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favola; onde bene spesso invece di trattar gli accidenti di quella, era costretto a rivolgersi ai luoghi comuni del fato, della fortuna, della miseria delle cose umane, dell'infelicità dei principi; dicerie tutte, che quantunque corredate del più elevato pensare dell'ingegno umano, insipide riuscivano, e riuscir dovevano, perchè fuor di proposito recitate. Impedivano altresì la catastrofe o lo scioglimento della favola, perchè servivano come di pausa e di trattenimento, tanto più nojoso agli spettatori, quanto più ritardava il fine, dove naturalmente tendono gli animi tutti, ai quali un avvenimento interessante si rappresenti. Ma ora che questi cori da noi con tanta accortezza spartiti si sono, e posti con quelle che noi chiamiamo arie, in bocca degli attori della favola, non solo non ne ritardano il cammino, ma divenute parti della tragedia, con essa egualmente corrono, e si vestono della passione che ai personaggi s'attribuisce; e per ragione della maggior nobiltà della poesia mirabilmente servono ad esprimere l'amore, la tenerezza, il furore, il terrore e la pietà; e dan poi vasto il campo alla musica di spiegare gli affetti e le poetiche immagini colle dolci pennellate dell'armonia, insinuandosi per virtù di lei e de' suoi efficaci suoni fino al vivo del nostro cuore il tenero, il grande, l'affettuoso, il furioso o il flebile delle parole.

Ma non del tutto abbiam poi esiliato dalle nostre tragedie il coro degli antichi; e ben si vede, che il nostro poeta ne fa uso talvolta, No

bilissimi son quelli che si leggono nell'Olimpiade, nel Tito, nell' Adriano, e più sublimi ancora quei sacri che nella Betulia liberata s'incontrano: ma si rifletta, che vi s'impiegano con tutti i riguardi dovuti al verisimile, il che non troppo dagli antichi tragici è stato forse osservato. I loro cori talvolta sono come parti principali della tragedia, e a loro i personaggi confidano con inverisimile imprudenza gli arcani della religione e della politica, e i segreti più delicati del cuore: altre volte poi rimangono i cori come semplici spettatori, e non sono che inutili appendici all'azione: lodano gli Dei; vantano gli eroi; detestano gli scellerati; e contro gl' inventori dell'armi e della navigazione inveiscono, col solo motivo d'una guerra imminente o d'un viaggio intrapreso da taluno dei personaggi: difetti pur troppo enormi, che derivano dal non aver saputo gli antichi scuotere il giogo dell'invecchiato costume. Poichè siccome nei primi tempi non fu la tragedia che coro mero; a dispetto del buon senso vi și vuole sempre conservare almeno in parte, non ostante i cambiamenti che Tespi assai rozzamente prima, e con più accortezza poi Eschilo introdusse in quella festa con aggiungervi gli attori e la scena, e tutti gli altri ornamenti che la nobilitano.

Ma noi con somma lode siamo usciti d'impaccio. Ci siamo liberati dall'abuso del coro, senza rinunziare alle bellezze che somministra. L'impieghiamo numeroso, quando si adatta all'azione, non ne guasta l'ordine, nè l'interrom

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pe; e più comunemente poi lo collochiamo alla fine delle scene in bocca ai personaggi nelle nostre arie, che altro non sono che perorazioni del discorso o conclusioni della scena: e pel doppio uso che ne facciamo, sembra che abbiamo avuto in mira la doppia funzione che Orazio gli assegna. La prima si è:

Actoris partes chorus.... defendat. La seconda:

Neu quid medios intercinat actus, Quod non proposito conducat et haereat apte. Quella è adempita nell'arie dall'attore stesso, ed è eseguita questa nei cori a più voci, che alcune volte nelle nostre tragedie s'incontrano.

In tal maniera vantaggiata trovandosi sopra le Greche e le Latine la nostra tragedia, non v' ha dubbio, che come una cosa perfetta risguardar non si debba; e che coloro che giunsero ad acquistarvi somma lode e decoroso nome, non abbian da essere considerati al pari di qualunque antico o moderno poeta tragico che abbia coi prodotti del genio sublime suo onorata l'umanità.

Ma il complesso delle regole dell'antica forma della tragedia, e la perfezione della nostra in quelle del sig. Metastasio si trova. E ragionato avendo fin qui di ciò che all'unità del luogo e del coro appartiene, senza più trattenerci sull'unità del tempo, perchè costantemente vi si vede osservata, ne andremo adesso esaminando e la condotta e l'interesse o il costume.

Non è già mio pensiere di fare un'analisi ge

nerale di tutte le tragedie del nostro poeta, ma solamente di ponderar alcuni di quei caratteri ch'egli presenta sulla scena; sia di quelli ch' egli ha preso dagli antichi, sia di quelli ch'egli stesso ha immaginati, per far conoscere quanto esatto osservatore del costume egli sia.

Ma convien prima riflettere a quello che del costume han lasciato scritto i maestri dell' arte, e alle regole che ne hanno stabilite. Il costume può essere generale d'una nazione, d'un sesso, d'un'età o di una determinata spezie di persone. Dai poeti tragici a questo si fa ricorso, quando sul taglio di qualche azione per adornarla aggiungono de' personaggi nè famosi, nè conosciuti, e talvolta di pura loro idea. Può esser particolare il costume, e lo è, allor quando sul teatro si presentano quegli eroi, que' tiranni e que' grand' uomini, del pensare de' quali, e delle loro geste, e dei loro vizi e virtù non ci è stata avara la storia: e finalmente può essere insieme e particolare e generale, allor quando d'un celebre uomo dell'antichità solo conoscendosi il nome, nel volerlo presentar sulle scene per determinarne il verisimil costume, dalle qualità generali della sua patria, del suo sesso, dell'età delle leggi sotto le quali viveva, della società di cui era parte, conviene con somma cura raccoglierlo. Dietro questa ristretta definizione del costume andremo riflettendo alle regole che naturalmente emanano da tali principj: regole, che son diventate pel consenso comune di tutti gli uomini rispettabilissime leggi.

sua,

Pel costume generale è di somma importanza il riflettere, dice un maestro dell'arte, se parla un servo o un eroe; al che aggiunger si può un ministro della religione o un ministro di stato; un re o un cortigiano; un politico o un guerriero. È da osservarsi ancora, siegue a parlare Orazio, se egli sia un florido giovane o un tardo vecchio, una donna di alto grado o d'inferior condizione: un mercante o un agricoltore; e se costoro siano nati nella Colchide o nell' Assiria; in Argo o in Tebe. Ed ecco l'epilogo e la conclusione del precetto: nell' adattare ad un personaggio il costume s'ha da seguitare quel che la fama ne ha detto in risguardo a tutte le differenze di sopra ponderate, e se gli hanno da applicar le qualità che a tutte le addotte circostanze convengono, e perfettamente applicabili sono: e questo carattere così regolarmente fabbricato deve rilucere nell' eroe sempre eguale nel corso intero della favola.

Questa uniformità di costume, che ha da conservarsi in tutta la favola d'un carattere generale che vi s'introduca, riguarda altresì il carattere particolare; in proposito del quale questi sono gli ammaestramenti. Se nell'azione Achille si produce, Achille sia valoroso, pronto all' ira, implacabile e disprezzator delle leggi, tutto confidi nella sua spada, tutto rimetta alla decisione dell' armi. Sia feroce e violenta Medea: e lacerato dai rimorsi il tetro e malinconico Oreste.

In ultimo ai due costumi generale e partico

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