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cui parla Tertulliano nel libro De resurrectione carnis è tutto impregnato il linguaggio della cristiana epigrafia. Il vocabolo depositio, depositus, in luogo di sepultura, sepultus bandito dal vetusto frasario cimiteriale cristiano è proprio e solenne della epigrafia delle catacombe, perché allude al temporaneo deposito del corpo nel sepolcro, il quale concetto legale esprime l'idea della restituzione e riconsegna da farsi al depositario; ed i defonti sono appellati dormientes quia resurrecturi (1); la cristiana necropoli coemeterium, che vale dormitorium, il che risponde appunto al pensiero di s. Girolamo e degli altri padri greci e latini che è espresso dalle parole: in christianis mors non est mors, sed dormitio et somnus (2).

Il principio della lunga serie degli atti religiosi con cui la Chiesa consacra la morte del fedele e ne accompagna la salma fino al sepolcro è la commendatio animae, il cui nome oggi ancora conservato è di forma assai antica (3) nome che ritiene tuttora il rituale romano nell' ordo commendationis animae quando infirmus est in extremis.

L'antichità di queste preci, siccome il ch. Le Blant ha dimostrato, è confermata dai monumenti cimiteriali dei primi quattro secoli in cui ricorre costantemente un ciclo di soggetti sia dipinti che scolpiti che abbraccia pressochè tutte le allusioni bibliche ovvero evangeliche ricordate nella commendatio animae.

Quanto alla cura dei cadaveri appo i cristiani, ecco quello che ne insegnano le testimonianze degli scrittori più antichi. Appena esalato lo spirito, al cadavere venivano serrati gli occhi; il qual rito suggerito dalla natura era proprio di tutti i popoli più colti e civili dell' antichità. Pei cristiani ne abbiamo l'antica testimonianza di Dionisio alessandrino (4) il quale descrivendo la terribile pestilenza che spopolò l'Egitto ai suoi giorni, encomia il

(1) Hieronym. in II ad Thessalon. c. 4. (2) Hieronym. Ep. 29 ad Theodos.

(3) Le Blant; Les Bas-reliefs des sarcophages chrétiens et les liturgies funéraires dans la Revue Arch. Oct. et Nov. 1878.

(4) Euseb. Hist. eccl. lib. VII, c. 22.

coraggio e l'abnegazione dei fedeli nel curare i cada veri di coloro che venivano colpiti dal morbo: Hi ergo sanctorum corpora saepius manibus ac gremio excipientes oculos illos et ora claudentes paulo post eadem

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officia ab aliis consequuti sunt.

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Si lavavano prima con l'acqua, come certifica Tertulliano per l'epoca sua: Lavari honesta hora et salubri quae mihi et calorem et sanguinem servant, rigere et pallere mortuus possum (1); uso che si mantenne anche nei secoli susseguenti a quello di Tertulliano, come abbiamo da s. Gregorio il Grande (2), da s. Gregorio di Tours (3) e da altri.

Questa lavanda era comune anche ai popoli gentili non meno che agli Ebrei, siccome leggesi negli atti apostolici a proposito della resurrezione di Tabita: Factum est autem in diebus illis ut infirmata moreretur. Quam cum lavarent posuerunt eam in coenaculo (4). Laonde il Crisostomo asserisce che questo rito non fosse tralasciato secondo l'uso degli Ebrei da Giuseppe e Nicodemo neppure sul divino corpo di N. S. (5).

Al rito della lavanda seguiva quello dell' unzione del cadavere con olii aromatici o balsami; e Tertulliano nel suo discorso apologetico fa menzione assai frequente di cotesta imbalsamazione la quale è assai più antica del cristianesimo e comunissima in tutto l'Oriente. L'apologista ne assicura che l' Arabia e i Sabei maggior copia d'aromi inviavano per imbalsamare i cadaveri dei cristiani che non per essere arso dai gentili innanzi ai simulacri della loro divinità: Thura plane non emimus: si Arabiae quaeruntur, sciant Sabaei pluris et charioris suas merces christianis sepeliendis profligari quam düs fumigandis (6).

(1) Apolog. c. 42.

(2) Hom. 39 de sorore sua vita functa.

(3) Greg. Tur. lib. de gratia confess. cap. 104.

(4) Act. IX.

(5) Hom. 84 in Ioh. 3.

(6) L. c. c. 42.

Gli Evangelisti la ricordano parlando del seppellimento di G. C. al quale avea anche accennato il divino Redentore nell' episodio dell' unzione dei piedi fattagli dalla Maddalena. Nel secolo quarto, cresciuto immensamente il numero dei cristiani, l'imbalsamazione nella maggior parte dei casi fu ridotta ad una semplice cerimonia, poichè si usò di spargere alcune stille di balsamo e di mirra sul cadavere come certifica Prudenzio (1);

Aspersaque mirra sabaco
corpus medicamine servat.

Al qual rito furono adoperati nei cimiteri quegli orciuoli sia fittili che vitrei che venivano poi murati sui margini dei sepolcri e che abbondano appunto nelle regioni cimiteriali del secolo quarto, come ho dimostrato altrove (2). Aspersi cosi di liquidi odores, i corpi erano adagiati entro i loculi e gli arcosoli, ovvero nei sarcofagi sia fittili che marmorei, o nelle formae dei cimiteri all'aperto cielo o nel pavimento degli ambulacri cimiteriali.

Qualunque fosse stata la forma del sepolcro, si avea sollecitudine di bene adagiare il cadavere entro di quello, osservandosi dal non sovrapporre l'uno all'altro se il sepolcro ne avesse potuto contenere più d'uno. Narra Tertulliano che ai suoi giorni correva su questo proposito per le bocche dei fedeli un fatto prodigioso circa un cadavere che si era miracolosamente discostato per dar posto ad altro che si veniva seppellendo in quel sepolcro medesimo; Est relatio apud nostros in caemeterio corpus corporis iuxta collocando spatium recessui communicasse (3).

In quei sepolcri che talvolta si è costretti ad aprire e che sono rimasti fino ai giorni nostri intatti, si può vedere quale fosse la posizione data ai cadaveri nell'atto della sepoltura.

(1) Chatem. Hymn. x.

(2) V. il mio Cimitero di S. Agnese sulla via Nomentana p. 351 Roma 1880.

(3) Apolog. c. 3.

Si trova adunque che erano adagiati supinamente e colle braccia distese ai fianchi, il che corrisponde esattamente con un testo di Tertulliano ove racconta un altro fatto prodigioso avvenuto in un cimitero presso il sepolcro, dove era stato deposto il cadavere di una giovine sposa, la quale durante la prece dei sacerdoti, si tolse dalla sua posizione e si compose ad orazione: ad primum 'habitum orationis manus a lateribus dimotas in habitum supplicem conformasse, rursumque condita pace situi suo reddidisse (1).

Il p. Marchi di ch: me: descrivendo questi sepolcri e il modo con cui i cadaveri si trovano in essi adagiati scrive che la maggior parte dei medesimi sono chiusi dalla testa ai piedi entro uno strato di calce che ha presso a poco in tutta la sua estensione un pollice di grossezza. Ed è cosa meritevolissima di studio, cosi egli, il vedere cotesta calce che dopo i sedici e i diciassette secoli ritiene l'impronta d'un doppio tessuto interno, l'uno sovente finissimo, l'altro esteriore ordinariamente più grossolano; quelle morte membra aveano una prima sindone di qualche pregio che immediatamente ne copriva la nudità, ed una seconda di minor conto mantenea la calce strettamente alla prima sindone ed al cadavere applicata; onde giustamente il dotto gesuita osserva come in questa i cristiani si attennero al costume giudaico ricopiando la sepoltura di Lazaro e di Cristo e si seppelli vano, sicut mos est Iudaeis sepelire (2).

Non tutti i cadaveri erano però involti in questi lenzuoli e chiusi nello strato di calce, misura richiesta da precauzioni igieniche, massime nei sepolcri di gallerie sotterranee; perchè alcuni erano sepolti coi loro indumenti anche più nobili, così in un sepolcro del cimitero di s. Agnese ho riconosciuto le filamenta d'oro di cui questi indumenti erano intessuti, caso che trova riscontro anche in altri cimiteri.

(1) Tertull., De anima c. 29.

(2) Marchi, Monumenti delle arti cristiane primitive Roma 1844 p. 19, 20.

Non sempre si toglievano dalle dita dei defunti gli anelli di bronzo o di altro più nobile metallo che avevano al dito, e parecchi di questi anelli ho veduto ancora infissi alle falangi delle mani degli scheletri, entro il cimitero di Callisto e altrove.

I lenzuoli ampi e candidi che involgono i cadaveri, sono ricordati dal poeta dei martiri Prudenzio nel suo inno in exequiis defunctorum (1).

Candore nitentia claro

Praetendere lintea mos est.

L'officio pietoso di coprire con questi lenzuoli i cadaveri dei defunti innanzi di chiuderli nei sepolcri era proprio dei fossori cristiani, come dice s. Girolamo, dei quali ricorda essere; officium linteo cadaver obvolvere, fossam humum lapidibus construentes ex more tumulum parare (2).

I più ricchi fedeli fino dal secolo quarto cominciarono a ricoprire i cadaveri di vesti preziose, come risulta anche da qualche indizio che appare già nelle catacombe, il qual uso è attestato da s. Agostino ed è poi confermato da scoperte fatte in vari tempi e luoghi diversi (3), ma che ben presto degenerò in abuso ripreso dai santi padri.

Nel secolo V sul petto di alcuni defunti si poneano dei cimeli che i bizantini chiamano encolpi, cioè croci, medaglie e reliquiarii da portare appesi al collo.

L'anno 1863 nei sepolcri rinvenuti sotto il piano della basilica costantiniana di s. Lorenzo nell'agro verano, ora magnificamente trasformata a cripta sepolcrale del papa Pio IX di sa: me: si rinvenne un cadavere tutto involto in tele ed imbalsamato e ricoperto di gesso: sul petto dello scheletro fu trovata una bella croce d'oro, cesellata ed ornata di incisioni parte in greche lettere, parte in latine: da un lato v'era scritto in greco EMMANVEL ed

(1) Hymn. cit.

(2) Hieronymi, Epist. 49 ad Innocentium de muliere septies icta.
(3) Aug. in ps. 48.

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