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Strano dee sembrar certamente il fissa→→ re, quasi colonne di Alcide, il decimoterzo secolo, e 'l decimoquinto, sponda del volgar nostro e confine, che vieti a'posteri di varcare più in là. Sarà egli laudabil cosa il fasciare strettamente un corpo non perfetto é l'estension delle membra arrestarne, pria che alla virilità pervenisse? Non altro che toscane voci, e proverbi, e forme e leggi, e nome aver dovrà quanto dal · porto d' Ercole a quel di Ulisse parlasi, e si scrive? Ma Italia (così altra volta mi rammenta aver detto)

áncora,

Fra Bologna ed Urbin, Umbria e Panaro, Frapposta al mar tirren tutta non giace. Austerità troppa stimula a troppa licenza; nè altronde avvenne che non pochi indocili ingegni, l'acerbissima persecuzion del Tasso rimembrando con orrore, del ristretto confin toscano già schivi, e del sentir molti precetti, e veder pochi esempli fastiditisi, ruppero l'argine, e inondarono.

Quello poi, che altamente ora reclamasi, e che avvertir non seppero, o far valere non vollero i men tolleranti, si è che Dante stesso in illustre e plebea l'italica lingua distinse (20), e tutti i dialetti d'Italia dal

primo sasso del Lilibeo sino all'ultima pietra dell' Alpe interdisse dall' arrogarsi nella scrittura de' dotti singolar preferenza. Lontano quindi dal crederlo in quell'età sua già perfetto, gridava egli che l'italico idioma era quello, che in ciascuna città appare, e che in niuna riposa, concedendo così a tutti di tutte nostre contrade i vocaboli, purchè culti fossero, purchè gentili, italiana cittadinanza. Nè altrimenti l'intendea il Certaldese, che duce del vulgar sermone l'Alighieri appellava; nè altrimenti il Petrarca. Se dunque manchevole da que' tre Grandi la lingua riputavasi ancora, e se dalle scelte voci d'ogn' italiana provincia doversi comporre affermavano; ov'è mai quel termine inesorabile da loro stabilito, che pari al vallo, intorno alla novella Roma condotto, non puossi impunemente travalicare?

Meglio dell' autorità de' cinquecentisti giovar si potrebbero i vigili custodi degli antichi confini; perciocchè l'età dell'Ariosto e del Tasso, del Macchiavelli, del Casa, e di cent' altri oratori, istorici, e poeti cotanto adulto mostra l' idioma, a tanti diversi generi cimentato felicemente; che parrebbe doversi tenere sin da allora perfetto, e come

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perfetto, intangibile e sacro. Ma che? Ně eglino stessi que' sommi scrittori tale il teneano e giacchè quest' argomento è al mio strettamente unito, non riterrommi dal dirne ciò, che ne sento, e che se non varrà a metter d'accordo le avverse opinioni, che in questi nostri di cozzano aspramente fra loro; sparger potrà almeno qualche lume, che i benevoli del paterno linguaggio, prima e forse unica gloria, che ci avanza, a più utile scopo diriga. E mettendo da un 、 canto le diverse specie della prosa, di quelle, che alla poesia appartengonsi, tanto diremo, quanto al proposito di questo nostro lavoro non disconvenga.

Dalla poesia, che alla prosa fu sempre anteriore, forza ed incremento ricever le lingue, rimansi omai dimostrato, e poeti furono ancor essi i primi nostri triumviri. La divina Commedia, e i Trionfi del Petrarca al più alto grado in quell'epoca spinsero la terza rima, e 'l sonetto, e la canzone, onde il lirico genere nella parte erotica, ed encomiastica a somma altezza recarono, nella parte esegetica l'Alighieri quasi tutte le poetiche provincie percorse, dell' epica,

e

e della drammatica dissodando, e appianando le vie.

Proseguendo or io così a ragionare, un secondo triumvirato nel cinquecento ravviserò nell'Ariosto, nel Tasso, e nel Chiabrera; chè di tanti altri rinomatissimi e nella prosa e nel verso qui a me non torna il dire; ma di quelli soltanto, che primi la nostra volgar poesia di generi sino allora non trattati arricchirono. Che anzi soggiungo che de' tre generi principali intendo occuparmi, infinite essendo di ciascun d'essi le diramazioni, che di particolar menzione non abbisognano. Così la lirica ne' temi amorosi di serio stile ebbe nel Petrarca principio e compimento, comechè poi coltivata dall'infinito codazzo de' suoi, seguaci: ma intanto la numerosa figliolanza di quegli altri subbietti, che da' Greci e da FLACCO eransi canțati rimaneasi deserta. Il poema di Dante, originale come il suo autore, mentre tutti i generi abbraccia, a niuno particolarmente appartiensi. Lodovico e Torquato pienamente soddisfecer l'impresa, e l'Italia della terza epica corona, (fortunatissimi!) onorarono. La più parte intanto della lirica famiglia, dagl' inni sino a' ditirambetti, dalle pinda

riche ode sino alle più leggiere e dilicate, che al pari d'api ingegnose succiano da ogni fiore, rimaneasi presso che intatta, e poco ne' suoi due germogli felice anche la drammatica, ben conoscendosi quanto a fronte dell' Eumenidi, dell' Edipo, dell' Alceste la Sofonisba mal si sostenga; e la Calandra, la Mandragola, e i Suppositi non che alle Nuvole ed alle Vespe, ma a' Menecini, e all' Andria cedano di gran lunga. Più fortunate furono le favole pastorali, che fra noi esposte in su le scene per la prima volta, non dovettero esporsi a verun paragone.

Pugnemi sospetto che mi si possa chieder ragione dell' aver aggiunto il Chiabrera a' due epici nostri. Deh! non si creda che abbia io ciò fatto in grazia della sua Firènze, del Ruggiero, o dell' Amadeide: il nuovo cammin glorioso, che aprir seppe, e tante preziose e maschie bellezze, di che arricchi suo stile, e gli sciolti spezialmente; a risguardarlo m'inducono nel sec. xv, come del ciel poetico italiano la terza stella. Tendendo egli i nervi dell'italica lira, ad ora ad ora aspreggiò, ammorbidì, ritorse in nuove guise l'endecasillabo monotono e scarno, signoreggiò su la rima che gelusa de' suoi

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