Con questo sì felice a gli altri incontri Ne porge aita a nostro scampo, usianla. Mutiam gli scudi, accomodiamci gli elmi E l'insegne de' Greci. O biasmo, o lode Che ciò ne sia, chi co' nemici il cerca? L'arme ne daranno essi. E, così detto, La celata e 'l cimier d' Andrògeo stesso, E la sua scimitarra e la sua targa Per lui si prese, armi onorate e conte. Così fece Riféo, così Dimante, E così tutti; chè per sè ciascuno Di nuove spoglie allegramente armossi. Ci mettemmo tra lor, chè i nostri Dii Non eran nosco; e ne l'oscura notte Con ogni occasione in ogni loco
Ci azzuffammo con essi; e di lor molti
O socii, qua prima, inquit, fortuna salutis Monstrat iter, quaque ostendit se dextra, sequamur. Mutemus clypeos, Danaúmque insignia nobis Aptemus: Dolus, an virtus, quis in hoste requirat? Arma dabunt ipsi. Sic fatus, deinde comantem Androgei galeam, clypeique insigne decorum Induitur, laterique argivum accommodat ensem. Hoc Rhipeus, hoc ipse Dymas, omnisque iuventus Laeta facit: spoliis se quisque recentibus armat. Vadimus immixti Danais haud numine nostro, Multaque per caecam congressi praelia noctem Conserimus: multos Danaúm demittimus Orco.
Mandammo a l'Orco, e ritirar molt' altri Ne facemmo alle navi: e fur di quelli Che per viltà nel cavernoso e cieco Ventre si racquattàr del gran cavallo. Ma che? Contra'l voler de' regi eterni Indarno osa la gente. Ecco dal tempio Trar veggiam di Minerva, con le chiome Sparse, e con gli occhi indarno al ciel rivolti, 660 La vergine Cassandra. Io dico gli occhi,
Perchè le regie sue tenere mani
Eran da' lacci indegnamente avvinte. A sì fero spettacolo Corebo
Infuriato, e di morir disposto,
Anzi che di soffrirlo, a quella schiera Scagliossi in mezzo; e noi ristretti insieme Tutti il seguimmo. Or qui fessi di noi Una strage crudele e miserabile;
Diffugiunt alii ad naves, et litora cursu Fida petunt: pars ingentem formidine turpi 400 Scandunt rursus equum, et nota conduntur in alvo. Heu nihil invitis fas quemquam fidere Divis! Ecce trahebatur passis priameïa virgo
Crinibus a templo Cassandra adytisque Minervae, Ad coelum tendens ardentia lumina frustra; 405 Lumina, nam teneras arcebant vincula palmas. Non tulit hanc speciem furiata mente Coroebus, Et sese medium iniecit periturus in agmen. Consequimur cuncti, et densis incurrimus armis.
E da' nostri medesmi, che la cima
Tenean del tempio, e dardi e sassi e travi Ne versarono addosso, immaginando
Da l'armi, da' cimieri e da l'insegne
Di ferír Greci; e i Greci d'ogni intorno, Tratti dal gran rumore e da lo sdegno De la ritolta vergine, s'uniro
A i nostri danni. Il bellicoso Aiace, I fieri Atridi, i Dòlopi e gli Argivi, Tutti ne furon sopra in quella guisa
Ch'opposti un contra l'altro Affrico e Bòrea 680 E Garbino e Volturno accolte in mezzo Han le selve stridenti o'l mare ondoso,
Quando col suo tridente infin dal fondo
gran Nereo il conturba. E tornår anco
Incontro a noi quei che da noi pur dianzi 685 Sen gir rotti e dispersi; e questi in prima
Hic primum ex alto delubri culmine telis Nostrorum obruimur, oriturque miserrima caedes, Armorum facie, et graiarum errore iubarum. Tum Danai, gemitu atque ereptae virginis ira, Undique collecti invadunt; acerrimus Aiax, Et gemini Atridae, Dolopumque exercitus omnis. Adversi rupto ceu quondam turbine venti Confligunt Zephyrusque, Notusque, et laetus eois Eurus equis: stridunt silvae, saevitque tridenti Spumeus atque imo Nereus ciet aequora fundo. Illi etiam, si quos obscura nocte per umbram
Scoprir le nostre insidie, e fer palesi Le cangiate armi e gli mentiti scudi, E'l parlar che dal greco era diverso. Così ne fu subitamente addosso
Un diluvio di gente. E qui per mano
Di Peneléo, davanti al sacro altare
De l'armigera Dea cadde Corebo:
Cadde Riféo, ch' era ne' Teucri un lume Di bontà, di giustizia e d'equitate (Così a Dio piacque); ed Ipane e Dimante Caddero anch'essi, e questi, oimè! trafitti Per la man pur de' nostri. E tu, pietoso Panto, cadesti; e la tua gran pietate, E l'infola santissima d'Apollo
In ciò nulla ti valse. O fiamme estreme,
O ceneri de' mei! fatemi fede
Voi, che nel vostro occaso io rischio alcuno
Fudimus insidiis, totaque agitavimus urbe, Apparent; primi clypeos mentitaque tela Agnoscunt, atque ora sono discordia signant. Ilicet obruimur numero. Primusque Coroebus Penelei dextra Divae armipotentis ad aram Procumbit; cadit et Rhipeus, iustissimus unus Qui fuit in Teucris, et servantissimus aequi. Diis aliter visum: pereunt Kypanisque, Dymasque Confixi a sociis; nec te tua plurima, Panthu, Labentem pietas, nec Apollinis infula texit. Iliaci cineres, et flamma extréma meorum, Eneide Vol. 1
Era un andito occulto ed una porta Secretamente accomodata a l'uso De le stanze reali, onde solea Andromaca infelice al suo buon tempo Gir a' suoceri suoi soletta, e seco
Per domestica gioia al suo grand' avo
Il pargoletto Astïanatte addurre.
Un' altissima torre, onde il paese
Quinci entromesso, me ne salsi in cima A l'alto corridore, onde i meschini Facean di sopra a le nemiche schiere Tempesta in vano. Era dal tetto a l'aura Spiccata, e sopra la parete a filo
Di Troia, il mar, le navi e 'l campo tutto Si scopria de' nemici. A questa intorno Co' ferri ci mettemmo e co' puntelli; E da radice, ov' era al palco aggiunta,
Limen erat, caecaeque fores, et pervius usus Tectorum inter se Priami, postesque relicti A tergo: infelix qua se, dum regna manebant, 455 Saepius Andromache ferre incomitata solebat Ad soceros, et avo puerum Astyanacta trahebat. Evado ad summi fastigia culminis: unde Tela manu miseri iactabant irrita Teucri. Turrim in praecipiti stantem, summisque sub astra Eductam tectis, unde omnis Troia videri, Et Danaúm solitae naves, et achaia castra, Aggressi ferro circum, qua summa labantes
« PredošláPokračovať » |