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ESTRATTO

DELL'

ARTE POETICA

D' ARISTOTILE.

CAPITOLO PRIMO.

Che la Poesia è una delle arti imitatrici. In che si distingue dalle altre. Spiegazione delle parole Metro, Ritmo, Armonia, Melodia, o Modi. Confutazione della opinione, che possano chiamarsi poemi i componimenti scritti in prosa. Che non basta che il discorso del poeta sia armonico e numeroso, ma nobile ancora debba essere ed elegante.

Ne

el principio del suo trattato ne propone Aristotile la materia, dicendo di voler parlare in esso dell' essenza e dell'efficacia della Poesia, così in genere, come in ciascuna delle sue parti; della maniera di comporre le favole, e di tutto ciò che a quest'arte appartiene, incominciando a seconda della natura, dalle più semplici idee.

Pone per primo, lucidissimo ed incontrastabile principio non essere la Poesia tragica, epica, ditirambica, o di qualunque specie si voglia, se non se una di quelle imitazioni, alle quali gli uomini, sono per natura inclinati, e delle quali universalmente si compiacciono: come lo è la pittura, la scultura, il ballo, la musica, e tutte le arti di questa fatta. Dice che codeste arti imitatrici si distinguono in tre modi fra loro: cioè per la diversità de mezzi che impiegano, o de' soggetti - che imitano, o delle maniere, delle quali imitando si vagliono: poichè colorando, o disegnando sul piano, imitano i pittori ; col rilievo gli statuarj; ed i poeti si vagliono del discorso, del numero e della armonia o separatamente, o insieme.

Converrebbe qui, per l'intelligenza successiva del testo, determinarsi su le proprie significazioni delle parole Metro, Ritmo, Armonia, Melodia e Modi; ma gli interpreti son così mal concordi su questo punto fra loro; e gli antichi scrittori, ed Aristotile medesimo se ne vagliono così promiscua mente, che diventa difficilissima impresa l'evitarne la confusione. Pure io, senza spacciare per sicura la mia sentenza, confesserò ingenuamente in qual senso spiegandole, mi sa paruto di urtar meno in manifeste contraddizioni.

Ognun sa che la musica è l'arte che regola ed il tempo ed il suono così delle voci, come di qualunque istromento. Ed a questi due impieghi dell' arte musica sono analoghe le parole, di cui cerchiamo la propria significazione.

si

Il metro, voce trasportata dal greco, guifica nel suo più largo senso misura; ma specialmente quella composta di varj piedi, dalla quale risulta la diversità de' versi fra loro; come quella dell' esametro dal pentametro, e da qualunque altro verso e d'onde nasce l'interna musica, che distingue la poesia dalla prosa.

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Ritmo, voce greca, che significa nume= ro, è definita da Platone con le seguenti parole: L'ordine del movimento si chiama ritmo, cioè numero. (1) E da Cicerone con queste altre: Il numero si forma dalla distinzione o battuta degl' intervalli, eguali, o (come più spesso avviene ) diversi. (2 E secondo lo stesso Aristotile il ritmo

(1) Plat. Lib. II. de leg. pag. 664.

(2) Distinctio et aequalium, et saepe variorum intervallorum percussio, numerum conficit. Cicer. Lib. III. de Orat. Tom. I. pag. 207. in medio. Parisis, Typis Carol. Stephan. 1555.

utile anche alla prosa. Ei dice: Di questo ritmo può, anzi dee adornarsi anche l'orazione ma non già del metro, perchè diverrebbe poema (1), imperciocchè sono i metri privata e necessaria appartenenza della poesia e nelle operazioni di questa è chiaro ch'essi divengono membri del numero. (2) Il ritmo è la più sensibile distinzione de'componimenti musicali; poichè le infinite diverse combinazioni de'varj tempi, dei quali esso variamente si forma, producono le sensibili infinite diversità di un dall'altro motivo, pensiero, idea, soggetto, o comunque voglia chiamarsi. E perciò disse Virgilio:

Dell' aria io ben mi sovverrei, se in mente avesși le parole. (3)

Con cotesto numero, ossia ritmo (che noi sogliamo regolare con la battuta ) possono i ballerini senza soccorso di armonia, (cioè di canto, o di suono) eseguire perfeitamente le loro imitazioni (4). E perciò Ovi

(1) Arist. Rhetor. Lib III. Cap. VIII. (2) Arist. Poet. Cap. IV, Tom. IV, p. 4. (3) Numeros memini; si verba tenerem. Virg. Bucol. Eclog. IX, v. 45.

(4) Arist. Poct. Cap. I.

dio chiama non già armoniose, ma bensì numerose le braccia d'una eccellente ballerina.

Quella incanta col gesto, a tempo alterna Le braccia numerose ; e il molle fianco Con arte lusinghiera inclina e volge. (1)

Armonia è parola derivata dal verbo greco armozin, che significa propriamente concordare, connettere: e non suole impiegarsi parlando de' movimenti, o tempi musicali: ma bensì della gravità o della elevazione de' suoni; come limpidamente asserisce Platone. L'ordine del moto si nomini ritmo ; ma l'ordine della voce (rispetto alla mescolanza de' gravi e degli acuti) si chiami armonia. (2)

Il dottissimo, particolarmente nella scienza armonica, padre maestro Martini, ha verificato, dopo lungo esame, che gli antichi non intendevano sotto il nome di armonia ( come al presente s'intende) quel

(1) Illa placet gestu, numerosa que brachia ducit,

Et tenerum molli versat ab arte latus.
Ovid. Amor. Lib. II, eleg. IV.

(2) Plato de legib. Lib. II, pag. 664, Let.E.

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