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Marzo 26, 1795.

COMPIACCIUTI Sommamente della bella ottava di Tito, ci accese naturalmente la brama di sapere di più intorno alle altre antichità, che possiedevo in Sala. Onde il Poeta contento, e la ninfa Yella superba di tanta bella prerogativa, già due volte felice! volendo per la terza volta esercitarsi, si tenne sessione.

SESSIONE IX.

ASTRATTO che fu, il domandai, Quel busto di marmo che ti sta accanto, di chi è ritratto ? e scrisse

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Vedo una che viene, mi vuol parlare, ma per cagione della sua rara bellezza, stento approssimarmi. Mi dice che regnò in Egitto 300 anni prima della venuta di Cristo.

Questa è veramente quella che tu porti in dito, e non quella di quel busto. Oh Dio, quanto è bella, e quanti genij che tiene intorno, da quel che vedo fu un' anima virtuosa. Presto mi dirà il suo nome in ottave versi.

OTTAVA.

Colei che serbi nella man preziosa

Non longi di me con dolcezza e brio
Sull' ali d'Amor, placidetta, anziosa
Ridente mi dice, Arsinoe son'io
Di Filadelfo un dì sorella e sposa
Ove d' Imene il bel candor natio
Costante a lui in guisa tal sacrai
Che negli Elisi il mio destin cangiai.

Fu tanta amorosa del suo marito Ptolomeo Filadelfo, che per troppo affetto morì.

Il famoso Dinocràte doveva, per ordine di Ptolomeo, fabricarla un gran tempio, per benemerenza deificarla; ma la sua morte tutto troncò. In luoco però del tempiɔ, che non fu eseguito, in quel giorno stesso che si feccro li ultimi funerali della bella Arsinoe, per memoria e riconoscenza si dispensò molti anelli, dove vi stava, in varie pietre preziose scolpite, il ritratto di colei, che felicemente porti in dito.

In questo momento, quell' istessa, che parlai poch' anzi, ha consegnato un sacco alla Fortuna: mi fece segno nel partire che là dentro vi è qualche cosa di singolare per me; ma vuole che la mia fida Fortuna ne sia la dispensatrice; ma quando sarà non me lo disse, e disparve.

Il Poeta qui gettò il lapis, ma disse a voce quasi di pianto, Ha portato via il sacco la Fortuna! non voglio più restare, svegliami: e lo risvegliai.

We were not answerd in this Session as to the immediate object of our enquiry, it is true; but we had something in lieu of it equally gratifying. The explanation of a ring, I had at the same moment upon my finger, that is to say, of a female bust, in ancient Greek, or Egyptian costume, most exquisitely engraved on au aigue marine stone of singular beauty. And that explanation communicated by the original herself from her blissful abodes, in ottava verse of divine transcendence, is, in itself another gem, of which hunan nature may be also proud.

But we have, moreover, presented to us in this communication from the blissful abodes, an instance of man being in a state of possible intercourse with heaven,

Let us proceed in our faith.

Martedì, 31 Marzo 1795.

NELL' intervallo dalli 26 giorno dell' ultima sessione, sin oggi 31 del corrente Marzo; non ancora ben intesi di tutta l' importanza di questa prerogativa magnetica, ci siamo dati a fare delle piuttosto specolative, e leggiermente motivate esperienze! - ma che perciò sono andate tutte a vuoto.

Ma non semplicemente a vuoto, ma bensì a recarci de' dispiaceri anziche del vero pentimento. Soliti contrasti già delle maligne dive, tornate per la seconda volta sulla scena (l' Invidia. e Gelosia) per frastornare la purità delle nostre cose. Fra le altre cose, nella sera 30, che fu ieri sera, mi venne in capo di magnetizzare un ragazzo, figlio d' un mio servo, con idea di sentire da un fonte più innocente ancora, delle risoluzioni naturali, e non soggette, per qualunque ragione che fosse, alla taccia d'ingegno, d'impostura, o d' inganno. Dicendomi a me medemo, qui la malizia non può, in nessun conto, aver luoco. Onde, astratto che fu, presenti il poeta con diversi altri; il domandai di diverse cose, alle quali rispondeva, Si: ma troppo confusamente per recarmi alcuna sodisfazione. Fra le altre cose, il domandai per scherzo, Nell' sacco dato da Arsinoe in cura alla Fortuna per Cesare, cosa ve n'è? E rispose, Delli belli diamanti, e delli zecchini, ma non ne avrà niente, perchè la Fortuna si beffa di lui. Allora, il domandai, Le giffre della Fortuna, consegnate a Cesare, quando le spiegherà? E rispose, Quando tu lo magnetiserai colla mano

manca!

In questo punto poi, il ragazzo mandò fuori, con slancio, le due mani, come se volesse acchiappare qualche cosa che l'avesse risvegliata la cupidiggia; gridando con anzietà, O che belle cose! E poi, con tuono lamentevole, le porta via, Non voglio più restare onde subito il risvegliai.

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Cesare non vedeva queste cose di buon occhio, anzi si è spiegato amaramente offeso; ed io pure, mi sentivo, mentre che durava la funzione tutta, fortemente rammaricato.-Ma che vuoi, amico caro, il disse? Così s' impara!

Venuto poi il giorno 31 mi trovavo con gran dolore di capo, e volevo che Cesare provasse anche lui coll' magnetismo a sollevarmi; e provò, dandomi veramente del sollievo, ma senza minimamente disponermi al sonno. Onde si tralasciò: ma siccome ci restava sempre la curiosità delle giffre, che al detto del ragazzo Costantino, verrebbero spiegate qualora l' avessi magnetisato (cioè il Poeta) colla mano sinistra, proposi à Cesare di magnetisarlo a tal effetto, ed egli consentiendo.

SESSIONE X.

Cesare magnetisato colla mano manca, e tosto astratto, il dissi, Le giffre; e scrisse.

L'inopportuno tuo procedere d' ieri sera coll' aver voluto consultare le giffre della Fortuna con un oggetto che non appartiene a lei, la Fortuna disgustata è fuggita sei cento mille miglia lontano da noi; però, per amor mio, ha lasciato un Genio, il quale presentemente ride, e dice che ieri sera, nella nostra conversazione, in luoco della Fortuna, vi è stata una dea di cattivo augurio, la quale è il genio predominante di quell'oggetto che hai consultato. Lui mi fa vedere presentemente delle cose assai singolare dell' antichità: fra queste vedo il vero corpo in marmo di quel busto che sta in faccia a me: vedo ancora l'architetto che l'ha fatto, il quale visse 232 anni avanti Cristo; so ancora il suo nome: so il nome del busto; ma il Genio, per ordine della Fortuna, mi obliga

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di non dirti niente, niente affatto: solamente mi prescrive di spiegarti la scena e il tradimento che ci fece quella dea nemica della Fortuna, che sotto un mentito aspetto ieri sera t' ingannò.

OTTAVA.

L'Invidia fatal, che disgrazie aduna
A scherzar fra noi ier' sera fue
Con un falso sacco in quell'ora bruna
Lusinghò'l fanciul colle gemme sue
Lieta di ciò la mia gentil Fortuna
Per non turbare le speranze tue

Ei

propone che in avvenir giammai

Da quel Greco una verità saprai.

Ora il Genio mi mostra l' antro d' una galleria, in quella presentemente, quasi sepolto sotto le ruine, scorgo un canestro, il quale apparteneva alla statua di quel busto che ti sta vicino; in quello vi è scritto il nome suo, e di quello che la fece fare, e la cagione del suo vestimento singolare. L'istoria che me ne racconta, sia di quel altro busto sia di questo, è veramente interressante; ma, per ordine della Fortuna, il Genio mi dà un precetto di non dirti niente, per farti imparare per un' altra volta a non famigliarisarti con degli oggetti i quale non dependono in nessuna maniera da lei; però mi dice che non ci abandonerà con patto, però di non abusarci degli suoi oracoli. Mi avverte che la Fortuna tornerá, quando la luna tornerà a ripassare nello tropico.*

Lasciò cadere il lapis, onde il risvegliai.

Nota. Questo avvertimento della luna è una staffilata per me, per aver detto poche sere avanti che la luna mi pareva inoltrata più del solito in tramontana, e che fosse fuoruscita dai limiti della linea tropicale. Onde con più avver tenza per l'avvenire.

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