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Le sue penne dorate; e 'ncontra al Sole
Di quei tanti suoi lucidi colori
Lunga striscia träendo, indi sospesa
Sopra al capo le stette, e d'oro un filo
Ne svelse, e disse: Io qui dal ciel mandata
Questo a Pluto consacro, e te disciolgo
Da le tue membra. Ciò dicendo, sparve.
Ed ella, in aura il suo spirto converso
Restò senza calore e senza vita.

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Mille trahens varios adverso sole colores,
Devolat, et supra caput adstitit: Hunc ego Diti
Sacrum iussa fero, teque isto corpore solvo.
Sic ait, et dextra crinem secat. Omnis et una
Dilapsus calor, atque in ventos vita recessit.

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Fine del Libro quarto.

Eneide Vol. I

36

DI VIRGILIO

LIBRO

QUINTO

ARGOMENTO

Tornato Enea in Sicilia, le funèbri
Pompe al Padre rinnova. Le Troiane
Incendono le navi. Ivi Enea lascia
La turba imbelle. Venere poi placa
Nettuno. Il sonno Palinuro affoga.

In tanto Enea, spinto dal vento in alto,
Veleggiava a dilungo; e pur con gli occhi,
Da la forza d' amor rivolto indietro,
Rimirava a Cartago. Ardea la pira
Già d'Elisa infelice; e le sue fiamme
Raggiavan di lontan gran luce intorno.
La cagion non sapea; ma la temenza
Lo rimordea del violato amore,

E' saper quel che puote e quel che ardisce

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Interea medium Eneas iam classe tenebat
Certus iter, fluctusque atros Aquilone secabat,
Moenia respiciens, quae iam infelicis Elisae
Collucent flammis. Quae tantum accenderit ignem
Caussa latet: duri magno sed amore dolores
Polluto, notumque, furens quid femina possit,

5

Femmina furiosa: e'l tristo augurio
Del foco, che lugúbre era e funesto,
Lo tenea con lo stuol de' Teucri tutti
Disanimato e mesto. Eran di vista
Già de la terra usciti, e cielo ed acqua
Apparian solamente d'ogn' intorno,
Allor ch' un denso e procelloso nembo
Si fe'lor sopra; onde tempesta e notte
Sorse repente, e Palinuro stesso

Da l'alta poppa il ciel mirando: Oh! disse,
Che fia con tante intorno accolte nubi?
E che pensi e che fai, padre Nettuno?
Indi comanda: Via compagni, armiamci,
Opriamo i remi, accomodiam le vele,
Tegniamo al vento avverso obliquo il seno.
E rivolto ad Enea: Con questo cielo,
Signor, diss' egli, omai più non m'affido

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Triste per augurium Teucrorum pectora ducunt. Ut pelagus tenuere rates, nec iam amplius ulla Occurrit tellus; maria undique et undique caelum: Olli caeruleus supra caput adstitit imber, Noctem hiememque ferens; et inhorruitunda tenebris. Ipse gubernator puppi Palinurus ab alta: Heu! quianam tanti cinxerunt aethera nimbi? Quidve, pater Neptune, paras? Sic deinde loquutus, Colligere arma iubet, validisque incumbere remis, Obliquatque sinus in ventum, ac talia fatur: Magnanime Enea, non, si mihi Iuppiter auctor

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