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Al manco lato; e ciò gli altri seguendo,
Con le sarte e co' remi in un momento
Ne gittammo a sinistra; e 'l mar sorgendo
Prima al ciel ne sospinse; indi calando,
Ne l'abisso ne trasse. In ciò tre volte
Mugghiar sentimmo i cavernosi scogli,
E tre volte rivolti in vêr le stelle
D'umidi spruzzi e di salata schiuma
Il ciel vedemmo rugiadoso e molle.
Eravam lassi; e 'l vento e 'l sole insieme
Ne mancar sì, che del viaggio incerti
Disavvedutamente a le contrade

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De' Ciclopi approdammo. È per sè stesso
A'venti inaccessibile e capace

Di molti legni il porto, ove giugnemmo;

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Ma sì d'Etna vicino, che i suoi tuoni

E le sue spaventevoli ruine

Lo tempestano ognora. Esce talvolta

Laevam cuncta cohors remis ventisque petivit.
Tollimur in caelum curvato gurgite, et idem
Subducta ad manes imos desidimus unda.
Ter scopuli clamorem inter cava saxa dedere:
Ter spumam elisam, et rorantia vidimus astra.
Interea fessos ventus cum sole reliquit;
Ignarique viae Cyclopum allabimur oris.
Portus ab accessu ventorum immotus, et ingens
Ipse; sed horrificis iuxta tonat Etna ruinis,
Interdumque atram prorumpit ad aethera nubem,
Encide Vol. I

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Da questo monte a l'aura un' altra nube
Mista di nero fumo e di roventi

Faville, che di cenere e di pece

Fan turbi e groppi, ed ondeggiando a scosse
Vibrano ad ora ad or lucide fiamme

Che van lambendo a scolorir le stelle;
E talvolta, le sue viscere stesse
Da sè divelte, immani sassi e scogli
Liquefatti e combusti al ciel vomendo
In fin dal fondo romoreggia e bolle.
È fama, che dal fulmine percosso

E non estinto, sotto a questa mole
Giace il corpo d'Encelado superbo;
E che quando per duolo e per lassezza
Ei si travolve, o sospirando anela,
Si scuote il monte e la Trinacria tutta;

E del ferito petto il foco uscendo
Per le caverne mormorando esala,

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Turbine fumantem piceo et candente favilla;
Attollitque globos flammarum, et sidera lambit:
Interdum scopulos avulsaque viscera montis
Erigit eructans; liquefactaque saxa sub auras
Cum gemitu glomerat, fundoque exaesiuat imo.
Fama est, Enceladi semiustum fulmine corpus
Urgeri mole hac, ingentemque insuper Ætnam
Impositam, ruptis flammam exspirare caminis; 580
Et, fessum quoties mutet latus, intremere omnem
Murmure Trinacriam, et caelum subtexere fumo.

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