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la duplice sua natura, è in questo luogo

29 Pensiero quasi identico a questo di

affermata così chiaramente, che basterebbe Isaia LIV, 13 si legge Ierem, XXXI, 34; esso solo, in difetto di qualunque altro, e Mich. IV, 1-4.

ve ne sono ben molti altri, a stabilire la 30 Questo ripigliare nel v. 48 lo stesso verità di quel domma cristiano contro i concetto, espresso colle identiche parole nel 35, non dirò, che sia un argomento apo

sofismi dei Monoteliti.

25 Quel neutro omne quod, pel masco- dittico, ma certo è un grande indizio, che lino omnis quem, è modo di dire per si- quel concetto e quelle parole si comingnificare la cosa presa in fascio, in globo, ciano a prendere in senso diverso. per modum unius, ed ha riscontro nel

31 Alcune di quelle osservazioni sono

quae stulta sunt mundi di Paolo (I. Cor. del Patrizi 1. c.

I, 27) per indicare qui stulti sunt mundi, cioè sono tali riputati dal mondo.

32 Concilium Ephes. (Epist. ad Nestorium); Nicaenum II. (Act. VI); Triden26 Nota Lattanzio (Divin. Inst. Lib. VII, tinum (Sess. XIII, Cap. II, et Sess. XXV, cap. 9) dall'antico Trismegisto, che il Sewpeiv Cap. 1).

è voce appropriata peculiarmente alle cose 93 L'intendere questo tratto in senso divine, quasi come il nostro contemplare. letterale della SS. Eucaristia, non impe

27 Il verbo rorrúšev, da cui è éyórrušov, disce si possa intendere eziandio in altri reso dal Vulgato per murmurabant, ha sensi; e così fece S. Agostino (De Doctrin. significato molto più espressivo del nostro Christiana, Lib. III, Cap. 16) imitato in ciò mormorare. Quello vale, come altrove da S. Bernardo (In Psalm. XC, Serm. III) (Matth. XX, 11; I. Cor. X, 10; Ioan. VII, e da altri. Questa semplice osservazione 32), fremere, indignari, mussitare. V. basta ad escludere ogni abuso, che della Wilk. Clavis Phil. N. T. a. h. v. dottrina di quei Padri, massime del primo,

28 Intorno a questo attraimento, che il possono fare gli eterodossi. Padre fa delle anime colla sua grazia, non 3 È a dir poco singolare la ragione, pure senza recare ombra di offesa alla per la quale lo Schulz (Die christl. loro libertà, ma con somma propensione Lhere vom heil. Abendmahl nach e gaudio uguale della loro volontà, molte dem Grundtexte d. N. T. Bresl. 1832. e nobilissime cose hanno discorso i SS. Pa- pagg. 161, 167, 175) nega qui parlarsi dri, e peculiarmente S. Agostino nelle sue della Cena, com' essi chiamano l' Eucarimemorabili lotte coi Pelagiani. Si suol stia. La ragione è l'incoerenza del tempo; citare a questo proposito uno splendido suo perchè quella non fu istituita, che circa ed luogo (In Ioan. Tract. XXVI) che comin- anzi oltre un anno dopo. E non hanno cia: Noli cogitare te invitum trahi: trahitur badato costoro, che qui se ne parla come animus et amore etc. Men conosciuto forse, di cosa futura: dabo, swïw, darò; e però ma non meno splendido è quest'altro (De era un prenunzio, una promessa, come il Apost. Serm. VII): Non dixit DUXERIT, sed Signore faceva della stessa sua Passione. TRAXERIT. Ista violentia cordi fit, non carni. 35 Sopra quelle parole: Ego sum paQuid ergo miraris? Crede et veni; ama nis vivus: 'Eyó ɛiμ à aptos à Swv, il Rosenet traheris. Ne arbitreris istam asperam müller (Schol. in Ioan. VI, 51) scrive: molestamque violentiam; dulcis est, suavis Verbum omnibus fere Interpretibus est, ipsa suavitas te trahit. Nonne ovis trahi- idem est quod wordsiv. Ma io davvero non tur, cum esurienti herba monstratur? Et veggo come si potrebbe mostrare, che il puto quia non corpore impellitur, sed de- vivere sia il medesimo che vivificare. Il siderio colligatur. Sic et tu veni ad Chri- Luck (Opp. Tom. II, pag. 91 et seqq.) stum; noli longa itinera meditari. Ubi vi si travaglia molto, e ricorre per fino credis, ibi venis. Ad illum enim, qui ubi-alla forma Kal, adoperata talora dagli que est, amando venitur, non navigando. Ebrei invece della forma Hiphil. Questo

nondimeno mi pare il caso, in cui un po' del Salvatore. Come alla vita naturale deldi filosofia ci varrebbe assai meglio di l'uomo la sola carne non prodest quidquam, molta filologia. Chi capisce di quale vita se non vi è l'anima, lo spirito che l' avqui parli Cristo, e come di quella vita la vivi; così alla vita spirituale dell' uomo sua Divinità è la prima fonte, e la sua stesso non prodest quidquam la sola carne Umanità è lo strumento, capisce tosto come di Cristo per sè, come la intendevano quei egli non può congiungersi agli uomini Giudei; ma colla divinità, a cui quella come pane vivo, senza essere per essi, allo carne è inseparabilmente unita, giova a stesso tempo, vivifico. tutto, fa tutto. Così questo luogo è spie

36 Di qui apparisce, che il precetto di gato da S. Agostino (In Ioan. Tract. prendere l'Eucaristia è strettamente di ra- XXVII; De Cons. Evang. Lib. IV, Cap. gione divina; la Chiesa non ha fatto, che 10; De Civit. Dei Lib. X, Cap. 24; Comm. determinarne il modo o piuttosto il tempo. in Psalm. XCVIII), da S. Cirillo (Lib. X, È poi chiaro per sè, che, mancandone la Cap. 23), da S. Bernardo (In Cantic. Serm. possibilità, all'adempimento debba bastare XXXIII) e da altri.

il voto, o desiderio.

43

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A patre meo, nel greco ὁ ἐκ τοῦ πατρός

37 Quelle ragioni si possono vedere lar-pou; ma l'uso dell'ex invece dell'iné dopo gamente esposte e discusse dal Pallavicino i verbi passivi è riconosciuto dal Matthia (Storia del Conc. di Trento, Lib, XVIII, (Gram. Gr. § 574) e dal Buttmann (Gram. circ. init.); e tra quelle non ultima fu la cer-Gr. § 121). tezza che si aveva, che la Comunione sotto Questi discepoli apostatarono per entrambe le specie si chiedeva dai più per avere intese le parole del Maestro di un l'errore, che sotto una specie sola non si vero e proprio mangiamento della carne contenesse tutto il Sacramento, il quale di lui. Ora si consideri quanta verità dovea errore fu condannato dallo stesso Concilio essere in quella loro maniera d'intendere, (Sess. XIII, Can. III). se esso Maestro, per mantenerla salda, ne

38 Dell'et, xxi per ita rispondente al si lasciò compiere l'apostasia; ed anzi, come cut si ha esempio nello stesso S. Giovanni apparisce dalla domanda tosto fatta ai DoX, 15; XV, 9. dici, era disposto a vedersi abbandonato

39 Si noti bene, che il sicut riguarda anche da essi e da tutti. non il misit, ma il vivens; ed il senso 45 Forse non è senza profondo signiè: Siccome a mandare me fu il Padre vi- ficato questa successione di atti: prima vente o vivo, e però io vivo per lui; così ecc. credere, poi conoscere: credidimus et co

40 Questa cognizione, che Cristo avea gnovimus. Sarebbe la grande parola di degli uomini e delle cose in se stesso, ed S. Anselmo: Credo ut intelligam: concetto indipendente da quelli e da queste, fu al- nel resto conforme allo stesso processo trove (Marc. II, 8) espressa col cognoscere delle scienze umane, delle quali disse Ariin spiritu suo. stotele, che oportet addiscentem multa

41 Dopo una discussione lunga il Mal-credere. donato (Comm. in Ioan. V, 62) conchiude, 46 Π διάβολος & propriamente oppositore, parergli più probabile, che quel Si ergo etc. calunniatore, anche presso gli scrittori proequivalga a Quanto magis scandalizabi- fani (Xenoph, Ages. II, 5; il Grimm cita mini? quanto minus credetis? la quale Aristofane e Plutarco). Nelle Scritture è interpretazione ha certamente il suo va-il tipo del peccato e della massima dissolore; non tuttavia tanto, che meriti, a mio miglianza da Dio. Talora nondimeno vale giudizio, di essere preferita all'altra. semplicemente avversario, nimico, come

42 Solo per un sofisma puerile si po- l'ebraico (satan), come III, Reg. XI, trebbe da questa parola inferire, che dalla 14. o (tsar) Esth. VII, 4. Ma in ge Eucaristia si debba escludere la vera carne nerale si prende per lo spirito reprobo.

LEZIONE LIII.

Piuto sul lavare le mani. Gesù nelle parti di Tiro
e di Sidone. La Cananea.

MATTHAEI, XV.

discipuli eius dixerunt)

ei: Scis, quia Pharisaei, audito verbo hoc, scan1. Tunc accesserunt dalizati sunt? ad eum ab Hierosolymis Scribae, et Pharisaei, di

centes:

MARCI, VII.

10. Moyses enim dixit: Honora patrem tuum, et

1. Et conveniunt ad matrem tuam. Et: Qui eum Pharisaei, et qui-maledixerit patri, vel 13. At ille respondens dam de Scribis, venien- matri, morte moriatur. ait: Omnis plantatio, tes ab Hyerosolymis. 11. Vos autem dicitis: quam non plantavit Pa2. Et cum vidissent Si dixerit homo patri, 2. Quare discipuli tui ter meus coelestis, era- quosdam ex discipulis aut matri: Corban (quod transgrediuntur tradi- dicabitur. eius communibus mani- est donum) quodcumque tionem seniorum? non 14. Sinite illos: caeci bus, idest non lotis, ex me, tibi profuerit. enim lavant manus suas, sunt, et duces caeco- manducare panes, vitu- 12. Et ultra non dicum panem manducant. rum: caecus autem si pera verunt. mittitis eum quidquam 3. Ipse autem respon- caeco ducatum prae- 3. Pharisaei enim, et facere patri suo, aut dens ait illis: Quare et stet, ambo in foveam omnes Iudaei nisi cre- mat ri, vos transgredimini man- cadunt. bro laverint manus, non 13. Rescindentes verdatum Dei propter tra- 15. Respondens autem manducant, tenentes bum Dei per traditionem ditionem vestram? nam Petrus dixit ei: Edis- traditionem seniorum. vestram, quam tradidiDeus dixit: sere nobis parabolam 4. Et a foro nisi bapti-stis: et similia huius4. Honora patrem, et istam. zentur, non comedunt. modi multa facitis. 16. At ille dixit: Adhuc Et alia multa sunt, quae matrem: et: Qui male14. Et advocans itedixerit patri vel matri, et vos sine intellectu tradita sunt illis serva- rum turbam, dicebat morte moriatur. estis? re, baptismata calicum, illis: Audite me omnes, 5. Vos autem dicitis: 17. Non intelligitis, et urceorum, et aera-et intelligite. Quicumque dixerit pa- quia omne, quod in os nentorum, et lectorum. 15. Nihil est extra hotii, vel matri: Munus intrat, in ventrem 5. Et interrogabant minem introiens in eum, quodcumque est ex me, dit, et in secessum emit-eum Pharisaei, et Scri- quod possit eum cointibi proderit: bae: Quare discipuli tui quinare, sed quae de non ambulant iuxta tra- homine procedunt, illa ditionem seniorum, sed sunt, quae communicommunibus manibus cant hominem. manducant panem? 16. Si quis habet au6. At ille respondens, res audiendi, audiat. exeunt cogitationes ma-dixit eis: Bene prophe- 17. Et cum introisset 7. Hypocritae, bene lae, homicidia, adulte- tavit Isaias de vobis hy-in domum a turba, inprophetavit de vobis ria, fornicationes, furta, pocritis, sicut scriptum terrogabant eum disciIsaias, dicens: falsa testimonia, bla- est: Populus hic labiis puli eius parabolam. 8. Populus hic labiis sphemiae. me honorat, cor autem 18. Et ait illis: Sic et me honorat: cor autem 20. Haec sunt, quae eorum longe est a me. vos imprudentes estis ? eorum longe est a me. coinquinant hominem: 7. In vanum autem Non intelligitis, quia 9. Sine caussa autem non lotis autem manibus me colunt, docentes do- omne extrinsecus incolupt me, docentes do- manducare, non coin- ctrinas, et praecepta troiens in hominem, non ctrinas et mandata ho-quinat hominem. potest eum communi21. Et egressus inde 8. Relinquentes enim care?

6. Et non honorifica

titur?

va

18. Quae autem probit patrem suum, aut cedunt de ore, de corde matrem suam. Et irri- exeunt, et ea coinquitum fecistis mandatum nant hominem. Dei propter traditionem

vestram.

minum.

19. De corde

enim

hominum.

10. Et convocatis ad Iesus secessit in par-mandatum Dei tenetis 19. Quia non intrat in se turbis, dixit eis: Au- tes Tyri, et Sidonis. traditionem hominum,cor eius, sed in vendite, et intelligite. 22. Et ecce mulier baptismata urceorum, et trem vadit, et in seces11. Non quod intrat Chananaea a finibus il-calicum, et alia similia sum exit, purgans omin os, coinquinat homi- lis egressa clamavit, his facitis multa.

nes escas.

nem; sed quod proce- dicens ei: Miserere mei, 9. Et dicebat illis: Be- 20. Dicebat autem, quodit ex ore, hoc coin- Domine, fili David: fi-ne irritum facitis prae- niam quae de homine quinat hominem. lia mea male a daemo- ceptum Dei, ut traditio-exeunt, illa communi12. Tunc accedentes nio vexatur. nem vestram servetis. cant hominem.

MATTHAEI, XV.

Itibi sicut vis. Et sana-
ta est filia eius ex illa

MARCI, VII.

gentilis, Syrophoenissa genere. Et rogabat eum 23. Qui non respon-hora. 21. Ab intus enim, de ut daemonium eliceret dit ei verbum. Et acce 29. Et cum transisset corde hominum malae de filia eius. dentes discipuli eius ro-inde Iesus, venit secus cogitationes procedunt, gabant eum dicentes: mare Galilaeae:et ascen- adulteria, fornicationes, prius saturari filios: non Dimitte eam, quia cla- dens in montem sede- homicidia, est enim bonum sumemat post nos.

re

27. Qui dixit illi: Sine

bat ibi. 22. Furta, avaritiae, re panem filiorum, et 21. Ipse autem 30. Et accesserunt ad nequitiae, dolus, impu-mittere canibus. spondens ait: Non sum eum turbae multae, ha- dicitiae, oculus malus, 28. At illa respondit, missus nisi ad oves, bentes secum mutos, blasphemia, superbia, et dixit illi: Utique, Doquae perierunt, domus caecos, claudos, debiles, stultitia. Israel.

adoravit eum, dicens

Domine, adiuva me.

et alios multos: et pro

eius, et curavit eos:

mine: nam et catelli co23. Omnia haec mala medunt sub mensa de

25. At illa venit, et iecerunt eos ad pedes ab intus procedunt, et micis puerorum. communicant hominem. 29. Et ait illi: Propter 31. Ita ut turbae mi- 24. Et inde surgens, hunc sermonem vade: 26. Qui respondens rarentur, videntes mu- abiit in fines Tyri, et exiit daemonium a filia ait: Non est bonum su- tos loquentes, claudos Sidonis; et ingressus tua. mere panem filiorum, et ambulantes, caecos vi- domum, neminem voluit 30. Et cum abiisset mittere canibus.

27. At illa dixit: Etiam bant Deum Israel.

Domine, nam et catelli

edunt de micis, quae cadunt de mensa dominorum suorum.

28. Tunc respondens Iesus, ait illi: O mulier, magna est fides tua: fiat

tere.

dentes et magnifica- scire, et non potuit la- domum suam, invenit
puellam iacentem supra
25. Mulier enim sta- lectum, et daemonium
tim ut audivit de eo, exiisse.

cuius filia habebat spi-| 31. Et iterum exiens
ritum immundum, intra- de finibus Tyri, venit
vit et procidit ad pedes per Sidonem ad mare
eius.
Galilaeae inter medios
26. Erat enim mulier fines Decapoleos.

I.

Chi ponderasse attentamente la maniera, onde il genere

umano si conserva rinnovandosi sempre, e pure rimanendo sempre lo stesso; chi, dico, questo ponderasse, dovrebbe giudicare agevole e naturalissima la riverenza delle nuove generazioni verso le preterite, nel conservarne gelosamente gli acquisti, e non alterarne, senza veri e gravi motivi, le abitudini, i principii, le pratiche: tutta in somma quella preziosa eredità morale, che diciamo tradizioni dei maggiori. Noi entrammo in un mondo, che già da secoli e secoli, prima di noi e senza di noi, si trovava in piedi colle sue leggi morali ferme, immutabili altrettanto che le fisiche, incedendo sicuro ai misteriosi suoi destini; e da esso apprendemmo, non che altro, il linguaggio, il quale se non ci dà l'essere di uomini, è certamente la più nobile e più feconda manifestazione del nostro essere di uomini. Fatti più grandicelli ci trovammo nel mezzo di migliaia e milioni di nostri simili, i quali erano già adulti, provetti, incanutiti in quell' arduo cammino della vita, nel quale noi cominciavamo appena a stendere i primi incertissimi passi; e da essi avemmo quanto contribuì ad informare, disciplinare, for

bire il nostro spirito; tanto che senza di essi saremmo mezzo uomini, mezzo bestie e tutto selvaggi. Qual cosa pertanto più naturale, più ragionevole, più giusta della riverenza verso le tradizioni dei maggiori, le quali, trovandosi da tanto tempo in possesso del mondo, avrebbero bene il diritto di non esserne esturbate, senza l'evidente certezza di non più meritarlo?

E nondimeno, Signori miei riveriti, voi lo sapete! Uno dei nostri grandi malanni è la smania, la foga, direi quasi la vertigine d'innovare ogni cosa, immaginandoci che di quanto pensarono e fecero i nostri antichi, tutto è prepostero, tutto è da scartarsi per la sola ragione che è antico; e per contrario tutto è bello, tutto è ammirabile quanto facciamo noi, per la sola ragione che è nuovo. Di quale orgoglio sia indizio, e di quai danni diventi radice un siffatto vezzo, sarebbe lungo a mostrare; questo tuttavia è fuori di dubbio, che essendo state tra noi le ultime generazioni profondamente cristiane, noi rigettandone tutte le tradizioni civili, municipali e domestiche, veniamo a sconsecrarci, a scristianeggiarci sempre peggio in tutte le appartenenze della vita pubblica e della privata, dando l'ultima mano a quell' apostasia dal Cristianesimo, la quale è forse il solo gran fatto, che noi lasceremo all'ammirazione di coloro, che il nostro tempo chiameranno antico. Or fosse mai vero. che noi, per questo appunto, siamo spregiatori superbi, e distruggitori fanatici delle antiche tradizioni, perchè le sono cristiane?

Il quale mio sospetto, o piuttosto timore potrebb' essere giustificato e confermato dal contrario vezzo dei Farisei; i quali vedrete questa mattina muovere attorno a Gesù non so che loro piato, col pretesto appunto delle antiche tradizioni. Il loro contegno, come dissi, era contrario al nostro ; ma l'effetto, che certo ne fu per essi, e forse n'è anche per noi il fine, è lo stesso. Essi colla tenacità superstiziosa delle false tradizioni si volevano emancipare dalla legge di Dio; noi collo spregio altezzoso delle vere tradizioni riusciamo, e forse miriamo ad emanciparci dalla stessa legge di Dio. Ma veniamo alla narrazione del fatto, al quale verrà appresso il tanto diverso dell'umile fede di una donna cananea nei confini della Fenicia.

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