio dovrà rendere la pace alla bella fronte dell' addolorata, riconducendole il marito. Cf. Catullo, VIII, 3-4 Fulsere quondam candidi tibi soles, Cum ventitabas quo puella ducebat. 3. Thyna. Tra i popoli soggetti a Creso sono da Erodoto (I, 28) annoverati Opηikes of Ouvoi Te Kai Bieuvoi. Secondo una tradizione ricordata da Plinio (Nat. Hist. V, 145) i Tini passati dall'Europa nell'Asia come i Mesi ed i Brigi, vi avrebbero dato origine al popolo dei Bitini; secondo Plinio stesso (V, 150) si chiamavano Tini gli abitatori della costa di quel paese che, abitato nell'interno dai Bitini, veniva nominato generalmente Bitinia. Era un paese ricco di commerci. Basta citare le città di Calcedone (di fronte a Bizanzio), di Eraclea Pontica, di Nicomedia e di Nicea presso il lago Ascanio. beatum: << arricchito ». 4. fide: genit. Cf. Gellio (VIIII, 25): C. Caesar in libro de analogia secundo « huius die » et « huius specie » dicendum putat. Ego quoque in Iugurtha Sallustii summae fidei et reverendae vetustatis libro « die » casu patrio scriptum_inveni. Verba haec ita erant: Vix decima parte die reliqua. 5. Gygen: il marito della bella infedele. Non pare la stessa persona di Carm. II, 5, 20. Notis. Noto è infatti arbiter Hadriae (Carm. I, 3, 15). Oricum: un porto dell'Epiro all'imboccatura dell'Adriatico. 6. insana Caprae sidera: «<le furiose stelle della Capra ». Veramente la stella della Capra o di Amaltea è una sola nella costellazione dell'Auriga; ma le erano vicine altre due stelle piccole nella costellazione medesima, gli Haedi: donde il plurale sidera. Tramontavano tutte e tre il primo gennaio. - frigidas: << fredde », perchè invernali e perchè vedove. - 9. Atqui. Da questo punto nei grandi esempi tragici e mitici si comincia a rivelare l'intonazione ironica dell'ode. Al paragone della virtù di Gige impallidiscono le più limpide stelle del buon tempo antico: ma Asterie non ostante le sue la

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