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Incontanente intesi, e certo fui, 35
Che questa era la setta dei cattivi

A Dio spiacenti, ed a' nemici sui. 36

n'avesse per nimicarsi con Bonifacio VIII, che non è questo il luogo d'esaminarle. Dico solo che Bonifacio fu papa, perchè Celestino rinunciò. Dunque Dante apponeva alla pusillanimità di Celestino la comparsa di un papa a lui nimico, e nimico (sempre secondo Dante) agli interessi d'Italia, e quindi non potea a meno di mettergliela a carico. In sostanza Dante la pensava così: Un buon papa, un papa umile, un papa santo, qual era Celestino, era più in caso di far del bene alla Chiesa ed all'Italia che non Bonifacio d'indole severa, sebben di mente profonda; dunque chi non dirà (sempre Dante che parla) che Celestino non abbia fatto male a rinunziare al papato? quanti mali succedono, che non sarebbero successi se Celestino non avesse fatto il suo rifiuto?

Da tutto questo si vede (mi si scusi la proposizione) che Dante pose all' Inferno san Celestino per la troppa stima che aveva di questo papa; non troppa quanto alla bontà, ma troppa quanto alla scienza ed all'esperienza. Questo è l'avviso anche di mons. Zinelli, ora vescovo di Treviso, da lui svolto in una sua bella operetta che ha per titolo: Lo spirito religioso di Dante.

Ammetto per altro che Dante in questo punto fu troppo ardito e men riverente; ma bisogna pure concedermi ch'egli mostrò in ciò di pregiar nell'uomo quello che è più pregiabile; mostrò cioè che nelle grandi dignità il primo requisito non è la scienza, ma la bontà. Faccio osservare inoltre che Dante non collocò Celestino nel vero Inferno, ma fuori di esso, cioè nell'atrio; e che per designarlo usò modi si riservati ed ambigui, che senza molto studio e grave considerazione, non si potrebbe conchiudere che desso sia Celestino, e che finalmente all'epoca che Dante ciò scrisse, Celestino non era canonizzato.

35 Incontamente ecc. Dall'avervi riconosciuto un buono per sè, ma dappoco pegli altri, venni subito in perfetta cognizione della qualità di quella gente dannata, ch'era cioè la gente dei dappoco, dei vili.

36 A Dio ecc. I pusillanimi, o neghittosi, o vili non piacciono a nessuno, nè a Dio, nè ai nemici di Dio, che sono i veri peccatori. Non a Dio, perchè non fanno il bene; non agli altri peccatori, perché non fanno il male.

70.

Questi sciaurati, che mai non fur vivi,
Erano ignudi e stimolati molto 38
Da mosconi, e da vespe, ch' eran ivi.
Elle rigavan lor di sangue il volto,

37

Che mischiato di lagrime a' lor piedi
Da fastidiosi vermi era ricolto.
E poi che a riguardar oltre mi diedi,
Vidi gente alla riva d'un gran fiume:
Perch' io dissi: Maestro, or mi concedi,
Ch'io sappia quali sono, e qual costume
Le fa parer di trapassar sì pronte, 39
Com' io discerno per lo fioco lume. 40

37 Non fur vivi nelle operazioni, perchè la vita si conosce dall'operare.

38 Erano ignudi ecc. Ecco il resto della pena che s'era incominciata a descrivere alla nota 33. Là si facevano in moto perpetuo: qui si aggiunge la nudità, le punture de'mosconi e vespe, ed i vermi. Pena tutta propria alla colpa. L'infingardo è ignudo, perchè ignudo di opere; e punzecchiato o stimolato in compenso degli stimoli che non volle mai sentire in vita; ha i vermi a' suoi piedi, perchè l'inazione genera la putrefazione, e questa i vermi.

Intanto che Dante osserva e passa, eccolo giunto omai con un moto rapidissimo verso al fine dell' atrio d'Inferno, dove a qualche distanza dal I cerchio d' Inferno vede la gente che va alla dannazione nel vero Inferno, raccolta alla riva di Acheronte, come dice subito nel v. 70.

39 Di trapassar sì pronte. Dante vedeva le spalle dei più lontani dal fiume che premevano quelli che avean dinanzi; ma non vedeva quelli che al fiume stavano in riva. I primi aveano fretta di giungere al fiume, e perciò urtavano gli altri davanti; i secondi voleano invece retroceder dal fiume, e perciò urtavano indietro quelli che aveano alle spalle. Vedremo il perchè di tutto questo. Intanto Dante non poteva rendersi ragione del perchè quelle anime avessero tanta fretta di andare all'Inferno.

40 Com'io discerno per lo fioco lume. Dante pone per l'Inferno quanta luce basti per vedere gli oggetti.

80.

41

42

Ed egli a me: Le cose ti fien conte, "1
Quando noi fermerem li nostri passi
Sulla trista riviera d'Acheronte.
Allor con gli occhi vergognosi e bassi, 43
Temendo no 'l mio dir gli fosse grave,
Insino al fiume di parlar mi trassi.
Ed ecco verso noi venir per nave
Un vecchio bianco per antico pelo, "
Gridando Guai a voi, anime
Non isperate mai veder lo cielo:

prave.

I' vegno per menarvi all' altra riva

45

Nelle tenebre eterne in caldo, e in gelo. 46

Le cose ecc. Perchè Virgilio non gli spiegò subito la cosa come era? Prima per ragion di poesia che vuole la varietà e la sospensione; poi (e questo più veramente) perchè Virgilio (Ragione) volea avezzar Dante a porgergli le sole dimande necessarie per non gettar parole indarno, come esige Ragione. Quando le cose si ponno e si deono sapere un po' dopo, è inutile spiegarle prima.

42 Fermerem ecc. Perchè dice: fermerem li nostri passi ecc.? Perchè infatti in quella riviera si fermeranno alquanto, e perchè con questa promessa Virgilio conforta Dante all' aspettazione d'un riposo necessario dopo il fatto cammino di 3150 miglia in pochi minuti. Vedi nella mia Tav. II, Inf., N. 22, giustificato un si gran viaggio in sì poco tempo.

43 Vergognosi ecc. E naturale che una ripulsa di persona autorevole generi vergogna, la quale produce poi l'effetto di far andare cogli occhi bassi e senza parlare. Tutte pitture al naturale.

44 Un vecchio ecc. Questo vecchio è un demonio che fa colaggiù il mestiere di barcajuolo. Perchè vecchio dai capelli e barba bianca?/ Perchè è dal principio del mondo che fa questo mestiere, e per dar maggior terrore alla scena.

45 Guai ecc. A chi sono rivolte queste parole? Non a Virgilio e non a Dante, ma ai dannati che c'erano in calca.

46 In caldo ecc. Perchè in caldo e in gelo? Perchè in Inferno ci sono tutti i tormenti, anche li più opposti fra loro, e si provano contemporaneamente per una attività specialissima, data loro dalla

90.

E tu, che se' costì, anima viva, 47

Pártiti da cotesti che son morti. 48
Ma poi ch'ei vide ch'i' non mi partiva, 9
Disse: Per altre vie, per altri porti 50

Verrai a piaggia, non qui; per passare
Più lieve legno convien che ti porti. 51

onnipotenza di Dio. Caldo e gelo anche per questo, che alcune di quelle anime andavano propriamente nel foco, ed altre nel ghiaccio. Caldo e gelo finalmente, perchè si prende la specie per il genere. Si dice tenebre eterne perchè la Scrittura quando parla dell'Inferno lo chiama luogo di tenebre esteriori.

47 Anima viva ecc. Anima buona. Così l'interpreta Virgilio stesso poco dopo, e Daute infatti era tale dopo la contrizione de' suoi peccati mostrata nel I e II Canto antecedenti. Quest'è la prima opposizione che fanno i demoni al viaggio penitenziale ed ascetico di Dante; e ciò per distoglierlo da questo mezzo di sua salute. Vedremo quanti altri ostacoli vi faran poi,

48 Morti: cattivi, reprobi.

49 Dante non partiva perchè non partiva Virgilio, a' cui panni si teneva ben bene stretto per la paura, e intanto non osava fiatare. Come infatti lo avrebbe potuto con questi complimenti e con quel ceffo?

30 Per altre vie ecc. Questa è una gherminella da furfante, qual è questo orribile barcajuolo, nè credo che l'abbiano a pezza intesa i Commentatori. Noi vedremo in seguito altri demoni che cercheranno di gabbare i nostri due viaggiatori. Intanto veniamo a questo. Che fa dunque Caronte, vedendo riuscita a vuoto la prima paura e la prima insinuazione truculenta? Inventa una frode per non passarlo. Lo assicura che passerà altrove, dove ci sarà un legno per lui: che vada a cercarlo e lo troverà. Ma come, se non c'erano altri passaggi ed altre barche se non quella di Caronte a quel luogo? Cosi questo demonio volea prendersi gioco del povero Dante, e rifiutarsi a traghettarlo il più che poteva, sapendo che quel viaggio era a bene dell'anima sua. Tale e non altro è il senso di questa terzina; ed è naturale all' indole menzognera dei demoni, è conforme al loro fare in altri luoghi dell' Inferno, che vedremo.

51 Più lieve ecc. Un legno che non sia tanto carico come questo, un legno che così sarà più lieve, un legno che sarà per te solo. Era bugia a danno di Dante se mai poteva.

E il duca a lui: Caron, non ti crucciare: 52
Vuolsi così colà dove si puote

Ciò che si vuole, e più non dimandare.
Quinci fur quete le lanose gote

53

Al nocchier della livida palude, 54

Che intorno agli occhi avea di fiamme ruote, 100. Ma quell' anime ch' eran lasse e nude, 56

36

32 Non ti crucciare ecc. Ma Virgilio s'addiede ben dell'inganno di quel mariuolo di Caronte, e glielo ruppe con due parole, dicendogli che non si crucciasse di quel bene concesso a Dante di visitare l'Inferno, perchè, voglia egli o non voglia, quel viaggio è voluto in cielo, e tanto basta. Ma perchè Virgilio non gli disse a dirittura: questo è un inganno, che tu ci vuoi fare, perchè io so quanto basta che non ci sono altri passaggi? Non gli rispose cosi per ragion di sè, di Dante e di Caronte. Prima per ragion di sè, perchè non ci stava il suo decoro a piatire con un Demonio. Poi per ragion di Dante, perchè gli si sarebbe accresciuta la paura. Finalmente per ragion di Caronte, che alla rinfacciata non si sarebbe arreso come si arrese al voler divino.

53 Lanose gote. Da dentro le gote escono le parole, pronunciando le quali, le labbra, il mento e le mascelle si muovono. Quindi tanto è dire che le gote si acquetano, quanto dire che si cessa dal parlare.

54 Palude. Ma non era un fiume? Si, era un fiume ma un fiume tutto fangoso, e tardo tardo, che facea di sè più palude che fiume. Palude livida, cioè nericcia, sia per l'aria oscura, che pel riflesso delle rocce buje.

35 Intorno agli occhi ecc. Gli occhi nelle pitture dantesche non sono mai fuori. Caronte schizzava fiamme dagli occhi, per la rabbia di dover passare chi non voleva, e per tentare, anche con questa nuova paura, che Dante se ne ritraesse, e non si acconciasse a montar in barca con lui. Vedremo poi che infatti fu tanta la paura che n'ebbe Dante, che Virgilio, per suo riguardo, colse un momento per passarlo senza ch' egli se n'avvedesse.

56 Ma quell'anime ecc. Dopo il breve episodio di Virgilio con Caronte, si torna qui alle anime prave, e precisamente all' effetto in loro cagionato dalle terribili parole di Caronte. Quel guai, quel non isperate mai, quelle tenebre eterne, quel caldo e quel gelo

55

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