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miglia che alimenta, non è un artista che diverte; e però non vi deve increscere se qualche volta l'alimento nel primo gusto vi sa un po'duro: accoglietelo docilmente; e quando lo avrete ben digesto, vi accorgerete, che per avventura i cibi più nutritivi e più salubri sono quelli, che da principio vi parvero meno gustosi.

NOTE

alla Lezione quarantesimaquarta

1 Dove nel salmo è eructabo, nell'ebreo è 5 OVIDIUS (Fast. Lib. I, v. 691): Et cada vn(rachash), che si dice propriamente reant loliis oculos vitiantibus agri; e Serdelle fonti, che scaturiscono acque, e la vio (in Virg. Eclog. 5): Qui lolium manstessa metafora ritennero i Settanta col-ducant caecitatem patiuntur. l'impeůžzтo, anche altrove (Psal. XVIII, 3; 6 Nella frase dunque filii nequam, il XLIV, 1). Il Vulgato cangiò l'immagine, nequam, è genitivo, come apparisce dal ma ritenne il concetto. greco citato nella Lezione, e risponde per opposizione ai filii regni.

2 Col. I, 26.

3 Quella maniera: simile est regnum 7 È notevole ciò, che, intorno a questo coelorum homini etc. fu espressa, in altra legare, che gli angeli faranno le zizzanie in occasione, con più accuratezza da S. Mar-fasciculos ad comburendum, scrive S. Greco (IV, 24) così: Sic est regnum coelorum, gorio (Dialog. IV, cap. 35): Messores anquemadmodum si homo etc. Allora la sen- geli zizania ad comburendum in fascitenza n'è apertamente quella, che ho espres- culos ligant, cum pares paribus in torsa nella Lezione: Avviene nel regno dei mentis similibus sociant, ut superbi cum cieli, come se ecc. superbis, luxuriosi cum luxuriosis, avari

* Afferma il Rosenmüller (Schol. in Mat- cum avaris, fallaces cum fallacibus, invidi th. XIII, 25) che il (sonin) è voce cum invidis, infideles cum infidelibus ararabica, e lo dice anche il Wilk (Clavis, deant. Cum ergo similes in culpa ad torN. T. Philolog. a. h. v.); ma il fatto è, menta similia deducuntur, quia eos in che è voce al tutto ignota ai Greci ed ai locis poenalibus angeli deputant, quasi Latini. Questi lo dicevano lolium, e l' ac- zizaniorum fasciculos ad comburendum coppiavano coll' avena. Infelix lolium et ligant.

steriles dominantur avenae (Virg. Georg. 8 Per zizania et filios nequam o figli Lib. I.), e Tertulliano (Lib. De Praescr. del maligno alcuni, dopo S. Agostino adv. haeret. cap. 31) volge zizania in ave- (Quaest. in Matth. IX, 11), pensarono, donas. S. Agostino poi (In Quaest. Evang. versi intendere gli eretici; ma poscia egli in Matth.) chiama sisanias tutte le im- stesso (Retract. Lib. II, cap. 28; De Sunmondezze del seme. ctis, Serm. XXXIX) insegnò doversi in

tendere generalmente di tutti i malvagi,]

12 Ho supposto, che nella parabola del che sono nella Chiesa commisti ai buoni. granello di senapa il regno dei cieli rap9 Qui allude manifestamente al luogo presenti la Chiesa, come in moltissime aldi Daniele (XII, 3): Qui autem docti fue- tre. Nè a ciò fa ostacolo l'avere S. Ilarint (vivranno cioè da essere non loglio, rio (In Matth. Can. 13), S. Gregorio (Moma buon grano) fulgebunt sicut splendorral. Lib. XIX, cap. 11), S. Agostino (De firmamenti, et qui ad iustitiam erudiunt Sanctis, Serm. XXXIII) ed altri affermamultos, quasi stellae in perpetuas aeterni- to, che pel grano di senapa era figurato il Salvatore. Grano sinapis (scrisse il pri

tates.

10 Quella è la formola consueta, onde mo) se Dominus comparavit; ed il seconil Signore soleva richiamare l'attenzione do: Ipse quippe est granum sinapis. Perdegli ascoltanti sopra soggetti, che, per la ciocchè, atteso l'intima unione, ond'è conloro gravità, peculiarmente la meritavano. giunto Cristo alla Chiesa, si ha tra l'uno 11 La parabola è pienamente dichiarata. e l'altra una specie di communicazione Nondimeno a prevenire qualche difficoltà, d' idiomi, come parlano i Teologi in diviche potrebbe sorgere nella sua applica- nis; sicchè molte proprietà dette dell'uno zione, si noti, che quando Dio pose sulla si attribuiscono anche all'altra, e viceterra l'uomo innocente, e lo innalzò a versa, secondo la regola data dal Ticonio stato soprannaturale, volendo che tale tosse citato dall' Alapide (Comm. in Matth. tutta la sua posterità, seminò veramente XIII, 31).

frumento non pur buono, ma ottimo; ed i 18 Η κατασκηνόω da σκηνη tenda, è tenmali, che vennero dopo per la colpa, eb-torium figo, habito (Act. II, 26; Psal. XVI, bero origine dalla suggestione di Satana, 9) e Gius. Flavio (Antiq. Lib. VIII, cap. 5), che veramente fu l'inimicus homo (ciò lo adopera per l'inabitare, che Dio movale alla maniera ebraica: un certo ne- strò fare nel tempio gerosolimitano. mico, quel tale nemico), dal quale fu so- 14 Si legge nell' Hierosol. Peah (fol. prasseminata la zizzania. Si osservi inoltre, 20, 2): Rabbi Simeon ben Calaphta diche nella parabola il padre di famiglia xit: Caulis sinapis erat mihi in agro meo, mostra aver saputo di quel mal seme get-in quam ego scandere solitus sum, ita ut tato sul buono, e non lo impedì, lasciò scandere solent in ficum. fare, e ci rappresenta così molto bene quella 15 Questa fantasia della generazione provvidenza, onde Iddio permette, che, spontanea non può venire in capo, se non per l'abuso del libero arbitrio, sorgano a chi ignora assolutamente ciò, che sia tanti mali nel mondo. Quello nondimeno, la generazione sustanziale: punto, se alche non è nella parabola, e vi si potrebbe tro mai, rilevantissimo nella naturale Fimolto acconciamente aggiungere alla sua losofia, ed il quale nondimeno, atteso la applicazione, è, che i malvagi sono nel Filosofia, che comunemente si studia, è campo della Chiesa un tale loglio, che ignorato da molti, che si credono e sono Iddio ne trae per indiretto dei beni insi- riputati filosofi. Si vegga il poco, ma molto gni, i quali sono la sola ragione del la- sugoso, che della generazione spontanea sciarlo spargere e venire su. Fra quelli si dice nelle Lezioni di Filosofia di Giosono precipui la manifestazione della di- vanni Cornoldi (Par. specul. Lez. XLV, II, vina giustizia nel punirli, e l'esercitare, Coroll.).

che per occasione di loro fanno i buoni 16 Pensò Erasmo (Comm. in h. l.), che tante e sì preziose virtù. Talmente che si l'exurgat nocte ac die, si debba riferire può dire, che questo loglio, lungi dal pre-al seme; sicchè l'exurgat valga cresca, e giudicare al buon grano, lo favorisce, tutta la frase importi: ed il seme, ossia almeno nella intenzione della Provvidenza, la pianta dal seme cresce di notte e di a prosperare sempre più rigoglioso. giorno. Ma egli basta l'attenta lettura di

quel verso 27 del IV di S. Marco, per ve- letto, quia cavitatem habent, sub qua condere l'incoerenza di una siffatta interpre- di lucerna potest; ma che una tale cavità tazione. Se al seme si deve riferire l'exur- si trovasse solo nel letto triclinare, di ciò gut, si dovrebbe anche il dormiat: il che non reca alcuno argomento. 26 Marc. VII, 30.

non avrebbe senso. E poi a che aggiungere: Et semen germinat?

27

Act. V, 15; Apoc. II, 22. 17 S. GREGORIO (In Ezech. Homil. XV; 28 Il Maldonato (Comm. in Marc. IV, Moral. Lib. XXII, cap. 14), e Vittore An-22) riferisce, come si fa nella Lezione, il tiocheno (In Catena PP. gr. a. h. 1.) si nihil est opertum etc. alle dichiarazioni date allargano a mostrare nell'erba, che prima ai soli Apostoli, ed anzi lo restringe a sorge dal seme, e poi nella spiga, ed in- quelle della seminagione e della zizzania, fine nel frutto, i successivi incrementi della citando S. Girolamo ed il Crisostomo. vita spirituale, riscontrando nell' erba il 29 Matth. IV, 19. primo buon desiderio, nella spiga la risoluzione di operare, e nel frutto la stessa Petri et Pauli. opera salutare.

18 Act. I, 21.

19 HERODOTUS, 11, 94; VIII, 138.

30 S. LEO, Serm. I, In Nativ. SS. App.

31 Ulpianus appellat everriculum, quod graece zyn dicitur. Rosenm. (Schol. in Matth. XIII, 47).

20 DIODORUS SIC. Hist. I, 8. Delle porte 32 Qui il vas è preso in senso proprio; apertesi da sè è adoperata quella stessa vo- ma gli Ebrei dicevano rasa castrorum (Ecce. Act. XII, 10, e si trova pure in Omero cli XLIII, 9), vasa papiri (Isai. XVIII, 2), (Iliad. e, v. 749) ed in Senofonte (Hist. vasa cantici (Amos VI, 5) etc.

graec. VI, 4, 7).

33 A quelle parole: Et separabunt ma

21 La voce satum non è nè latina, nè los de medio iustorum, l'Alapide (in h. 1.) greca: è caldaica cioè * (sata) dal aggiunge senza più: Id est a iustis; est l'ebreo 7 (seha). Era misura di aridi, hebraismus. conteneva un doppio hin, e tre sati forma-| 3 Intorno a questo trovare il tesoro, vano un ephan. I dottori giudaici (Alphes scrive S. Agostino (Quaest. in Ev. Matth. in Pesach c. 5, Kinchi in Mictol) ne dànno q. 13.) Quem cum quis ex parte intelleil volume, che dicono essere stato uguale ctus attigerit, sentit illico magna ibi latere al volume di 144 uova; di che si avrebbe mysteria; et vadit, et vendit omnia sua et il peso delle circa 25 libbre dette nella Le- emit illum; id est contemptu omnium temzione, e corrisponde a ciò, che ne discorre poralium, comparat sibi otium, ut sit dil'Alapide (Comm. in Matth. XIII, 33). ves cognitione Dei. AMBROSIUS, Sermo XXI, in Domi

22

nica VI post Epiph.

85 Il qui invenit è nel greco espresso per participio: óv εúpáν ävОршños, quem inveniens homo.

23 CHRYSOST., In Matth. Homil. XLVII: Si duodecim homines (Apostoli) totam pe- 38 Presso gli antichi fu dubbio a cui ne farinam orbis fermentarunt, diligenter appartenesse il tesoro trovato in un fondo animo versa quanta sit nostra malignitas venduto: se al venditore od al compraatque ignavia, qui cum iam innumeri si tore. Ma il Lessio (De Iustitia, Lib. II, mus, has gentium reliquias convertere non cap. 5, dub. 15), citando S. Tommaso, il possumus, qui vel mille mundis satisfacere Navarro, il Soto ed altri, sostiene, non deberemus. potere essere dubbio il diritto del compratore, il quale veramente lo trova nel

24 Matth. V, 15. 25 Ciò è asserito dal Rosenmüller (Sch. suo; quantunque ci sarebbe ad opporre, in Marc. IV, 21); il quale tuttavia non che chi compera il fondo sapendo che vi ne reca nessuna ragione. Egli dice molto è il tesoro, ne defrauda il primo possesbene, essere qui nominati il moggio ed il sore, che ne era veramente il padrone. Ad

ogni modo, da questo luogo dell'Evangelo nova et vetera alle dottrine del nuovo e del si raccoglie, che presso gli Ebrei di quel l'A. Testamento, e non mi pare sentenza tempo dovea essere riconosciuto il diritto da scartarsi senza piú, come fa il Grozio del compratore. (Crit. sac. a. h. 1.); quantunque mi pare 37 Lo Scriba doctus è nel greco rpau- doversi ciò intendere in senso figurato, pateùs paÛntevÕsis, e vale Scriba istruito, perchè il letterale è quello, che ho espoaddottrinato. sto nella Lezione. Nè vale ciò, che oppo

38 Quella maniera di legamento è sug-ne l'Abulense, in quel tempo non vi esgerita da S. Agostino (Quaest. Evang. in sere stato ancora il N. Testamento. Non Matth. q. 16); e spiega il valore dell' ideo. vi era consegnato nei libri, come fu ap

39 Il Crisostomo, S. Agostino, S. Giro- presso; ma vi era come dottrina orale, che lamo, S. Ilario, ed il v. Beda, citati dal Cal- già si stava predicando da Cristo da circa met Com. Lit. (in h. 1.) riferiscono questo tre anni.

LEZIONE XLV.

Gesù va altrove. I suoi parenti. Sua risposta ad uno Scriba, che si offre a seguirlo. Tempesta sedata.

MATTHAEI VIII.

MARCI IV.

LUCAE VIII.

dixit ad eos: Mater mea et fratres mei hi sunt,

contra.

18. Videns autem Ie- 35. Et ait illis in illa 19. Venerunt autem qui verbum Dei audiunt, sus turbas multas cir- die, cum sero esset ad illum mater, et fra- et faciunt. cum se, iussit ire trans factum : Transeamus tres eius, et non pote- 22. Factum est aufretum. rant adire eum prae tem in una dierum et turba. ipse ascendit in navi20. Et nuntiatum est culam, et discipuli eius, illi; Mater tua, et fra- et ait ad ilios: Transtres tui stant foris vo- fretemus trans stagnum. lentes te videre. Et ascenderunt.

19. Et accedens unus 36. Et dimittentes turscriba, ait illi: Magister, bam, assumunt eum ita sequar te, quocumque ut erat in navi: et aliae ieris. naves erant cum illo. 20. Et dicit ei lesus: 37. Et facta est proVulpes foveas habent, et cella magna venti, et volucres coeli nidos: fluctus mittebat in naFilius autem hominis vim, ita ut impleretur non habet ubi caput re-navis. clinet.

23. Et ascendente eo in naviculam, secuti sunt eum discipuli eius:

24 Et ecce motus ma

21. Qui respondens,

38. Et erat ipse in pup-miens: et excitant eum, pi super cervical dor- et dicunt illi: Magister,

23. Et navigantibus illis, obdormivit, et descendit procella venti in stagnum, et complebantur, et periclitabantur.

non ad te pertinet, quia 24. Accedentes autem perimus? suscitaverunt eum di39. Et exurgens com-centes: Praeceptor, peminatus est vento, et rimus. At ille surgens, gnus factus est in mari, gens, imperavit ventis dixit mari: Tace, ob- increpavit ventum, et ita ut navicula operire- et mari; et facta est mutesce. Et cessavit tempestatem aquae, et tur fluctibus ipse ve- tranquillitas magna. ventus et facta est cessavit: et facta est ro dormiebat. 27. Porro homines mi- tranquillitas magna. tranquillitas.

25. Et accesserunt ad rati sunt, dicentes: Quaeum discipuli eius, et lis est hic, quia venti suscitaverunt eum, di-et mare obediunt ei? centes: Domine, salva nos, perimus.

40. Et ait illis: Quid 25. Dixit autem illis: timidi estis? necdum ha- Ubi est fides vestra? Qui betis fidem? Et timue- timentes mirati sunt, ad runt timore magno, et invicem dicentes: Quis, XIII, 53. Et factum dicebant ad alterutrum: putas, hic est, quia et 26. Et dicit eis Iesus: est, cum consummasset Quis putas est iste, quia ventis, et mari imperat, Quid timidi estis, mo- Iesus parabolas istas, et ventus, et mare obe-jet obediunt ei? dicae fidei? Tunc sur-transiit inde.

diunt ei?

L'avere

I. avere il N. S. G. Cristo, nel suo breve pellegrinaggio terrestre, abbracciata una vita poverissima, ed abborrente da ogni mondana grandezza, ebbe, come tutti sanno, per iscopo principale e diretto il mostrarci nella pratica, col suo esempio, quel distacco magnanimo dai beni della terra, il quale egli insegnò colla dottrina, e pose a condizione indispensabile del suo

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