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PREFAZIONE

GENERALE

DELL' OPERA

Revela oculos meos, et considerabo mirabilia de lege tua
PSALM. CXVIII.

Togli il velo dagli occhi miei, e considererò le meraviglie
della tua legge.

Allorchè la Divina Provvidenza per quelle vie, che ella sa preparare, e disporre secondo i suoi fini, mi ebbe condotto a divulgare traslatate nel comune linguaggio, e illustrate le Scritture sante del Nuovo Testamento (1), io era molto lontano dall' immaginarmi, che l'essere uscito d'un tale impegno servir dovesse a ingolfarmi in un mare ancor più vasto e profondo, coll' obbligarmi in certo modo alla terribilissima impresa di traslatare eziandio, e illustrare l'intero corpo de' libri divini del Vecchio Testamento. Io mi credeva, che appena tutto quello che a Dio piacesse di concedermi ancora di sanità e di vita, bastar potesse a emendare, e limare quel primo lavoro affin di renderlo se non interamente purgato e perfetto (che a tal segno non ebbi mai speranza

(1) È da notarsi, che l'edizione del Vecchio Testamento fu preceduta da quella del Nuovo; e notisi ancora che in questa ristampa si è tenuto lo stesso ordine seguito nel collocamento de' Libri, che fu osservato nell'edizione di Torino, e in quella di Firenze del 1782. Veḍi la Prefazione al Libro della Cantica.

di giungere), almeno tale, che quando altrui non potessi, soddisfacessi almeno a me stesso.

E qual è quel, che con lena affannata
Uscito fuor del pelago alla riva

Si volge all'acqua perigliosa, e guata:

così io ripensando alle lunghe e gravi fatiche sofferte, e alle difficoltà di ogni specie, delle quali pareami un bel che di esser fuora alla fine, avea promesso a me stesso di guardarmi dal fare un passo più innanzi, risolutissimo di lasciare a qualche animo più generoso, e più versato in simili studj, e di maggior dottrina fornito, ed erudizione, di lasciar, dico, il pensiero e l'onore di compiere l'opera a pro degli Italiani col tradurre la parte più antica e vasta delle sacre Scritture. Ma finita appena di uscire alla luce la traduzione del Nuovo Testamento, tali e tante furono l'esortazioni di persone non solo ecclesiastiche, ma anche del secolo (persone degnissime di ogni rispetto non men per la loro pietà, che per l'altre pregevolissime condizioni), che mi animavano a intraprender quella del Vecchio Testamento; e queste esortazioni furono sì calde e stringenti, e da tal parte venivano, che non potendo onestamente disprezzare i loro consigli, nè dubitare della purezza e rettitudine delle loro intenzioni, cominciai a credere, che Dio stesso per tali mezzi mi dichiarasse la sua volontà, e cominciai ancora a sperare, che Egli stesso mettendomi a simil prova non mi avrebbe mancato del são ajuto per trarla a fine; e finalmente pensai, che quand' anche sotto un tal peso avessi dovuto soccombere, non poteva io meglio impiegare quello, che egli mi concede tuttora di sanità e di vita, che nello studio della sua santa parola, e nel procurare quanto per me

si potesse di renderne facile la lettura, e comune presso degli Italiani. Ecco adunque in qual modo mi indussi a metter la mano alla versione e illustrazione de' libri del Testamento Vecchio: e avendomi assistito il Signore col· la sua grazia in tal modo, che ho potuto in questo non lungo corso di anni condur molto avanti il lavoro, per contentare i desiderj di molti, allo zelo de' quali sembra insoffribile ogni ritardo, comincio adesso dal mettere in luce i cinque libri di Mosè, a' quali posso ardir di promettere, che (ajutandomi Dio) anderan succedendo senza interrompimento gli altri sino alla fine. E qui per dar gloria all'Autore di ogni bene debbo pur confessare, che a farmi correr con animo più risoluto e costante questa penosa carriera mi ha servito di nuovo incitamento e conforto la buona accoglienza fatta per tutta l'Italia alla traduzione del Nuovo Testamento, e le replicate edizioni di essa in questi pochi anni: conciossiachè veggendo da tutto questo, come, la Dio mercè, vivo e ardente tuttor conservasi ne' petti Italiani l'amore della divina parola, di nuovo ardire senții accendermi a questa nuova maggior fatica, mediante la quale venendo a rendersi più comuni nel popolo le cognizioni de' dommi di nostra santissima Religione, e de' principj della vera pietà, puossi sperarne non solo una grande utilità per la riforma de' costumi, ma di più un certo e stabil sussidio per confermare nella Fede i deboli in tempo di tanto bisogno, e in tanto pericolo di sovversione, Imperocchè non celatamente, nè con un certo riguardo, ma a faccia scoperta, e con insoffribil baldanza va in questi giorni dommatizzando l'arrogante empietà in tanti libri e libercoli, e in tante mostruose orribili compilazioni, le quali, a dispetto di tutta la vigilanza della ecclesiastica

e della civil Potestà, si insinuano per ogni dove ad alterare, e corrompere, o almeno ad intimidire, e scuotere in molti, e a rendere vacillante e incerta la Fede. Per la qual cosa sembra quasi potersi dire già venuto quel tempo, in cui alla bestia uscita fuor dell'abisso vide Giovanni (1), che fu data una bocca da dir cose grandi, e grandi bestemmie: ed ella aprì la sua bocca. in bestemmie contro Dio, a bestemmiare il suo nome, e il suo tabernacolo, che è la Chiesa. Certamente Dio non abbandona, nè abbandonerà giammai questo suo tabernacolo eretto da lui, amato e custodito da lui. Certamente contro di questa Casa eletta, fondata sopra la pietra, nè l'imperversare de' venti, nè le rovinose fiumane, nè le forze tutte dell'Inferno non prevarranņo giammai. Certamente gli strani sofismi, i paradossi, le derisioni, gli scherni presi in prestito dagli antichi screditati nemici della Religione non avranno più forza a' dì nostri in bocca di questi nuovi campioni della empietà di quel, che avessero nelle bccche di un Porfirio, di un Celso, di un Giuliano. Ma per rintuzzare, e confondere l'orgoglio di quella nuova generazione di sapienti, la filosofia de' quali tutta consiste in tentare per ogni verso di abbattere, e toglier dal mondo la verità, la pietà, la virtù e ogni bene, contro di costoro in questi tempi debbe principalmente armarsi l' uomo cristiano di quella spada dello spirito, che è la parola di Dio, come insegna l' Apostolo (2) . Questa parola letta, studiata, meditata dal Cristiano lo renderà sempre superiore a tutti gli attacchi dell' uom nemico, lo terrà saldo e immobile nella verità, e crescendo in lui la cognizione e la luce

(1) Apocal. XIII. 5. 6.

(2) Ephes. VII. 17.

a proporzione dell' amor più grande, che egli avrà per questa santa parola, si conoscerà felice (come egli veramente lo è) per essere stato graziato da Dio di un dono sì grande, e con umile cordiale gratitudine offerirà al Donatore celeste i suoi perenni ringraziamenti. Imperocchè non potrà egli non riconoscere quanto differenté, e quanto infelice sia la condizione di quegli uomini, a'quali non fece Dio la stessa grazia, di quelli, che non ebbero la bella sorte di avere una dottrina rivelata, che levasse di mezzo le dubbiezze, l'incostanze, le contradizioni, gli errori dello spirito umano, di quelli, che non appresero dalla rivelazione e quel che dovean pensare di Dio, e quel che dovean fare per piacere a lui, ed essere da lui amati e protetti. Se un pellegrinaggio, e breve pellegrinaggio è la vita nostra sopra la terra, quale in questo pellegrinaggio sarà la guida dell'uomo? Taluno di quegli uomini, i quali oggi giorno di propria loro autorità si innalzano alla dignità di riformatori, e correttori di tutto il genere umano, mi dirà forse, che sua guida ella è la ragion naturale, per le cui combinazioni egli viene ad essere sufficientemente istruito di tutte le verità necessarie al ben essere dell'uomo, viene ad essere istruito di quello, che ei dee all' Essere supremo, ai suoi simili, e a se stesso. Ma che è ella questa ragione? Vanti pur quanto vuole l' incredulo, e celebri, e innalzi quanto mai sa, e può questa sua ragione; ma siccome non può egli pretendere (senza almen farsi deridere), che ella sia in lui qualche cosa di meglio, di più elevato, ed eccellente che ella non fu questa ragione ne saggi delle famose antiche nazioni, vegga egli quello, che sì riguardo alle cose di Dio, e riguardo al suo culto, e sì ancora riguardo a' principj della morale seppe a pro di

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