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Sinchè lunge da te vegeto

Sta canuta età importuna,
Campo e piazze ti riveggano,
E fedele, quando imbruna,
T'abbia l'ora, che ti appella
A ronzar con la tua bella.
Or è caro quel sorridere
Scopritor de la fanciulla,
Che in un angolo internandosi
A celarsi si trastulla

Ed al finto suo ritegno

Trar d'armilla, o anello il pegno.

1

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HYMNVS IN MERCVRIVM.

MERCYRI, facunde nepos Atlantis,

Qui feros cultus hominum recentum
Voce formasti catus, et decorae
More palaestrae :

Te canam, magni Iovis et Deorum
Nuncium, curvaeque lyrae parentem ;
Callidum, quidquid placuit, iocoson
Condere furto.

Te, boves olim nisi reddidisses
Per dolum amotas, puerum minaci
Voce dum terret, viduus pharetra
Risit Apollo.

Quin et Atridas, duce te, superbos,
Ilio dives Priamus relicto,
Thessalosque ignes, et iniqua Troiae
Castra fefellit.

Tu pias laetis animas reponis
Sedibus; virgaque levem coerces
Aurea turbam, superis Deorum
Gratus, et imis.

PRO

ODE X.

INNO A MERCURIO.

ROLE d' Atlante, che co' chiari studi
De la palestra, e col tuo dir facondo
Dirozzasti i costumi alpestri e rudi
Del giovin mondo,

Te canterò de' numi, e del gran Giove
Nunzio, da cui la curva lira nacque,
Destro in celar ciò, che in giocose prove
Sottrar ti piacque.

Te fanciul mentre sgrida il dio d' Anfriso,
Se le involate vacche a lui non rendi;
Già cangia, privo di faretra, in riso
Gli urli tremendi.

D' Ilio le porte il ricco Priamo schiude,
El campo a Troia infesto, e' fieri Atridi
E le veglie tessaliche delude ; }

Ma tu lo guidi.

Tu l'alme pie lochi in lor sedi e bei ;
Frena de l'aurea tua verga il governo
De l'ombre il vano stuol; del cielo a' dei
Caro, e d'Averno.

O DE XI,

AD LEVCONO EN.

Tv ne quaesieris (scire nefas) quem mihi

quem tibi

Finem Di dederint, Leuconoë;

nec Babylonios

Tentaris numeros. Vt melius, quidquid erit,

pati!

Seu plures hiemes, seu tribuit Iuppiter ultimam, Quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare Tyrrhenum;

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O DE XI.

A LEUCONO E.

u non cercar Leuconoe (Saperlo è ad uom vietato) A me qual abbian termine I numi, o a te serbato; Nè consultar de' numeri

Caldei l'arte fallace.

Quanto de' casi il volgere

Meglio è soffrire in pace!

Giove o più verni, o l'ultimo
Questo ci dia fra tutti,
C'or ne le opposte pomici
Stanca i tirreni flutti

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Sii saggia; mesci limpido
Il vin, ed il soperchio
Sperar troncando, adattalo
De' giorni al breve cerchio:
Mentre parliam, dileguasi

L'invida età; a due mani
Stringi 'l di d'oggi, e credula
Non aspettar domani.

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