E'l giovanile ardor che mi fa presto Oltre mi spinge, e a sceglier non dimoro Se sia miglior cammin quello di questo. Ma chi dirà le ingiurie di coloro Ch'empiono il basso giro? Alme invidiose! O al ben oprar nemico infame coro! In van speri quel premio che ripose Alle fatiche il ciel, s'altro non sei Che impaccio alle grand'alme e generose. Muovo per l'erta costa i passi miei; Ma la turba crudel mi fu d'intorno Talchè restarne oppresso io mi credei. Altri ride sbuffando e mi fa scorno; Altri mi spinge acerbamente indietro, E vuol che al basso suol faccia ritorno. Altri con urli in spaventoso metro L'orecchio offende e fa inarcar le ciglia, O m'appesta col fiato infausto e tetro.
Co' denti altri e coll' unghie a me s'appiglia; Nè pria rimuove la livida faccia,
Che la bocca e la man non sia vermiglia.
Altri, ch'altro non puote, i piè m'abbraccia, E se non giunge a darini maggior duolo, Il lembo almen delle mie vesti straccia. Io, fra la rabbia del maligno stuolo Contro di me senza ragione irato, Che far poteva abbandonato e solo!
Già sono di sudor molle e bagnato,
Già mi palpita il core, anela il petto, Laceri ho i panni e sanguinoso il lato: Già l'ardente desio cede al difetto Del mio poter; ma venne a darmi aita Del buon maestro il venerato aspetto.
Riconosco la guancia scolorita Dal lungo studio, e il magistrale impero Che l'ampia fronte gli adornava in vita. A me rivolse il ciglio suo severo, Da cui pur dianzi io regolar solea Delle mie labbra i moti e del pensiero;
E in mezzo a quella turba invida e rea Discese alquanto, e la sua man mi porse; Deh sorgi, o figlio, e non temer, dicea. Alla voce, alla vista un gel mi scorse Dal capo al piè le più riposte vene, Talche Bion del mio timor s'accorse, E turbato soggiunse: ah non conviene Così di tema vil pingere il volto, Se la mia man ti guida e ti sostiene. Quel gel che intorno al core era raccolto, Poichè scaldò vergogna i sensi miei, Venne su gli occhi in lagrime disciolto; E dissi: ah padre, che ben tal mi sei, Se, poichè mi lasciasti in abbandono, Sostegno e guida, ahi lasso! in te perdei; E se quanto conosco e quanto io sono, Fuorchè la prima rozza informe spoglia, Di tua man, di tua mente è tutto dono; Ah lascia almen che in pianto si discioglia L'acerbo affanno, e in lagrime diffuso Esca a far fede dell'interna doglia ! Ed ei: teneri sensi io non ricuso Del grato cor, ma quest' imbelle pianto Deh serba, o figlio, pur, serba ad altr'uso;
E, se degno esser vuoi di starmi accanto, Giustamente adornar tue membra cerca Di quel ch'io cingo luminoso amianto.
Quello è il tempio di Gloria che ricerca Ogni alma e non rinviene; e quella sede Col sangue solo e col sudor si merca. Tu porta colassù l'accorto piede, Ma sappi pria che'l Senno ed il Valore Della soglia felice in guardia siede:
E che quegli il bel tempio entra d'Onore, Che col senno o coll' opre un dì poteo Render d'invidia il nome suo maggiore. Ivi è il buon Greco che sì chiari feo I nomi di color per cui si rese
Specchio del Frigio incendio il flutto Egeo. Ivi è colui che alto cantò le imprese Del Trojano, e da cui sua nobil arte Il fortunato agricoltore apprese.
V'è Demostene, Tullio, e a parte a parte Qualunque lunga età da voi divide, Che Latine vergasse o Greche carte. Ivi è colui che vincitor si vide Scorrer la Grecia prima, e pianger poi Per invidia sul cener di Pelide.
Tomiri v'è fra i bellicosi eroi, Che fece il tronco capo al re Persiano Saziar nel sangue de' seguaci suoi.
Ivi è il feroce condottier Tebanc, Che ruppe nella Leutrica campagna L'audace corso del furor spartano.
V'è Scipio che, scorrendo Africa e Spagna, Vinse Annibal, per cui paventa ancora Roma il terror di Canne e se ne lagna. Cesar, Marcello, Fabio ivi dimora E mille e mille che narrare appieno Di brieve ragionar opra non fora.
Tu intanto, s'entro te non venne meno Il bel desio d' onor, questa fedele Norma ch'io ti prescrivo, accogli in seno. Guarda che per fuggir l'onda crudele Non urti in scoglio, ed al propizio vento Libere non lasciar tutte le vele.
Ma la tema in tuo core e l'ardimento Componga un misto che prudenza sia; E seco ti consiglia ogni momento. Dell'onesto e del ver quello ch'io pria Seme in te sparsi, serba e scorgerai Quai felici germogli un giorno dia. Di tutto quello che comprendi e sai, Pompa non far, che un bel tacer talvolta Ogni dotto parlar vince d'assai.
Muto de' saggi il ragionare ascolta; Nè molto ti doler s'unqua ti fura Dovuto premio ignara turba e stolta.
Noto prima a te stesso esser procura; Preceda ogni opra tua saggio consiglio, E poi lascia del resto al ciel la cura.
Diss' egli; e mentre a replicare io piglio, Sen fugge il sogno, e nel medesmo istante Umido apersi e sbigottito il ciglio:
E, dalle piume al suol poste le piante, Vidi del dì la face omai vicina, Che la compagna del canuto amante Rosseggiava su l'Indica marina.
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