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L'ORIGINE

DELLE LEGGI

Q

DELLE LEGGI

ELEGIA

UANDO ancor non ardiva il pino audace,
Grave di merci, dispiegare il volo
Sul mobil dorso d'Ocean fallace,

Era alle genti noto un lido solo,
Nè certo segno i campi distinguea,
Nè curvo aratro rivolgeva il suolo.
Per gli antri e per le selve ognun traea
Allor la vita, nè fra sete o lane
Le sue ruvide membra raccogliea;

Che non temeano ancor le membra umane
Il duro ghiaccio degli alpestri monti,
Nè i raggi che cadean dal Sirio cane.
La pioggia e il Sol su le rugose fronti
Battean sovente, ma il disagio istesso
I mortali rendeva a soffrir pronti.

A ciascun senza tema era concesso
Del medesimo tronco il cibo corre,
Ed estinguer la sete al fonte appresso.
Avvenne poi che desïando porre
Due sul frutto vicin l'adunca mano,
L'uno all' altro tentar la preda torre;
E quindi accesi di furore insano,
Coll' unghie pria si laceraro il volto,
Poi coll'armi irrigar di sangue il piano.

Indi più d'un si vide insieme accolto
Solo per tema del potere altrui,
Cui fiero sdegno il freno avea disciolto.
Poi, per aprir ciascuno i sensi sui,
Colla lingua accennava il suo parere,
Che fu il modo primiero offerto a lui.
Perchè sente ciascuno il suo potere,
Come il picciol fanciullo appena nato
Ne dimostra col dito il suo volere.

Scherza il torello alla sua madre a lato,
Ed appena spuntarsi il corno sente,
Che a cozzar dallo sdegno è già portato.
Ed adulto l'augello immantinente
Se stesso affida ad inesperti vanni,
Ove il poter natura a lui consente.
Poi volendo del ciel fuggire i danni,
Varie pelli alle membra s'adattorno;
Indi tessean di lane i rozzi panni.

E ciascun componendo il suo soggiorno, Per sicurezza i lor tuguri uniti Cinser di fosse e di muraglie intorno. Ma perchè varie idee, vari appetiti Volgono l'uom, perciò sempre fra loro Erano semi di discordie e liti.

Onde, per ritrovar pace e ristoro,
Fu d' uopo esser soggetti a patti tali,
Che del comun volere immago foro.
Così le varie menti de' mortali,
Dall'utile comun prendendo norma,
Resero tutti i lor desiri eguali.

Che in van tenta ridursi a certa forma
Corpo civil, se sol de'propri affetti
Ogni stolto pensier seguita l'orma.

Anzi che a' dotti e nobili intelletti Tant'è più necessario il giusto freno, Quant' hanno di variar maggiori oggetti. Il saggio vive sol libero appieno, Perchè del bene oprare il seme eterno Dell' infinito trae dal vasto seno.

Egli discerne col suo lume interno, Che da una sola idea sorge e dipende Delle create cose il gran governo.

Il dotto è quel che solo a gloria attende; Qual è colui che di febeo furore

Tra l'alme Muse la sua mente accende.

In

Ma il saggio è quel che mai non cangia il core,
E sempre gode una tranquilla pace
questo brieve trapassar
dell' ore.
Egli è sol che alle leggi non soggiace,
Perchè sol colle leggi egli conviene,
E di quelle è compagno e non seguace.
E le sue voglie a suo piacer trattiene,
E sciolto vola da mortale impero,
A cui legati ambizïon ci tiene.

Egli è che conducendo il suo pensiero
Per lo cammin delle passate cose,
Mira delle future il corso intero.

Egli in se stesso ha sue ricchezze ascose;
Nè mai per voglia di grandezza umana
Di sè la guida alla fortuna espose.

Ed egli è che con mente accorta e sana
Le leggi incontra, e con la propria vita
Ogn' ingiuria da quelle anche allontana.

Come Socrate il saggio ognor n'addita Che per non violar le leggi sante Sparger si contentò l'anima ardita.

TOM. XII.

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