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ri di non far conto veruno di accuse anonime; cosi si chiude l'adito ai malvagi di calunniare i ministri, e di far vendette private. Già si sa che i tristi tirano i colpi dietro le spalle, et sagittant in obscuro rectos corde (Psal. X. v. 3.) L'accusatore sia corresponsabile dell'accusa. Seconda, che si serbi un secreto inviolabile al nome del Delatore. Terza che trovandosi calunniosa l' accusa, il Delatore soggiaccia alla pena, almeno mitigata del Taglione; così niuno vesserà i Ministri, se non quando lo meritano, e sono bene accertati i delitti. Quarta, che le accuse trovandosi vere, i ministri siano gastigati con pubblicità, e con tutta la più stretta ma giusta severità. Non vi è delitto che tanto indispettisca, e perturbi la società, quanto quelli, che si commettono coll'abuso dell' autorità, e sotto la maschera della giustizia. Il privare i rei ministri dell'impiego male amministrato, o l'escluderli da ogni altro egli è un passo necessario. E con tutto questo si giungerà poi ad avere una fedele, e giusta amministrazione? Non pare sperabile. Tante sono nel cuore umanó, dice Cicerone, latebrae atque recessus. Ma questa è la sorte di tutte le regole ottime in astratto quando tocca agli uomini il metterle in pratica. In molti stati vi sono le leggi del sindacato da farsi ad ogni ministro a tempi determinati. Per qual fatalità un provvedimento si necessario e salutare è divenuto quasi una vera formalitä?

pro

38. Quinta Consequenza. La pubblica economia è un altro punto, al quale il Sovrano è obbligato d' invigilare con tutto lo sforzo dell' attenzione. Egli non è Padrone con dominio di proprietà dei beni dei suddti (Ved. sopra n. 28) La prietà è uno dei diritti più cari all'uomo. Il titolo, che autorizza il Sovrano ad impor Gabelle, Tasse, e contribuzioni, non eccede i confini della necessità per porlo in istato di rettamente governare, e difendere il suo popolo internamente, ed esternamente, e di mantenere se stesso e la sua casa, e Famiglia colla larghezza, splendore, e comodi convenienti alla sublimità

del suo posto. A questo proposito debbono i sovrani aver sempre presente una verità, che si dirà loro colle parole, non mie, ma di Dio nel Deuter. XVII. v, 16. e seg. « Cum fuerit constitutus Rex, non multiplicabit sibi equos nec reducet populum in Aegyptum equitatus numero sublevatus

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non habebit uxores plurimas quae alliciant animam ejus, neque argenti et auri immensa pondera ..... nec elevetur cor ejus in superbiam super fratres suos, neque declinet in partem dexteram, vel sinistram...... ut discat timerė Dominum Deum suum ». La giusta ripartizione delle pubbliche tasse, l'esenzione dei viveri di necessità pel minuto popolo, e la possibile minorazione dei giri nel percepirle, e farle entrare nella pubblica cassa, sono i tre punti più importanti, considerati dai politici nella materia delle finanze.

39. Sesta conseguenza. Deve un Sovrano osservare esattamente i patti, se vi sono, giurati al suo popolo nell'ingres so della sua amministrazione (Ved. sopra n. 6) Egli è come ogni altro uomo legato da quei vincoli, che si è piaciuto d'imporre a se stesso. Una promessa, un contratto, che il Sovrano faccia coi suoi proprj sudditi, producono un obbligo vero e preciso in lor favore, sia ch' egli contratti come Re, o come persona particolare, Dice Grozio de jur. Belli, et pacis lib. II. Cap. XIV. art. 7. Vero è, che tali vincoli si possono sciogliere dalla legge suprema della salute del popolo Vedi sopra n. 29. ); ma non bisogna fare illusione a se stesso, ed ammettere facilmente questo scioglimento. La medesima obbligazione colla stessa eccezione ha luogo anche nei trattati, e concordati colle potenze estere. Servono questi al comodo e tranquillità reciproca degli stati; onde appartengono allo scopo della pubblica, e privata felicità.

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S. V.

Obblighi del Popolo verso la Sovranità.

40. Ogni diritto nel Sovrano porta l'obbligo corrispondente nel popolo. La natura de' relativi è, che uno non può stare senza l'altro. Dirò due parole di alcuni di essi. Dunque Primo si deve ai Sovrani rispetto ed amore. La Sovranità è istituila, e comunicata agli uomini da Dio per la comune felicità: qual rispetto non è dovuto ad una istituzione, ad un dono divino, ed a chiunque ne sia rivestito? Onorate il Re dice l'Apostolo S. Pietro I. 11. vers. 17. e così esige il timor di Dio « Deum timete, Regem honorificate. Il Sovrano veglia continuamente, fatica, e si affanna per bene del suo popolo questo riposa tranquillo all'ombra delle di lui solle citudini. Acconciamente gli antichi Poeti chiamavano i Re Pastori del popolo. Questo dolce nome fu adottato da Gesù Cristo « Ego sum Pastor bonus, Joan. X. v. 11. S. Pietro to chiama Vescovo, e Pastore delle anime nostre « Conversi estis nunc ad pastorem et Episcopum animarum vestrarum «1. Petr. cap. II. v. 25. Questo medesimo nome si consolante Gesù Cristo ha voluto che fosse comune a quei ministri, ai quali ha partecipata la sua autorità nel Governo della sua Chiesa. Egli poi ama di esser chiamato principe dei Pastori «< Cum apparuerit Princeps Pastorum I. Petr. V. v. 4. Quale amore non esige un'autorità, che tutta tende al bene nostro, e temporale ed eterno?

41. Secondo. Deve il popolo pagare le Tasse, le contribuzioni, le Gabelle, e ciò per obbligo vero di coscienza. Gesù Cristo ce ne diede il comando, e l'esempio (Matt. XXII, v. 17.) S. Paolo istruendo i primi fedeli deduce l'obbligo di pagare i Tributi dal dover di coscenza in corrispondenza del servizio, che la sovranità presta ai sudditi per ben comune,

così nella Lettera ai Romani cap. XIII. v. 5. e seg. « Ideo necessitate subditi estote non solum propter iram, sed etiam propter conscientiam. Ideo enim et tributa praestatis. Ministri enim Dei sunt, in hoc ipsum servientes. Reddite ergo omnibus debita: Cui tributum tributum, cui vectigal vectigal, cui timorem timorem, cui honorem honorem » Dunque chi froda le contribuzioni, e le Gabelle, pecca contro la Giustizia, facendo contro un vero diritto della Sovranità, come abbiamo accennato al num. 28. Vi è ancora da riflettere, al pregiudizio, che dalle frodi dei Particolari nasce alla comunità tutta. Da quelle frodi sarà conseguenza di accrescere le tasse su tutto il popolo per arrivare al punto della sufficien za esposta di sopra al detto num. 28.

42. Terzo. L' obbedienza. La Religione insegna formalmente, ed inculca questo punto. Vedasi in addietro la dottrina di S. Paolo al n. 41. State soggetti, ed obbedienti, dice l'apostolo S. Pietro nella prima Lettera Cap. II. v. 13. e segg., ad ogni umana Potestà, sia il Sovrano, siano i Ministri incaricati da Lui di qualche parte del Governo, perchè questa è la volontà di Dio « Subjecti igitur estote omni humanae creaturae propter Deum, sive Regi quasi praecellenti, sive Ducibus tamquam ab eo missis ad vindictam malefactorum; laudem vero bonorum, quia sic est voluntas Dei » È inutile trattenersi ad esporre la dottrina dei SS. Padri su questo argomento. Tutti concordano sul dovere della obbedienza, ancorchè il sovrano sia un' eretico, un miscredente, uno scellerato, un pagano. S. Agostino ne dà l'esempio nei soldati cristiani, che obbedivano all'apostata imperador Giuliano nelle cose, che appartengono alla sovranità civile. Ecco le parole del santo dottore nel Salmo 124. n. 7. dell' edizion de Maurini « Aliquando injusti perveniunt ad honores saeculi. << Cum pervenerint, et facti fuerint vel Judices, vel Reges, quia « haec facit Deus propter disciplinam plebis suae,

<< non potest fieri, nisi exibeatur illis honor debitus Potestati.

« Julianus extitit infidelis Imperator, extitit apostata, iniquns, « idolatra. Milites christiani servierunt Imperatori infideli. « Ubi veniebatur ad causam Christi, non agnoscebant, nisi il<«<lum, qui in coelo erat: quando volebat, ut idola colerent, «ut thurificarent, praeponebant illi Deum. Quando autem di« cebat: producite aciem, ite contra illam gentem, statim obtemperabant: distinguebant Dominum aeternum a Domino << temporali, et tamen subditi erant propter Dominum aetera num Domino temporali. » Si può anche vedere Tertulliano nell' apalogetico, e nel Lib. II. ad scapulam. E da questo dovere niuno và esente, dice S. Giangrisostomo; sia pur Egli Chierico, e Prete, e Vescovo. Tutti sɔno soggetti a questa legge, poiché S. Paolo nel dire, che ogni anima sia soggetta alle sovrane Potestà « omnis anima potestatibus sublia mioribus subdita sit» non eccettua veruno « Et ostendens « hoc omnibus imperari, sacerdotibus etiam, et monachis << nec saecularibus tantum, hoc ab exordio declarat, dicens: « Omnis anima potestatibus sublimioribus subdita sit. Et si

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apostolus esses, et si Evangelista, et Propheta, et si quis « alius. neque enim haec subjectio pietatem subvertit » (Tom. XXIII. in Epist. ed Rom. n. 1.) Dice le medesime cose Teodoreto interpretando appunto le medesime parole di S. Paolo « Sive est sacerdos aliquis, sive antistes, sive monasticam vitam professus, iis cedat, quibus mandati sunt principatus: clarum est autem si cum pietate, cioè dove non si comandi cosa peccaminosa; non enim si Dei praeceptis repugnetis, magistratibus obsequi permittitur (in cap. XIII. Epist. ad Rom.)

43. Con tutta precisione parla S. Bernardo scrivendo ad un Arcivescovo «< Omnis anima, inquit Paullus, potestatibus « sublimioribus subdita sit. Si omnis, et vestra. Quis vos excipit ab universalitate? Si quis tentat excipere, conatur decipere. Nolite illorum adquiescere consiliis, qui cum sint «< christiani; Christi tamen vel sequi facta vel obsequi dictis

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