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tenue, e'l magnifico, ed il conciso, se pur saprai sceglierlo, e maneggiarlo, mai non fia che ti negheranno. Deh! qui a coloro, che i moderni idiomi idolatrano, perchè ignoran gli antichi, lecito mi sia il raccomandare che appunto nello stil conciso, per lo quale lodano a cielo gli scrittori della Senna, volgansi alquanto a quelli del Tebro (39), e dican di buona fede quai maestri y' incontrino, e qua' modelli. Quel dir conciso ed acuto di Tullio nelle lettere famigliari, ẹ in quelle ad Attico spezialmente, di Curzio, di Tacito, di Plinio il giovine, di Seneca stesso nelle pistole, e potremmo anco aggiugnervi di Simmaco, e di Sulpicio Severo, da qual autor d'Oltramonti è stato mai pareggiato? Ma il trovar nelle mani di un giovine, che impari a scriver lettere, un epistolario latino, ha sinora mosse le risa, e il non trovarvi Madama de Sevigné, e di Maintenon ha fatto aggrottar le ciglia. Così l'uno e l'altro dovrò ancor io malarrivato aspettarmi, che di grado tra l'arcaismo e'l neoterismo mi sono interposto. E che? (diranno) Dar costui pretende all' italiana favella la decrepita latinità in pedagoghessa e nutrice?

Dell' arte del tradurre, e particolarmente del tradurre ORAZIO essendo a me convenuto di ragionare, mi sono ingegnato di far conoscere qual egli sia stato, e quali i tempi e le circostanze, in che scrisse, d'onde poi nell' indagar le cagioni, che l' hanno di lodato italian traduttore si lungamente privo, e se nelle vicende alla nostra poesia, e al vulgar nostro ultimamente avvenute, sia da fondare speranza di vederlo sorgere, mi son trattenuto. Ponendo principal segno a quanto per me si è scritto sinora, quell' amore alla gioventù studiosa, alle lettere, e alla gran madre Italia, che inestinguibile, anzi crescente vie più sempre in mio cuore sento che vivissimo si alimenta, la traccia da me in questo mio tentativo seguita, ho dimostrato, e insieme il mio avviso, onde, rimossa ogni superstizione, e ogni rilassamento, le vere antiche forme della patria letteratura riprendere, ed imbellire. In ciò mi son dovuto per avventura dilungare alquanto, perchè di ciò or contendono i dotti, e rimessamente l'opinion mia ho manifestata, di doversi le indebolite, e omai troppo alterate forze dell' italico idioma non altramente che col vigore del prisco italico, o sia

del latino, e de' prischi nostri classici del Lazio francheggiare. Così parlando ad Italiani, e nel dolce sentimento, che amor di Patria appellasi, abbandonatamente gettandomi, co' novatori, che cessano di volercisi appartenere, non prenderò briga, e a que' duellanti, che a lodatissimo obbietto intendono dall' una parte e dall' altra, e nel culto de' nostri antichi, e di Dante sopra tutti, convengono, rammenterò che Dante dalla mia sentenza non differiva. Non ad alcun Trovator provenzale, o o toscano pensino ch' ei si rivolse, ma il massimo fra' Latini poeti chiamò egli fonte,

Che spande di parlar sì largo fiume, e a lui dicea :

O degli altri poeti onore e lume, Vagliami il lungo studio, e 'l grande amore, Che m'ha fatto cercar lo tuo volume.

Tu se lo mio maestro, e 'l mio autore, Tu se' solo colui, da cui io tolsi

Lo bello stilo, che m' ha fatto onore.

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Più di tanto non desidero, nè propongo, se pur vogliamo che almen nelle lettere dir possa di noi lo straniere

Quest' è l'itala terra

Anumi sacra, e la sua gente è questa (*). (*) Da Plin. l. 3 c. 21.

ANNOTAZIONI AL PROEMIO.

(1) TUTTI io non ho certamente veduti i volgarizza

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tori di ORAZIO, e ce ne ha forse di alcuni da me affatto ignorati. Citerò quelli dunque, che dallo Zeno, dal Fontanini, dal Paitoni, e dall' Argelati ho potuto raccogliere, aggiugnendovi gli altri da loro ommessi, o da quel tempo a questo sopravvenuti. Eccone i nomi, se non che delle versioni anonime non potrò citare, che l'edizioni. Giovanni Fabrini, Francesco Borgianelli, Gio. Aotonio Epifani, Gregorio Redi, Ludovico Tingoli Ms. Pietro Giannone Ms. (*) Giovanni Giorgini da Iesi, Federico Nomi, Loreto Mattei Paolo Abriani, Antonio Conti, Stefano Pallavicini, Girolamo del Buono, Ottavio della Riva Francesco Manfredi, una traduzione in versi, sciolti pubblicata in Ascoli presso il Valenti 1730, altra in Milano presso il Ricchini 1735. Parafrasi diverse delle odi raccolte da Francesco Antonio Cappone, Sermoni, Epistole, e Poetica tradotte da Gio. Antonio Verdani, Satire da Anton Maria Salvini, Poetica volgarizzata da Scipione Ponze, e da Lodovico Leporeo, e da Giulio Cesare Grazzini, e da Gio. Battista Vacondi, e da Pandolfo Spannocchi, e da Benedetto Pasqualigo, e da Giampaolo Rezzonico,

(*) Pietro Giannone dettò nelle carceri ad un suo figliuol naturale la sua version di Orazio, a somiglianza di Nevio, che parimente nelle carceri scrisse alcune delle sue commedie, in grazia delle quali ottenne dal popolo la libertà (V. Lami,, Memorabilia Italorum,,).

e da un anonimo in versi sciolti (Ms. esistente nella Magliabecchiana), e da Sertorio Quattromani, e da Agnolo Firenzuola, e da Girolamo Bigazzini, e da Filippo Valentino, e da Anton Maria Salvini, e dal Nenci, e da Pietro Metastasio. In tempi-a noi più vicini si debbono aggingnere Francesco Corsetti, Gio. Pezzoli da Bergamo, il Co: Cassoli, Giuseppe Ottavio Savelli, Roberto Sanseverino, Antonio-Ierocades, Francesco Venini, Giuseppe de' Necchi Aquila, Antonio Cesari, Luigi Brami, le satire, e l'epistole del professor Pagnini (*), Giuseppe Solari, Luigi Godard Ms. G. G. Appiano, il sig. Vincenzi di Modena, il cav. Federico, oltre il Lapoli, il Massucco, e talun altro, che in prosa ad uso delle scuole hanno recato o tutti, o parte de' versi di ORAZIO con osservazioni elementari. Fra tutti poi i versi oraziani la Poetica è stata principalmente frequentata da' traduttori, e anche sgominata, e in altr' ordine ricomposta. Innumerevoli altresì son coloro, i quali chi una satira, chi un' altra ; chi una chi un' altra epistola, e varie odi hanno secondo lor talento, o per darne un saggio, o per servire ad un'occasione, volgarizzato. Le stesse odi originali di taluui poeti, come di Labindo, possono sembrare altrettante parodie, della qual cosa convien compiacerci, dovendo risguardare autori sì fatti quasi altrettanti cooperatori a render famigliari i modi latini, e farne alla lingua e all'italiana poesia pregiatissimo dono.

(2) Non sarebbe nè auche facile l'annoverare gli autori, che hanno scritto intorno all'arte del tradurre.

(*) Opera coronata dall' Accademia della Crusca l'anno 1811.

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