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possederli o racquistarli: è malagevole, perchè la lunga ignoranza de' tempi barbari, la mutabilità degli usi, lo scorrere obblivioso de' secoli, non che l'ardore e gl' impeti della contesa hanno frapposto non piccioli inciampi a discoprirne e conoscerne in parte l'origine e l'estensione. Del che fa fede il più di coloro che generalmente o in particolare tolsero a scrivere di tale materia, anche perchè non seppero guardarsi abbastanza dall'affetto che più verso questa che verso quella parte piegavanli, o trovare e seguire que' principj, che soli potevano loro essere di sicura guida.

Il celebre Autore dell' Episcopato, e di parecchie altre opere teologiche sì dogmatiche che morali nella Dissertazione, che noi ponghiamo sotto gli occhi vostri, seppe al nostro avviso schifare ogni rischio, e vincere ogni difficoltà.

Imperocchè dapprima (e noi preghiamo si voi che quanti torranno a legger questa scrittura di tener ognora ciò davanti alla mente, acciocchè non abbia luogo alcuna sinistra interpretazione) egli non piglia cura di ragionare di quelle giurisdizioni, che per legittima consuetudine, o per concessioni reciproche l'una e l'altra Potestà è in pacifico possesso d'esercitare ; ma bensì solo di quelle che originariamente ad ambedue s'appartengono, e immediatamente derivano dalla specifica natura di ciascuna: talchè il suo ragionare prende le mosse da un punto semplice, sgombero d'ogni straniero inviluppo, sicuro, incontrastabile.

Dappoi pone e mette fuori d'ogni dubbio questi due

principj; il primo de' quali si è, che qualità essenziale d'ogni suprema Potestà è l'essere, nell'ordin suo, da qualunque altra al tutto indipendente; e il secondo, che solo il fine diretto ed immediato, per cui è stata da Dio istituita la suprema Potestà Ecclesiastica e la Civile, può essere ed è la vera e sicura via, che conduce a determinare e distinguere le giurisdizioni che a ciascheduna originariamente si convengono.

Dai quali due principj, fatti chiari e messi in sodo da lui con isquisita dottrina, è maraviglia a vedere con quale agevolezza, chiarezza, e persuasione le va egli ad una ad una ricavando, e come dietro la scorta di quelli ne segna e stabilisce i veri e giusti confini da non doversi oltrepassare.

Ned egli ponci innanzi e afferma cosa, la quale non sia abbondevolmente chiarita e provata co'detti e con l'autorità delle Sacre Scritture, de' SS. Padri, della Tradizione antica, de'Sommi Pontefici e della Storia della Chiesa, nè rafforzata da sodi argomenti cavati dalla Logica e dalla Critica più severa.

Pertanto è da sperare, che voi pure verrete nel parere di que' dotti uomini, i quali, avuta tra le mani manoscritta questa Dissertazione, e potutala leggere ed esaminare con animo riposato, la predicarono come l' opera più insigne per chiarezza, erudizione, dottrina e saldezza di raziocinio che uscita sia della mente e della penna di sì riputato teologo.

Egli pose mano a scriverla in sul finire del Secolo XVIII, poco tempo prima, che Napoleone Buonaparte,

allora primo Console delle Repubblica francese, si facesse a chiedere a Pio VII gli opportuni provvedimenti, onde ristabilire in Francia il pubblico culto della Cattolica Religione. E ci venne attestato, che il Cardinale Ercole Consalvi, desideroso di conoscere, a lume della mente e a sicurtà della coscienza sua, quanti e quali fossero i diritti del Romano Pontificato immediatamente e per divina autorità derivanti dalla potestà delle chiavi all'a l'apostolo Pietro e ai successori suoi affidate da non potersi nè in tutto nè in parte trasmettere ad altri, e quanti e quali quelli che acquistati per concessione de' Principi, o per inveterata e legittima consuetudine posseduti potevano senza tema d'errare ricedersi o modificarsi, ebbela nelle mani, e molto se ne giovò, non senza averne grado, ed impertire lodi grandi e schiette a chi l'aveva dettata.

Finalmente noi non vogliamo ommettere di farvi osservare, che il Bolgeni alla scienza di profondo Teologo non ha dimenticato di congiungere la prudenza convenevole ad uno scrittore veramente cattolico e ad un sincero e fervente amatore della Chiesa. Perocchè se, obbligatovi da un imparziale amore al vero, ha dovuto mostrare, che aleune giurisdizioni sono originariamente proprie più della laicale Potestà che dell' ecclesiastica, non tralascia, chiudendo la scrittura sua, di mettere sotto gli occhi dei Principi secolari, che il fine, a cui la Chiesa nell'esercizio della podestà sua intende, ad indirizzare cioè gli uomini all'acquisto dell' eterna felicità, è d'un importanza infinitamente maggiore che non è la felicità temporale ch'essi hanno debito di procurare ai sudditi loro. Perlo

chè non si rimane dal consigliarli ed esortarli a non essere gelosi tanto nel sostenere ed esercitare parecchi diritti loro da invidiarne, o impedirne l'uso alla Chiesa di Cristo, pensando altresì, che laddove più fiorisce l'osservanza dell'Evangelio, e tenuta è in riverenza la Religione, ivi meglio s' appiglia, si mantiene, e si propaga l'osservanza delle leggi civili e la sociale prosperità.

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